Come nei tanti, tantissimi casi precedenti, il caso dell’attentato ai danni dell’ispettore di polizia di Fondi si è chiuso sul piano politico con una-due dichiarazioni di solidarietà e basta.
Dei sindacati di polizia della CGIL e della UIL, oltre che del consigliere comunale del PD di Fondi Bruno Fiore.
Tutto qua.
L’evento. al di là degli altri aspetti, quello umano soprattutto, avrebbe dovuto costituire un’occasione insostituibile per affrontare il toro per le corna ed aprire un ampio, definitivo dibattito sulla situazione criminale che attanaglia il territorio e su come lo Stato l’ha gestita finora.
Rifiutandosi, cioè, di sciogliere i tanti nodi che hanno consentito alle varie mafie di radicarsi sull’intera area, creando, così, condizioni di invivibilità civile, economica ecc.
Le soluzioni non vanno –è vero – ricercate solamente sul piano repressivo e giudiziario, ma soprattutto su quelli politico e culturale.
Se è, infatti, la politica, parte di essa, che alimenta, oggettivamente o soggettivamente, le mafie e talvolta ne costituisce addirittura l’ossatura, è inutile parlare di lotta alle mafie e di strumenti per combattere le mafie.
E’ un po’ come la tela di Penelope che di giorno si tesse per poi disfarla di notte.
Noi abbiamo la sensazione che non si voglia affrontare seriamente e risolvere la situazione esistente su quel territorio.
Lo provano, intanto, la decisione assunta dal Consiglio dei Ministri di NON sciogliere l’amministrazione di Fondi, come avevano chiesto di fare il Prefetto di Latina Frattasi e lo stesso Ministro dell’Interno, oltre allo stato in cui si mantiene l’apparato investigativo locale dello Stato assolutamente inadeguato a fronteggiare la situazione.