Tonino Scala,
10 novembre 2008, 17:04
Lo ha denunciato l’assessore regionale alla Formazione, Corrado Gabriele, promotore degli “Stati generali per la scuola nel Mezzogiorno” che ha voluto si celebrassero a Castelvolturno come luogo simbolo. Lo stridore fra la figura di Makeba che è l’emblema delle battaglie di civiltà e quella di chi chiede il pizzo, sintomo di degrado e inciviltà, è tale da rimanerne frastornati.
L’improvvisa morte di Miriam Makeba lascia attoniti e addolorati. Con lei se ne va uno dei simboli della lotta all’apartheid. Tutte le battaglie contro la discriminazione, la violenza, l’ingiustizia hanno visto la sua voce, le sue canzoni, schierarsi in prima linea. Non poteva mancare dunque al concerto a sostegno di Roberto Saviano, vessato da tempo dal clan dei Casalesi. Per questo la sua tragica scomparsa addolora non solo per il fatto in sé, ma perché è avvenuta in Campania, nel luogo dove la terra è ancora bagnata dal sangue dell’ultima strage e dove la sfida alle istituzioni è continua.
Una sfida che non risparmia nemmeno un concerto che vuole denunciare la malavita organizzata, che vuole lanciare un messaggio chiaro: basta alla camorra.
Ma l’arroganza è tale che, gli affiliati ai clan non disdegnano di chiedere il “pizzo” agli operari che stanno montando il palco. Lo ha denunciato l’assessore regionale alla Formazione, Corrado Gabriele, promotore degli “Stati generali per la scuola nel Mezzogiorno” che ha voluto si celebrassero a Castelvolturno come luogo simbolo.
Lo stridore fra la figura di Makeba che è l’emblema delle battaglie di civiltà e quella di chi chiede il pizzo, sintomo di degrado e inciviltà, è tale da rimanerne frastornati.
In quel luogo dove lo Stato manda l’esercito, dove i cittadini vivono sotto assedio, dove stampa e media si sono scatenati alla ricerca dello scoop dopo che i riflettori si sono accesi sulla triste realtà di queste zone denunciata dal libro di Saviano, dove lo stesso Roberto Saviano non può accedere, minacciato e relegato ad una vita “sotto scorta”, in quello stesso luogo, mostrando un totale sprezzo per stato e forze dell’ordine, si chiede il pizzo per un concerto contro la camorra.
A questo punto bisogna registrare un dato: non basta l’esercito da solo a fermare la camorra. La camorra è diventata endemica perché nell’arretratezza culturale ha trovato terreno fertile. E’ qui che bisogna agire. Cancellare il degrado culturale è il punto di partenza. La mancanza atavica di lavoro spesso apre le porte a soluzioni diverse e non rende accessibile la formazione e lo studio. Lavoro e scuola devono essere le parole d’ordine. Un lavoro garantito e una scuola accessibile. E per scuola accessibile si intende una scuola pubblica e fruibile a tutti. Per questo l’attuale Governo mostra di essere miope quando pensa di risolvere il problema imponendo una “Stato di polizia” e lo è ancora di più quando vara provvedimenti che tagliano i fondi alla scuola pubblica rendendola monca e meno fruibile.
Se si vuole davvero combattere la camorra le strategie devono essere diverse. Altrimenti si rischia di fare come il famoso cane che quando “abbaia” sicuramente non “morde”!
(tratto da www.aprileonline.info)