UN APPELLO DELL’ ASSOCIAZIONE CAPONNETTO A TUTTI I PARLAMENTARI ONESTI E CHE ABBIANO VOGLIA DI FARE QUALCOSA DI IMPORTANTE CONTRO LE MAFIE (VEDIAMO CHI RACCOGLIE L’INVITO E SI IMPEGNA FATTIVAMENTE!!! NE DAREMO CONTO PUBBLICAMENTE
In una sentenza emessa il 5.11.2014 dal TAR della Campania su un ricorso numero di registro generale 4740 del 2013 proposta da… , contro la Regione Campania, inorriditi, leggiamo, ad un certo punto, testualmente:
“… rilevato che l’art.140 del decreto legislativo 163 del 2006 è collocato dal codice dei contratti pubblici nel titolo 3° della parte 2°, titolo contenente disposizioni per i soli contratti relativi ai lavori pubblici;
ritenuto che la norma recata dal suddetto articolo, proprio perché riferita esclusivamente ai contratti relativi ai lavori pubblici e in quanto norma di stretta interpretazione non sia applicabile ai contratti aventi ad oggetto prestazioni diverse dalla esecuzione di lavori pubblici, con particolare riferimento ai contratti per forniture o per prestazioni di servizi;
ritenuto, pertanto, che la norma non possa disciplinare la fattispecie controversa, avente ad oggetto l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale;
ritenuto, inoltre, che nella fattispecie l’amministrazione resistente abbia legittimamente applicato il comma 3° dell’articolo 94 del decreto legislativo 159 del 2011 che consente di NON procedere alla revoca delle concessioni o al recesso dei contratti per forniture di beni e servizi con soggetti colpiti da interdittiva antimafia, qualora tali soggetti non siano sostituibili in tempi rapidi e la fornitura o il servizio siano essenziali per il perseguimento dell’interesse pubblico… “.
Tale sentenza ci ha lasciati sconcertati in quanto mette in evidenza l’inutilità delle interdittive antimafia quando vengono emesse a carico delle imprese che forniscono “BENI e SERVIZI” alle amministrazioni pubbliche e che, quindi, non rientrano nella casistica di quelle che effettuano “lavori pubblici”.
Tutti sanno che i contratti che stipulano i Comuni con soggetti privati riguardano per lo più la fornitura di “beni e servizi” (appalti di pulizia, di gestione della nettezza
urbana, servizi sanitari, farmacie comunali, trasporto locale, trasporto scolastico ecc. ecc. ). Ne deriva che, escludendo la legge la possibilità di applicare la procedura delle interdittive antimafia a tale settore (“beni e servizi”), si ingenera una gran confusione e si dà, conseguentemente, la possibilità a moltissime imprese (hai il “caso” dell’impresa che gestisce a Gaeta ed in tanti altri comuni della Campania e del Lazio il servizio della nettezza urbana, la quale è stata colpita da interdettiva antimafia da parte di ben due Prefetture -Caserta e Roma- e che, purttuttavia, continua a gestire il servizio in attesa che si pronunci il TAR Lazio al quale si è rivolto altra impresa che la seguiva in graduatoria. ) di continuare tranquillamente a gestire il servizio all’infinito, fregandosene dello Stato, considerati, soprattutto, i tempi biblici della giustizia amministrativa (prima il TAR e poi il Consiglio di Stato).
L’interdittiva antimafia, così, rischia di apparire una burla che non serve a niente.
Noi pensiamo, a questo punto, che il legislatore debba farsi carico del problema apportando subito le necessarie modifiche e integrazioni e facendo in modo, peraltro, che la legge che prevede le interdittive antimafia debba essere applicabile a TUTTI i soggetti, nessuno escluso, senza se e senza ma ed a qualunque settore essi appartengano e IMMEDIATAMENTE.
Salviamo La Voce delle Voci, coraggiosa testata antimafia scampata alle minacce della camorra ma oggi massacrata da una sconcertante vicenda giudiziaria in Abruzzo
Avrebbe compiuto ad aprile 2014 trent’anni di giornalismo investigativo vissuto sfidando a viso aperto le connection della malavita organizzata con i poteri forti e gli affari, facendo nomi e cognomi e anticipando spesso il lavoro delle Direzioni Distrettuali ed Investigative Antimafia, con cui ha sempre intrattenuto una intensa collaborazione, tanto da essere spesso l’organo di stampa più seguito da coloro che sono impegnati in prima linea per prevenire e contrastare le mafie ad ogni livello.
Da quasi dieci anni, a testimonianza di tutto questo, i giornalisti de La Voce delle Voci sono parte viva della Associazione Antimafia Antonino Caponnetto, con cui hanno organizzato fra l’altro decine di iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di una ampia e fattiva partecipazione della società civile per un efficace contrasto alle mafie sui territori.
