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La mafia vuole uccidere Rosario Crocetta, uno che dà fastidio…!

Due esponenti del clan Emmanuello di Gela sono stati arrestati nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica – Dda di Caltanissetta. Tentavano di ricostituire la consorteria di Cosa nostra di Gela, decapitata da una serie di arresti negli ultimi anni, e chiedevano il “pizzo” non solo a imprenditori e commercianti del posto, ma le estorsioni arrivavano fino a Milano. In più, su mandato di Cosa nostra tramavano l’omicidio del “sindaco rosso” di Gela, vicino agli imprenditori che si sono schierati contro la mafia e da sempre in prima linea contro la criminalità organizzata. “Io non ho paura, vado avanti. Ma per liberare l’Italia dalla mafia non serve la solidarietà, semmai c’è bisogno di ‘condivisione’: La politica deve fare di più, facciamo di più tutti, insieme”. Crocetta, reagisce così alla notizia dell’attentato che i clan stavano preparando contro di lui

I boss di Gela stavano organizzando un attentato. Volevano uccidere il sindaco, Rosario Crocetta, e alcuni imprenditori che negli ultimi anni hanno collaborato con le forze dell’ordine e la magistratura nella lotta al racket delle estorsioni. Il piano del gruppo mafioso degli Emanuello è stato però stroncato sul nascere dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e dal Commissariato di Gela. Le indagini, coordinate dalla procura distrettuale antimafia di Caltanissetta hanno portato in carcere due persone: stamani le manette sono scattate infatti per Maurizio Saverio La Rosa, di 40 anni e Maurizio Trubia, di 41, tutti e due di Gela. Per entrambi l’accusa è di associazione mafiosa e di estorsione: imponevano il pagamento del pizzo a imprese di Gela che effettuavano lavori pubblici anche a Milano.
Determinanti, oltre alle intercettazioni, sono state le dichiarazioni del pentito Carmelo Barbieri, ex reggente della cosca nissena, che da qualche tempo ha cominciato a collaborare con i pm.

E’ il sindaco rosso di Gela Rosario Crocetta, 58 anni, che, eletto per la prima volta nel 2003 dopo un ricorso al Tar, ha posto alla ribalta il suo Comune, ad alta densità criminale, lottando per liberarlo dai condizionamenti mafiosi e per questa sua lotta è nel mirino delle cosche come svelato anche dall’inchiesta “Gheppio” che oggi ha portato all’arresto di due presunti mafiosi nisseni.
Crocetta, ragioniere, è stato il primo sindaco dichiaratamente omosessuale nella storia d’Italia e prima di darsi alla politica a tempo pieno ha lavorato all’Eni di Gela e ha collaborato con i quotidiani L’Unità e Il Manifesto.
Prima nel Pci Crocetta aderì poi a Rifondazione Comunista (fu assessore alla cultura del comune di Gela dal 1996 al 1998) e nel 2000 s’iscrisse al Pdci partito con cui vinse le elezioni, nella coalizione dell’Ulivo, prima nel 2002 (vincendo il ricorso nel 2003) e poi nel 2007 vincendo con quasi il 65 per cento delle preferenze. Nell’ottobre dell’anno scorso lasciò il Pdci per passare al Pd di Veltroni partito con cui è candidato alle prossime Europee.

Da diverse inchieste della procura nissena è emerso che il sindaco gelese è nel mirino delle cosche per la sua intransigenza alla illegalità che ebbe il culmine quando ordinò il licenziamento della moglie di un boss mafioso assunta al Comune perché risultava nullatenente.
Il sindaco di Gela, che si muove scortato, si appella spesso alle massime autorità dello Stato “affinché le istituzioni non lascino sola Gela e chi si batte contro la mafia e la criminalità” spiegando che la sua città “è composta per la stragrande maggioranza da lavoratori e gente perbene” ma finisce sulle cronache per i misfatti di pochissimi delinquenti.

