La task force dell’Antimafia nazionale riunita a Napoli dall’Associazione
nel ventiduesimo anniversario dalla strage di Capaci
Caponnetto
L’annuncio è stato dato dal segretario nazionale Elvio Di Cesare: l’Associazione Antimafia
Caponnetto, rappresentata dall’avvocato Alfredo Galasso, ha ottenuto l’ammissione tra le
parti civili costituitesi a Caltanissetta nel processo Falcone bis contro mandanti ed
esecutori della strage di Capaci. Una data simbolo, quella del 23 maggio, che l’Associazione
ha celebrato con un incontro pubblico a Napoli, cui hanno preso parte alcuni tra i massimi
rappresentanti degli organismi investigativi impegnati nel contrasto al crimine organizzato.
Primo fra tutti il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, giunto direttamente da
Palermo nella sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, sede del convegno.
Sulla grande lezione di Giovanni Falcone ha aperto i lavori il procuratore Roberti,
esaminando alcuni fra i principali ostacoli ancora di frappongono verso la definitiva
attuazione di quel principio indicato dallo stesso Falcone, secondo cui “la mafia è un
fenomeno umano e, in quanto tale, ha avuto un inizio e avrà anche una fine”. Ma la forte
spinta nel segno della globalizzazione – ha spiegato Roberti –ha impresso alla criminalità
organizzata mezzi, uomini e strumenti che la giustizia a livello internazionale non è oggi
del tutto attrezzata ad affrontare. Mancano ancora, insomma, logiche di piena
cooperazione fra gli organismi inquirenti sul piano globale, che vanno dunque fortemente
richieste ed attivate ai tavoli della concertazione legislativa su scala planetaria. Una
attenzione particolare del procuratore nazionale antimafia è stata infatti rivolta alle
transazioni commerciali illecite sul web, che coinvolgono ogni giorno fiumi di denaro e si
svolgono quasi sempre attraverso server custoditi nei cosiddetti “paradisi fiscali”, dove la
giustizia italiana molto spesso va ad impattare con gli ostacoli delle legislazioni locali, in
mancanza della auspicata programmazione unitaria.
Roberti, rimasto fino al termine dei lavori, ha poi ascoltato con viva attenzione il
susseguirsi delle altre relazioni, tutte di primissimo piano, a cominciare da quella del
procuratore capo di Potenza Luigi Gay, il quale ha inteso soffermarsi su vantaggi e limiti
delle misure di prevenzione quale strumento primario di contrasto all’accumulo dei
capitali illeciti, con un’ampia panoramica anche sull’Agenzia per i beni confiscati e le
numerose problematiche che attualmente impediscono la piena attuazione della sua
mission, a cominciare dal recente taglio di uomini e mezzi.
Il tema forte del “negazionismo delle mafie” da parte delle istituzioni, lanciato in apertura
da Elvio Di Cesare, ha dominato la scena in più interventi, anche in quello del presidente
del Tribunale di Cassino, Amedeo Ghionni, il quale ha commentato le recenti cronache
giudiziarie milanesi che hanno riportato alla luce la mancanza di controlli preventivi, tale
da riproporre gli stessi protagonisti della tangentopoli di vent’anni fa, ancora oggi all’opera.
«Non condivido – ha detto il presidente Ghionni – l’immagine del magistrato eroe o
guerriero in lotta coi poteri criminali, perché la nostra azione deve essere quella della
corretta applicazione delle leggi. Poi la politica e gli altri attori della scena civile devono,
naturalmente, fare la loro parte».
Qui si è aperto perciò un altro tema forte: quello della reale volontà di un contrasto efficace
da parte dell’intero contesto sociale. Tema forte ripreso e rilanciato da Cesare Sirignano,
sostituto procuratore della Dda partenopea, che ha reso il quadro con un esempio di
grande efficacia: sgominato un traffico illecito proveniente dalla Cina, si è dovuto misurare
con la legislazione interna di quel Paese, che non ha consentito di procedere in loco con le
misure richieste per gli artefici dei reati su scala internazionale.
Sui temi del “negazionismo” e della reale volontà di vincere definitivamente la lotta alle
mafie, efficacissimo anche l’intervento del capocentro Dia a Napoli Giuseppe Linares, che
ha esordito con le parole di Don Luigi Ciotti sulla “necessità di ricordarci di ricordare ogni
anno l’anniversario del 23 maggio”. Esiste una reale volontà di contrasto – dobbiamo
allora chiederci, seguendo le parole del dottor Linares – in un Paese dove non è mai
pienamente entrata in funzione la Banca dati antimafia, col risultato che un’impresa
colpita da interdittiva in una città, continua tranquillamente a lavorare in un’altra, per
mancanza di incrocio delle basilari informazioni?
Temi caldissimi, come si vede, che hanno acceso gli animi nel vasto pubblico, fra cui
spiccavano il comandante della Scuola Militare Nunziatella con un drappello di giovani ed
attentissimi allievi. Forti sono risuonati, allora i successivi interventi: quello del presidente
della Camera Penale di Napoli, Domenico Ciruzzi, sul ruolo dell’informazione e sulla
necessità di ridurre il carico dei processi penali, riportandolo nell’alveo originario del reati
gravissimi; e ancora le altisonanti parole pronunciate da Antonio Marfella dei Medici per
l’Ambiente, il quale ha ricordato come i più elevati fatturati si registino oggi sull’industria
del cancro, favorita dal business dei rifiuti, e su quella delle tossicodipendenze, piaghe
impossibili da battere per l’enorme giro d’affari ad esse collegato.
Appello condiviso dai Verdi Ambiente e Società, rappresentati a Palazzo Serra di Cassano
da Rosario Fiorentino e dalla delegazione sorrentina della Caponnetto, mentre
l’informazione negata è stata presente in carne ed ossa attraverso i giornalisti della Voce
delle Voci, il cui direttore, Andrea Cinquegrani, ha diffuso la risposta appena pervenuta dal
Quirinale sulla paradossale vicenda giudiziaria partita con una sentenza di primo grado
emessa dal Tribunale civile di Sulmona, che ha interrotto dopo trent’anni di storia le
pubblicazioni del giornale. «Il capo dello Stato – ha fatto sapere Cinquegrani – ha accolto
il nostro appello e ci comunica di averlo trasmesso al Consiglio Superiore della
Magistratura, che dovrà valutare gli opportuni provvedimenti».
I giovani, cui sono state rivolte le parole di speranza da parte di tutti i relatori, hanno fatto
sentire la loro voce attraverso Amedeo Zeni, allievo del grande sociologo scomparso due
anni fa, Amato Lamberti. Alla presenza della moglie, Roselena Glielmo Lamberti, Amedeo
Zeni ha ricordato in conclusione la grande lezione antimafia del sociologo, che seppe
trasferire il suo alto esempio morale anche da presidente della Provincia di Napoli per due
legislature.