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A Terracina per ricordare gli affari delle mafie.L’assenza ed il silenzio della stampa terracinese timorosa di sentire e trattare temi delicati.Le considerazioni di Arturo Gnesi,Sindaco di Pastena

A Terracina per ricordare gli affari delle mafie.
In un caldo pomeriggio di luglio, all’interno dell’aula magna del liceo scientifico e al cospetto di illustri magistrati e di coraggiosi servitori dello Stato, l’associazione Caponnetto ha voluto ricordare una cosa semplice e a tratti banale: la mafia c’è nonostante in troppi fanno finta di non vederla.
La mafia sta nelle istituzioni e controlla enormi flussi di denaro, investe in borsa e soprattutto durante questo tragico periodo di crisi economica allarga il suo dominio finanziario occupando gli spazi lasciati vuoti dalle imprese in crisi e dalle aziende che chiudono.
Occorrono passi importanti e decisioni incisive per rafforzare la qualità delle indagini e delle strutture adibite al controllo del territorio e all’intercettazione dei capitali che si muovono indisturbati da un paradiso fiscale all’altro e ritornano puliti in Italia pronti all’uso ed utili a comprare un altro pezzo dello Stato e a dominare un’altra parte del nostro territorio. Storie di collusioni, di affari e di tradimenti che dal nord al sud coinvolgono un numero sempre maggiore di persone e innalzano tra l’indifferenza di molti un solido muro di omertà e di complicità.
Per tale motivo può a volte sembrare inefficace e fuori luogo perdere tempo in celebrazioni e ricorrenze che consentono soltanto ai vuoti tromboni del potere di mettersi sotto i riflettori, declamare l’eroismo dei giudici assassinati, promettere illusoriamente una lotta senza frontiere con la mafia per poi calarsi nel retrobottega e tornare a fare nella vita di tutti i giorni i garanti dell’illegalità e i paladini di un sistema corrotto e colluso con gli interessi mafiosi. La mafia è un enorme business e bisogna imparare a capire la provenienza e l’utilizzo dei capitali se si vuol arginare questo fenomeno che ormai detiene un quinto del PIL dell’intera nazione e avanza laddove lo Stato perde terreno e non controlla più i suoi apparati.
Una mafia che già venti anni fa fece tremare Lo Stato e attraverso una strategia stragista di alto livello costrinse lo Stato al dialogo e alla trattativa.
Squarci di verità che ogni tanto vengono fuori da armadi sigillati da affari ricatti e compromessi, custoditi con l’appoggio dei servizi segreti deviati e di pezzi della massoneria che dentro lo Stato godono di privilegi ed impunità che li pongono fuori ed oltre il controllo della legge.
La stampa come al convegno è spesso assente, non segue con la dovuta attenzione questi confronti, anzi quasi obbedendo ad una regola non scritta e per timore di infastidire qualcuno oltre a non scrivere nulla evita anche di ascoltare e di raccontare i fatti che invece un’Italia oppressa e maltratta cerca di portare alla luce.
Necessarie sono le esperienze dei giudizi e magistrati che dalla tricea riportano nelle aule dei tribunali quanto riescono faticosamente a scoprire, ma altrettanto utili sono gli incontri sulla diffusione della droga e sulla prevenzione della tossicodipendenza perché, spesso lo dimentichiamo, la mafia recupera ancora molto dei suoi averi dal traffico e dallo spaccio della droga.
Non è inutile parlare di questi problemi che sembrano marginali e che invece per le organizzazioni criminali costituiscono ancora un sicuro introito accanto allo smaltimento dei rifiuti e al controllo dei servizi e degli appalti pubblici.
La legislazione italiana deve mostrare maggiore chiarezza riguardo all’utilizzo dei beni sequestrati alla mafia perché spesso nessuno ha il coraggio di appropriarsene per non subire le intimidazioni e le vendette dei
boss mafiosi e così accade che questi ritornino, attraverso una serie di prestanome sotto il dominio degli
stessi mafiosi ai quali erano stati sequestrati.
Inoltre la legislazione mostra ancora troppe incertezze sull’applicazione del 416 bis con cordate di
parlamentari che addirittura ne cercano l’abolizione come suggeriscono loro importanti principi che nei
tribunali spesso più che l’interesse dello Stato difendono quello dei loro clienti mafiosi.
Un convegno, quello appena svolto a Terracina dove alla fine è stato lanciato un segnale di preoccupazione
per la grande diffusione del gioco d’azzardo e delle slot machine, controllate in alcuni casi dalle peggiori
organizzazioni criminali.
Il discorso alla fine è ricaduto anche sull’infiltrazione delle mafie nel cassinate e nella zona costiera del sud
pontino dove è ormai assolutamente certo che da oltre vent’anni le mafie portano avanti i loro interessi
spesso appoggiate dal potere politico locale e dai tanti colletti bianchi che corrono dietro i soldi delle varie
attività commerciali e agli affari dei tanti appalti pubblici.
14 luglio 2013 Arturo Gnesi