“Io non ho paura, vado avanti”. Ma per liberare l’Italia dalla mafia non serve la solidarietà, semmai c’è bisogno di “condivisione”: “La politica deve fare di più, facciamo di più tutti, insieme”. Rosario Crocetta, reagisce così alla notizia dell’attentato che i clan stavano preparando contro di lui e alcuni imprenditori anti-racket.
“Ho pensato subito a mia madre – spiega intervenendo ai microfoni di Econews – che ancora non ha sentito la notizia. Ho chiamato mio fratello per non fargliela sentire al notiziario. Ho pensato alle madri dei poliziotti che mi fanno la scorta, alle mogli di questi ragazzi che prendono pochi soldi al mese. In un paese dove i mafiosi si chiamano uomini d’onore e i poliziotti o i sindaci come me, li chiamano sbirri…”.
“Penso alla politica che isola le persone che si battono. A volte ho più paura della politica – confessa il sindaco di Gela – che della mafia. Quando scoprirono che mi volevano uccidere, nel 2003, alcuni politici dissero: ‘Crocetta si fa la pubblicità’. E` difficile vivere guardando in faccia ogni giorno chi ti vuole uccidere. Questi cognomi finiti in questa inchiesta li conosco bene”.
Crocetta va avanti nel suo sfogo: “Che paese è il nostro, dove la mafia condiziona l`economia e affossa il Meridione. Provo rabbia, l`altra volta a novembre ero a Parigi. Mi dissero lei è siciliano, mafia? Mi veniva voglia di gridare e di piangere. Io rischio la vita ogni giorno, vivo blindato. Uno pensa a questa immagine che deve avere la Sicilia, non abbiamo ancora sconfitto la mafia, sopravvive dall`unità di Italia ad oggi. Io non la voglio la solidarietà, voglio la condivisione. Liberiamo il nostro paese dalla mafia. Quando Cosa Nostra decide di eliminare qualcuno, la storia si conclude o con l`eliminazione dei suoi avversari o con la sconfitta di Cosa Nostra. Io non ho paura, vado avanti”.
Crocetta lancia un appello al Paese: “La politica deve fare di più, facciamo di più insieme, tutti. Mi capita di revocare appalti a Gela e quelle ditte me le ritrovo che lavorano anche al Nord, così mi si isola, così si isolano le persone come me e si rendono più deboli”. Quanto alla sua candidatura alle europee per il Pd, Crocetta aggiunge: “E` un buon segnale, il Pd ha fatto una eccezione per candidarmi”.
“Io – rivendica – ho fatto denunce senza precedenti in Sicilia.
Insieme a Tano Grasso e all`associazione antiracket di Gela abbiamo accompagnato alla denuncia tantissimi imprenditori. Ho trasformato la lotta alla mafia in impegno di vita. Ho scardinato la mafia dentro il Petrolchimico, ho licenziato mafiosi, ho eliminato la mafia dal Comune. La mia lotta alla mafia non è fatta di ricordini e celebrazioni. Mi hanno messo sotto scorta subito dopo la mia nomina a sindaco e ho continuato il mio impegno. Ora non voglio fermarmi”.

Mentre il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha telefonato al Capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli, per congratularsi dell’importante operazione, il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso sottolinea che “sono i rischi di chi fa antimafia sul serio nel territorio. Non dimentichiamo che questi rischi continuano a sussistere” e dal mondo politico arrivano molti messaggi di solidarietà.
“Esprimo vicinanza piena e convinta al sindaco di Gela per le minacce subite. A Rosario Crocetta, simbolo della lotta contro la mafia e riferimento della società civile siciliana, va l’affetto e la solidarietà mia personale” è stato il messaggio inviato da Vannino Chiti, vice presidente del Senato, mentre in una nota il segretario del Pd, Dario Franceschini ha espresso “solidarietà a Crocetta, un sindaco coraggioso, da sempre impegnato sul fronte della lotta alla mafia, che il Partito democratico ha candidato alle Europee”.
Franceschini ha poi sottolineato che “La scoperta di un piano per uccidere il sindaco di Gela e gli imprenditori coraggiosi di quella città per il loro impegno contro la mafia è un segnale grave: non bisogna abbassare la guardia e anzi bisogna dare all’impegno contro la criminalità organizzata un valore e una visibilità ancora maggiori”.

(Tratto da www.aprileonline.info)