RELAZIONE AL CONVEGNO DI MINTURNO DEL 7 MARZO 2009
Io sono figlio di questo territorio. Lo ho visto formarsi, crescere, evolversi, involgersi e… decadere. Un territorio inizialmente fertile, ricco di un patrimonio naturalistico, ambientale, storico eccezionali. E di tradizioni e valori in gran parte positivi. Popolato da gente operosa, sana moralmente e fisicamente. Disaggregata culturalmente, però, con la parte nord della provincia assoggettato al potere temporale dei papi e la parte sud, questa, a quello dei Borbone. L’Unità d’Italia avrebbe dovuto segnare uno spartiacque rispetto ad un passato con le sue luci e le sue ombre. Non è stato così, purtroppo, a causa di comportamenti delle classi dirigenti che non sono state capaci di elaborare un disegno di unificazione reale, di amalgama, di contaminazione reciproca, di innesto e di arricchimento di valori positivi, vecchi e nuovi. E’ venuto a mancare il rapporto di solidarietà, quindi, fra le genti, talché, alla fine, ognuno ha pensato al benessere del proprio IO, della propria terra, della propria città, del proprio paese, della propria frazione, del proprio quartiere, senza una visione di assieme, un unicum, necessari, vitali, ai fini di uno sviluppo ed una crescita armonici e positivi per tutti.
Un giardino, insomma, potenzialmente fertile, verdeggiante, insecchito, però, , inselvatichito, devastato dalla mano dell’uomo. Un uomo abituato e diventato avvezzo, quindi, al sopruso sulla natura e sull’altro uomo, in una logica perversa di rapacità e di prevalenza su tutto e su tutti.
Sono saltate, così, tutte le regole morali e statuali di una convivenza civile ed è prevalsa la logica del sopruso, della violenza, del più forte, del più “bravo”, del prevalere rispetto all’altro, del più furbo, del “raccomandato”, del privilegiato rispetto agli altri. Una logica, questa, che ha devastato le menti e le coscienze della gente, non adeguatamente contrastata anche da parte di noi cristiani che avremmo, al contrario, dovuto impegnarci a fondo nel diffondere e praticare i valori del Vangelo. Testimoniandoli, però e non solo predicandoli. Una logica che ha prodotto quei mostri di fronte ai quali ci troviamo, nel lavoro che facciamo, mostri rappresentati dal convincimento diffuso fra i più secondo i quali “pecunia non olet”, il denaro non ha odore.
Una logica che ti priva della tua identità, ti porta dritto dritto a quella dell’appartenenza, dell’assoggettamento al più forte, al più ricco, al più potente, nella convinzione che, se non fai così, sei destinato ad essere sopraffatto, distrutto.
Non importa l’identità di colui o coloro ai quali ti assoggetti e ne diventi suddito e complice, sia esso un delinquente, un corrotto, un corruttore, un camorrista. Basta che costui sia un potente, uno dal quale puoi ricavarne benefici personali o familiari. E’ la sconfitta dell’etica!
Saltano i diritti del cittadino soppiantati dai doveri del suddito, obbligato a condividere e supportare ogni comportamento di colui o coloro al quale o ai quali hai scelto di far riferimento e a nascondere ed a non manifestare il tuo vero pensiero. La società dell’IPOCRISIA, della MISTIFICAZIONE, la società della MORTE DELLA DEMOCRAZIA. E della PERSONA UMANA!
Società e politica, due dimensioni che si interrelazionano, si contaminano, diventano un tutt’uno.
Una vera DEMOCRAZIA è la sintesi di tre elementi fondamentali: CONSENSO LIBERO E NON INDOTTO, POTERE, RESPONSABILITA’.
Oggi si tende a disaggregarli, talché basta avere i primi due – CONSENSO, ANCHE SE NON LIBERO E POTERE – e ci si ritiene legittimati a dominare. Poi si passa ad un ulteriore disaggregazione, espellendo anche il CONSENSO e conservando solo il POTERE.
E’ la distruzione della PERSONA.
Il CONSENSO si acquisisce in mille maniere: con il clientelismo, con la manipolazione dell’informazione, con la distorsione o la distruzione delle verità, con la violenza.
E’ IL GIARDINO CHE E’ DIVENTATO DESERTO.
Così la società si sfascia, avanza la mafia che si impossessa di tutto e di tutti.
Come uscire dal tunnel nel quale la maggioranza delle persone si sono cacciate, consapevolmente o inconsapevolmente?