A maggio scorso presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici l’Associazione Caponnetto e La Voce delle Voci hanno avuto l’onore di ospitare come relatore il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, il capocentro della Dia partenopea Giuseppe Linares ed altri magistrati di punta delle Dda italiane.
Ma dallo scorso mese di marzo la Voce delle Voci è stata costretta ad interrompere le pubblicazioni a causa delle ripetute e violente esecuzioni forzate scaturite da una sconcertante vicenda giudiziaria che nei prossimi giorni approderà nuovamente dinanzi alla Corte d’Appello de L’Aquila. Sono stati privati di un importante strumento di informazione ed aggregazione i tanti lettori italiani che da trent’anni mensilmente si ritrovavano sulle pagine del giornale per contribuire, ciascuno con le proprie possibilità, alla affermazione della legalità sul crimine organizzato, grazie anche alla presenza costante sul giornale di articoli scritti da opinionisti come i magistrati Ferdinando Imposimato ed Enzo Albano, o da personalità come Giulietto Chiesa, Jacopo Fo, Elio Lannutti, Sandro Provvisionato, Luciano Scateni ed Elio Veltri.
A distruggere trent’anni di giornalismo investigativo antimafia (premiato nel 2007 al Quirinale dal capo dello Stato Giorgio Napolitano) non è stata infatti la crisi economica, bensì una sentenza pronunciata nel 2013 in sede civile del Tribunale di Sulmona a favore di una
esponente dell’ Italia dei Valori che denunciava di essere stata “turbata” da un articolo scritto nel 2008 da un giornalista Rai sulla Voce.
Il Tribunale di Sulmona nel 2013 ha condannato la piccola cooperativa editrice e il direttore della Voce Andrea Cinquegrani ad un risarcimento danni da quasi centomila euro con una sentenza provvisoriamente esecutiva, in forza della quale la Voce è stata da allora letteralmente bombardata di pignoramenti: ben quattro esecuzioni forzate (con notifiche a tutto il sistema bancario italiano), compreso quello dei già esigui contributi del Dipartimento editoria (che servivano a pagare la stampa del giornale) e compreso soprattutto il pignoramento della testata, della quale nel luglio scorso è stata addirittura chiesta al giudice la vendita da parte dei legali della denunciante.
Dove non era finora arrivata la malavita organizzata, che negli anni scorsi aveva rivolto ai giornalisti della Voce minacce ed intimidazioni di stampo camorristico (come documentato, fra l’altro, nel docu-film ‘O Sistema, o nel programma Rai La Grande Storia, con la supervisione del giudice Franco Roberti) sembra essere ora riuscita la sentenza di Sulmona. E possiamo già immaginare quali possano essere in Campania i personaggi o i gruppi interessati ad “acquistare” una testata che ha contribuito nel corso degli anni a far sgominare – per fare un solo esempio – un vasto giro di estorsioni a Napoli.
Una vicenda grave non solo per la Campania, ma per l’intero Paese, tanto che lo stesso Capo dello Stato Napolitano nel mese di giugno, rispondendo ad una lettera rivoltagli dai giornalisti della Voce, ha comunicato di aver trasmesso la segnalazione al Consiglio Superiore della Magistratura.
Il 13 settembre prossimo la Corte d’Appello de L’Aquila dovrà decidere sulla richiesta avanzata dalla Voce di sospendere l’esecutività della sentenza di primo grado.
L’Associazione Antimafia Caponnetto, nel ribadire il proprio sostegno a tutte le forze sane della Magistratura italiana, rivolge un accorato appello affinché la Voce delle Voci sia messa in grado di riprendere le pubblicazioni e di continuare ad esercitare il giornalismo antimafia come ha fatto in questi ultimi trent’anni. Sarebbe assurdo per una comunità che si dice “civile” esercitare una sorta di “censura giudiziaria”, cancellando di colpo una simile esperienza, fatta di sacrificio personale e di coraggio, sempre dalla parte degli “ultimi” e della legalità.
Ai giornalisti della Voce è arrivata la solidarietà della Federazione Nazionale Stampa Italiana ed in particolare di Ossigeno per l’informazione, testata di punta per l’impegno civile guidata dal giornalista-simbolo della lotta alla mafia, Giovanni Spampinato. Ma oggi noi della Associazione Antimafia Caponnetto andiamo oltre e chiediamo a tutti coloro che pagano prezzi anche altissimi per liberare questo Paese dal cancro della malavita organizzata di mobilitarsi e di unirsi al nostro appello per salvare la Voce delle Voci in vista della importante, decisiva udienza del prossimo 13 settembre dinanzi alla Corte d’Appello de L’Aquila.
Roma, 10 settembre 2014