Il volto pietrificato di Gaetano Riina, nella sua fissità da Medusa, ci interroga. La mafia ha vinto? Vincere significa risorgere sempre. Tagli una testa e ne spunta un’altra. Metti in galera Totò e salta fuori Tano. Non ignoriamo il peso criminale differente delle due figure. Né sottovalutiamo i successi militari dello Stato. Ma prendiamo atto delle continue resurrezioni del male che puoi solo tenere a bada, senza ucciderlo mai. Dobbiamo interrogarci sulla capacità di Cosa nostra di rigenerare le sue spire. E dobbiamo volgere lo sguardo dentro noi stessi. I Riina, i Provenzano, i Bagarella non sono siciliani geneticamente modificati. Soltanto rendono effettiva la seduzione malvagia che è in ognuno di noi.
Già sentiamo la nota filastrocca. E’ urgente distinguere tra mafia e mafiosità, altrimenti si fa confusione. Sarà così, dottissimi e sapienti. Eppure nessuno ha mai provato a carpire il nesso tra i due fenomeni. Tra un popolo che sente il richiamo oscuro della foresta e il selvaggio inveramento della violenza c’è un abisso. Ma è vero che la mafia – in senso proprio – gode del consenso occulto, viscerale e adamantino di molti. Altrimenti non sarebbe così potente da sfidare l’immortalità. Ogni tanto qualcuno si indigna contro le fiction sul capo dei capi, scambiando causa ed effetto e additandole come cattive maestre. Non è, purtroppo, la vita sceneggiata di Totò Riina a creare aspettative nel pubblico. Accade esattamente il contrario. Certi prodotti televisivi esistono come offerta che risponde alla domanda a un desiderio di mito negativo.
E quanta mitizzazione a buon prezzo c’è in giro. Provenzano l’asceta, tutto mistica dell’odio e cicoria. Messina Denaro raffigurato alla stregua di Diabolik… Ogni mammasantissima riflette un carattere popolare, un archetipo. E’ il semidio di un culto segreto. Ecco perché la mafia finora non è morta. La sua seduzione nella zona buia dei cuori siciliani è operante e forte. Gaetano Riina non sta lì per caso. Rappresenta a suo modo il simbolo di una oscena confusione tra crimine, orrore, sangue rappreso delle vittime, legami familiari. Lui racconta nelle intercettazioni: “Con Totò ci parliamo con gli occhi”. Come se avessero davvero occhi e vista questi maledetti mafiosi, ciechi di bellezza e sordi di vita, che scrutano, senza pupille, la fragilità del nostro coraggio.
(Tratto da Live Sicilia)