Ricostruendo il senso della RESPONSABILITA’, DELL’IDENTITA’, DELLA GIUSTIZIA, DI UN’INFORMAZIONE CORRETTA E LIBERA, DELL’ORGANIZZAZIONE SOLIDALE, DELL’IMPEGNO CIVILE, CON L’AGGIUNTA, PER NOI CRISTIANI, DI UNA VERA EVANGELIZZAZIONE DEI NOSTRI STESSI AMBIENTI, PRIMA CHE DEGLI ALTRI.
COSA E’ OGGI LA MAFIA OGGI?
Vi rispondo con le parole dell’ex Procuratore Nazionale Antimafia Pierluigi Vigna:
“La mafia è cambiata nel corso del tempo. Oggi è per lo più IMPRESA. E per impresa mafiosa non intendo la mafia che gestisce i mercati illeciti ma quella che crea con i soldi sporchi imprese che producono beni leciti. Questa è stata la trasformazione. Prima del settembre 1982 l’impresa mafiosa era gestita direttamente dal capo mafia o dai suoi familiari, utilizzando il denaro proveniente dai mercati illeciti e dall’uso delle violenza. Con le misure di tipo patrimoniale, il mafioso non agisce più personalmente, ma attraverso un prestanome. Fino a quando non si arriva alla terza fase: l’impresa a partecipazione mafiosa. Significa che nasce un’azienda legale ma i capitali della mafia attraverso il prestanome e con l’acquisto di azioni e quote societarie, penetrano nell’impresa. La mafia si presenta così sul mercato avvalendosi dei privilegi che l’impresa mafiosa rispetto alla grande impresa non possiede. Così facendo, la mafia altera le regole del mercato mirando ad avere il monopolio o l’oligopolio in particolari settori e ambiti territoriali: trasporti, calcestruzzi, rifiuti, movimento terra “.
Sconfitta dell’etica, sconfitta delle regole di una convivenza umana e civile..
E’ “il giardino che è diventato un deserto”.
Le conseguenze sono drammatiche.
Pochi ricordano le parole amare pronunciate, durante il suo discorso di commiato da questo territorio, dal Dr. Bianchi, Presidente del TAR di Latina.
Parole che avrebbero dovuto suscitare un sussulto di orgoglio da parte di tutte le persone perbene e, soprattutto, da parte di persone, come noi cristiani, che sostengono di voler porre i valori del Vangelo e di una convivenza civile alla base del viver quotidiano. Parole che, invece, sono cadute nel vuoto, senza suscitare le benché minima reazione. E dimenticate in fretta.
Un pugno nello stomaco.
“Su questo territorio la legalità è un optional”, disse il Presidente del TAR, amareggiato e costretto ad abbandonare una terra da molti ritenuta ormai “irrecuperabile”.
Gli interrogativi, a questo punto, si affollano, sempre che si abbia una mente sana ed avvezza al ragionamento.
Non è il fallimento di noi tutti? Cosa c’è che non ha funzionato? Cosa ho fatto io per evitare tutto ciò?
L’incontro di oggi deve indurre, secondo me, ad un esame individuale di coscienza, ad una riflessione profonda sulle stato delle cose e sulle responsabilità che ognuno di noi ha, per aver taciuto, per aver volto lo sguardo dall’altra parte o, peggio, per aver, per paura, per interesse personale od altro, subito, se non condiviso, azioni e comportamenti disdicevoli dei potenti di turno. Direttamente o indirettamente.
A leggere le cronache di tutti i giorni si ha il quadro nettissimo dello sfacelo civile, economico, morale, culturale, politico di questo territorio. E le cronache non riportano tutto! C’è dell’altro che non viene evidenziato. Forse il più. Per una serie di ragioni.
Sto leggendo in questi giorni una serie di Relazioni di vari soggetti – dalla Procura Regionale della Corte dei Conti a quella della Corte d’Appello di Roma, dalla Direzione Nazionale Antimafia a quella della Direzione Investigativa Antimafia e così via – che parlano anche del Basso Lazio, delle province di Latina e Frosinone.
Vengono evidenziati fatti e situazioni davvero inquietanti che riguardano anche il nostro territorio.
Quello che emerge, però, non è tutto, c’è dell’altro, molto, forse, più preoccupante. Tutti sanno, infatti, che quello che è scritto nelle Relazioni riguarda indagini e procedimenti già avviati o addirittura conclusi. Ci sono, poi, procedimenti ed indagini in corso sui quali è utile non parlare, a cominciare da quelli che fanno riferimento alle cosiddette operazioni “Damasco” e “Ca-morra” che si riferiscono a soggetti residenti sul territorio che si estende da Fondi fino a Cassino.
