La centrale elettrica alla Roccaccia: tra inquinamento “mafioso” e ambientale
Il 17 novembre 2009 si è svolta un’udienza presso il Tribunale di Perugia. Valerio Bitetto ex consigliere dell’Enel, condannato per corruzione e finanziamento illecito ai partiti, ha querelato Luigi Daga, nostro Vice Presidente regionale, per diffamazione, per aver inviato una lettera alla Commissione Nazionale Antimafia, allo scopo di indagare sulla società che aveva promosso la costruzione di una centrale elettrica nel territorio di Tuscania, in località “Formicone”, a pochi metri dai boschi dell’Università Agraria, alla Roccaccia.
Nel corso del dibattimento, il Bitetto, interrogato nel merito dall’avvocato Enrico Mezzetti difensore del Daga e componente della nostra Associazione, ha ammesso di aver partecipato attivamente alla progettazione e alla presentazione della proposta attraverso società collegate tra loro e che a vario titolo (soci, consiglieri e consulenti) vedevano la partecipazione di altri soci.
Vediamo chi sono: Romano Tranci, condannato a 10 anni per associazione mafiosa dal Tribunale di Palermo; Massimo Ciancimino, Gianni Lapis, Giorgio Ghiron, condannati per riciclaggio di danaro sporco a 5 anni e otto mesi.
Alcune società, la SIRCO e la FINGAS sono state fondate da Vito Ciancimino, condannato a 13 anni per mafia a seguito dei rapporti con Bernardo Provenzano e Totò Riina.
Tra i pizzini inviati da Bernardo Provenzano dal suo covo clandestino, alcuni erano indirizzati all’avvocato Gianni Lapis nello stesso indirizzo in cui hanno sede a Palermo la SIRCO e la FINGAS che hanno partecipato, insieme alla TECNOPLAN, alle società promotrici del progetto “Formicone” a Tuscania.
SIRCO e FINGAS sono state poste sotto sequestro dal Tribunale di Palermo.
Una curiosità: Valerio Bitetto ha dichiarato di aver conosciuto Gianni Lapis a Mosca, presentato dai Frati Francescani e quindi di averlo ritenuto, sempre, una brava persona.
Non sapeva sicuramente che i suoi soci erano implicati nelle più oscure vicende legate alla metanizzazione delle Sicilia e alla spartizione degli appalti effettuata da Siino, il “Ministro dei lavori pubblici” di Cosa Nostra, anche lui finito dietro le sbarre.
Tanto per citare un altro aneddoto. Gianni Lapis ha partecipato alla compravendita di un lotto di terreno a Palermo su cui è stato costruito illegalmente un palazzo, i cui appartamenti sono stati occupati da Giovanni Brusca, Stefano Bontade e Leoluca Bagarella, i vertici di Cosa Nostra.
Paolo Borsellino si stava occupando di questa inchiesta, ma è stato fatto saltare in aria dopo cinque giorni, da una macchina zeppa di tritolo, che è partita da sotto il palazzo. Sono coincidenze e il commento è superfluo.
“Associazione Caponnetto”