Un territorio che è sotto il tallone della criminalità organizzata, che ormai è arrivata ad inquinare il nostro tessuto economico, sociale, culturale ed anche politico ed istituzionale, con il rischio di condizionamenti anche di scelte che riguardano gli interessi e l’avvenire delle sue popolazioni.
Ovvie ragioni di riservatezza non mi consentono di andare oltre, ma molti sanno, per averli letti sui giornali, taluni nomi e fatti. Solo taluni, però, perché ce ne sono altri.
Un anno, in occasione di un convegno promosso dall’Associazione “Caponnetto” nella Sala Ribaud del Comune di Formia, Antonello Ardituro, Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale di Napoli, magistrato di punta nella lotta contro la camorra, confermando quanto aveva già sostenuto durante una conferenza stampa svoltasi qualche mese prima nei locali della Questura di Frosinone, ha sostenuto che, dagli atti e dai riscontri giudiziari e dalle indagini della magistratura e delle forze dell’ordine, risulta che la camorra ritiene tutto il basso Lazio -le province di Frosinone e Latina e, in particolare, il sud pontino ed il cassinate- parte integrante della provincia di Caserta e, quindi, suo territorio.
Ma ci sono anche le Relazioni della Procura Nazionale Antimafia, per non parlare di altre autorevoli soggetti istituzionali e non, che confermano ciò.
E’ sospetto e da irresponsabili negare l’evidenza. Eppure è successo e continua a succedere!
Ma quello che si sa ed è al vaglio degli organi giudiziari ed investigativi è solo una minima parte. Noi abbiamo terminato in queste ultime settimane un lavoro di analisi e di monitoraggio che riguarda un territorio contiguo ed abbiamo rilevato una situazione molto, ma molto più inquietante di quella che appare e si sa.
Abbiamo iniziato ora un lavoro su un altro territorio non lontano e già abbiamo individuato la presenza di soggetti sospetti e l’impiego di montagne di capitali altrettanto sospetti in opere che condizionano il suo tessuto economico ed urbanistico.
A fronte dell’inadeguatezza del lavoro di contrasto fatto dagli organi dello Stato, c’è, purtroppo, un disinteresse ingiustificabile della maggior parte dei cittadini. E, ciò, è assolutamente imperdonabile perché tale disinteresse rischia di pregiudicare in maniera irreversibile l’avvenire dei nostri figli e delle future generazioni.
E’ la domanda che ogni cittadino onesto, ogni cristiano, dovrebbe porsi: ”Quale Città sto costruendo per i miei figli, per i giovani “???
Ma c’è un’altra domanda che scotta e deve turbare le nostre coscienze e le nostre menti:
”E’ solamente quella di cui parliamo la mafia? quella rozza, violenta?”
La risposta ce la dà il Procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo Roberto Scarpinato, un’icona della lotta alla criminalità organizzata (v. “Il ritorno del Principe ed. Chiarelettere): non cerchiamo illegalità e mafie al di fuori delle istituzioni. La mafia che sta fuori del Palazzo è la manovalanza, la cosiddetta “ala militare”. Quella vera, quella economica, dei “colletti bianchi”, come suol dirsi, è altra cosa, sta seduta nei consigli comunali, provinciali, regionali, in Parlamento, nei gangli dello Stato, nelle istituzioni. C’è ancora qualche ingenuo che ritiene che i “capi dei capi” siano i Riina, i Provenzano, i Messine Denaro, gli Schiavone, i Setola e così via?
Andate a vedere “chi” erano i frequentatori assidui dei ristoranti, a Terracina come a Roma o a Palermo, del soggetto arrestato nel 2003 per associazione a delinquere di stampo mafioso e ritenuto dalla DDA come il referente pontino della Banda della Magliana.
Andate a vedere “chi” sta opponendosi con tutte le forze allo scioglimento dell’Amministrazione comunale di Fondi per infiltrazioni mafiose.
Più volte abbiamo richiamato l’attenzione dei vertici istituzionali di Latina e Frosinone in particolare sulla necessità di modernizzare le tecniche investigative nell’azione di contrasto della criminalità organizzata. E di cominciare ad alzare lo sguardo… ai “piani alti” perché, se no si fa così, non si combatte la mafia.
Nel basso Lazio la situazione è inquietante. Una parte significativa della sua economia è nelle mani delle mafie. C’è la camorra, c’è la ‘ndrangheta, c’è “cosa nostra”, c’è l’ex Banda della Magliana, c’è la mafia cinese, quella rumena, quella russa. Ci sono tutte. E c’è la “quinta mafia”, quella locale.
L’On. Mantovano, rispondendo ad una vecchia interrogazione parlamentare, ha scritto che nel sud pontino l’attività delle mafie si esercita “ principalmente nei settori agro-alimentare, ittico, industriale ed edilizio (in quest’ultimo mediante la creazione, ad esempio, di società finanziarie “. Noi aggiungiamo quello “lattiero-caseario” e delle compravendite immobiliari e delle attività commerciali. E tutto ciò avviene anche con la complicità e la compartecipazione di IMPRENDITORI LOCALI e, ovviamente, di esponenti politici ed istituzionali sempre LOCALI. L’ex S. Procuratore Nazionale Antimafia Luigi De Fichy ha scritto di recente: ”Mi è stato segnalato dai colleghi di Latina che vi è un interessamento a livello di penetrazione, infiltrazione patrimoniale negli acquisti di supermercati ed immobili nella loro provincia e che vi sarebbero attualmente investimenti in questo campo… ” Nel porto di Gaeta qualche anno fa fu individuata una ditta che faceva capo al figlio di Totò Riina. Ma chi l’ha fatta venire? Chi rilascia concessioni, licenze, autorizzazioni, residenze anagrafiche???
La Guardia di Finanza, però, fa in provincia di Latina poche indagini sull’”origine” dei capitali impiegati; come, pure, non si perseguono quegli esponenti politici che sono stati individuati come persone colluse con le mafie. Perché?
La provincia di Latina ed anche quella di Frosinone sono considerate le province dove le domande restano quasi tutte senza una risposta, dove l’illegalità è radicata e diffusa, come ha denunciato l’ex Presidente del TAR Dr. Bianchi.
E’ possibile, in queste condizioni, apparire credibili agli occhi dei cittadini quando si va a parlare ad essi di legalità?
E, ancora, è utile continuare a parlare di “legalità”… quando la patria brucia?
DUM ROMAE CONSULITUR SAGUNTUM EXPUGNATUR.
Allora, che bisogna fare?
Prima di tutto occorre acquisire una consapevolezza piena dello spessore del livello della presenza mafiosa sul nostro territorio e della notevole capacità di incidenza nella vita pubblica dei mafiosi e dei loro sodali.
Senza tale consapevolezza, non si possono attivare gli anticorpi necessari sia sul piano culturale e morale che politico ed istituzionale.
La Chiesa, una Chiesa missionaria e fuori dalla tenda, la Scuola, la Famiglia, tutte le agenzie educatrici, possono svolgere, volendolo, un ruolo importantissimo sia nella formazione delle coscienze e nell’informazione che come soggetti di pressione nei confronti di istituzioni distratte, a volte colluse, il più delle volte impreparate ad affrontare adeguatamente le mafie nelle sue mutazioni e nelle sue articolazioni.
Più volte, andando nel tecnico, abbiamo indicato delle soluzioni per questo territorio, soluzioni che vanno dalla necessità di:
1) un lavoro di “intelligence” basato più sulla qualità e sulla capacità di investigazione sul piano delle movimentazioni finanziarie e dei capitali, che sulla quantità degli investigatori;
2) cominciare a colpire i collusi con le mafie annidati nella politica, nelle istituzioni, nelle professioni;
3) istituire nel basso Lazio un reparto dei GICO;
4) l’istituzione presso il Tribunale di Gaeta della Procura della Repubblica, così come è stato fatto a Cassino, Velletri, Tivoli, Civitavecchia.
Come si vede, il discorso è tutto politico, insomma, perché, se si vuole veramente combattere la mafia, si può ancora fare moltissimo.
Basta volerlo e basta, soprattutto, PRETENDERLO!
Qualche settimana mi ha fatto un immenso piacere leggere le parole del Prof. Marco Vitale, un economista cattolico che insegna a Pavia ed alla Bocconi.
Le riporto in parte:
“Non credo al potere magico delle regole. Peccato che per il momento non vedo maestri in giro. Bisogna lavorare perché nascano esempi da seguire, solo dal basso del Paese sofferente potrà nascere un nuovo movimento etico”.
Un movimento etico, aggiungo io, che, saldato a quello nostro di gente impegnata sul campo, serva per battere le mafie. Tutte le mafie!