Tenere d’occhio quello che fanno –o non fanno – i Prefetti sul versante della lotta alle mafie.Il Prefetto per legge é il massimo responsabile in una provincia della sicurezza e dell’ordine pubblico e spetta a lui attivare le forze dell’ordine.Bisogna pretendere che essi emettano a centinaia le interdittive antimafia rispetto alle imprese in odor di mafia,cosa che raramente fanno.Avete visto quello che é successo all’EXPO di Milano?Centinaia di imprese sospette,se non fosse intervenuto Cantone,avevano già preso in appalto milioni di lavori.Vergogna! A Roma dicevano che………………non c’era mafia e sta venendo fuori il marciume.E così é un pò dovunque,fatta qualche rara eccezione! Da oggi in avanti occhi aperti sui Prefetti e se non fanno il loro dovere bisogna cominciare a denunciarli all’Autorità Giudiziaria per omissione di atti di ufficio e probabile concorso esterno.Ora basta !
——————————————-
MA I PREFETTI COSA FANNO ?????????
DOVREBBERO FARE” PREVENZIONE” MA
POCHI E RARAMENTE LA FANNO.
NELL’AZIONE DI CONTRASTO ALLE MAFIE
SI PUNTA TUTTO SUI MAGISTRATI,MA
QUESTI POSSONO INTERVENIRE
SOLAMENTE “DOPO”,QUANDO IL
REATO E’ STATO GIA’ COMPIUTO.
IL COMPITO DI INTERVENIRE ” PRIMA”,
QUANDO,CIOE’,I BUOI NON SONO
ANCORA SCAPPATI DALLE
STALLE,SPETTA SOLAMENTE AI
PREFETTI,MA QUANDO QUESTI NON
FANNO NIENTE AL RIGUARDO ED
ADDIRITTURA DICONO,COME E’
AVVENUTO A ROMA,CHE ” A ROMA
NON C’E’ MAFIA”!!!!!!!!!!!!!!!!!(
QUANDO STIAMO VEDENDO CON
“MAFIA CAPITALE”) IL MARCIUME
CHE C’E’-E STIAMO SOLO ALL’INIZIO
-O CHE,ADDIRITTURA,” ROMA E’ LA
CITTA’ PIU’ SICURA D’ITALIA
“O,COME E’ AVVENUTO IN
CAMPANIA, DOVE UN’IMPRESA DI
TRASPORTI,PUR GRAVATA DA
INTERDITTIVA
ANTIMAFIA,CONTINUAVA A
PRENDERE L’APPALTO A CASERTA
DALLA REGIONE,ALLORA l’UNICA
SOLUZIONE SONO LA SCOPA ED I
CALCI NEL SEDERE.
BISOGNA PRETENDERE A GRAN VOCE DAI
PREFETTI CENTINAIA DI
INTERDITTIVE ANTIMAFIA
ALL’ANNO E,SE CONTINUANO A NON
FARLE,BISOGNA DENUNCIARLI
ALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA PER
OMISSIONE DI ATTI DI UFFICIO E PER
CONCORSO ESTERNO.
E’ NECESSARIO,PERTANTO,APRIRE UNA
STAGIONE DI CONTROLLO
RIGOROSO DELL’OPERATO DEI
PREFETTI IN MATERIA DI LOTTA
ALLE MAFIE E FAR SENTIRE AD ESSI
IL FIATO SUL COLLO DELLA
SOCIETA’ CIVILE.
SONO ESSI,NELLA LORO VESTE DI
RESPONSABILI PROVINCIALI DELLA
SICUREZZA E DELL’ORDINE
PUBBLICO,GLI UNICI RESPONSABILI
SE LE FORZE DELL’ORDINE LOCALI
NON INDAGANO COME SI DOVREBBE
SUI PATRIMONI,LE
MOVIMENTAZIONI BANCARIE,GLI
INVESTIMENTI ECONOMICI
,DISATTENDENDO,COSI’, QUELLO
CHE GIOVANNI FALCONE DICEVA ”
SEGUITE IL FILONE DEI SOLDI E
TROVERETE LA MAFIA”.
OSSERVATE I ” RISULTATI” DELLE
ATTIVITA’ IN UN ANNO DEI COMANDI
TERRITORIALI !!!!!!!!!!!!!!!
PIETOSI !!!!!!!!!
SE NON INTERVENISSERO DAI GRANDI
CENTRI LA DIA,IL GICO,IL ROS,LO
SCO,I CORPI CENTRALI CIOE’,
SAREMMO ANCORA AL MEDIOEVO.
E,SE SULLE SCRIVANIE DEI PM NON
ARRIVANO LE INFORMATIVE,LA
MAGISTRATURA NON PUO’
NEMMENO APRIRE I PROCEDIMENTI.
QUESTI SONO I PROBLEMI REALI CHE
DOVREBBERO AFFRONTARE TUTTI
QUELLI CHE PARLANO – SENZA
NEMMENO SAPERE DI COSA SI
TRATTA – DI MAFIA ED
ANTIMAFIA!!!!!!!!!!!
QUELLA CHE DOVRA’ VEDERCI
IMPEGNATI NELL’ANNO APPENA
INIZIATO – UN’ATTENZIONE
PARTICOLARE SULL’AZIONE DELLE
PREFETTURE SUL PIANO DELLA
LOTTA ALLE MAFIE – DOVRA’ ESSERE
LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE.
I PREFETTI DISPONGONO DI UN POTERE
ECCEZIONALE IN MATERIA,UN
POTERE CHE NON TUTTI HANNO
USATO COME ERA NECESSARIO.
E QUESTO NON DOVREMO PIU’
TOLLERARLO.
INVITIAMO SIN DA ORA GLI AMICI E LE
AMICHE DI TUTTA ITALIA,ISCRITTI E
SIMPATIZZANTI, A SEGNALARCI
OGNI COMPORTAMENTO ANOMALO
,OMISSIVO,COLLUSIVO.
E’ NECESSARIO COMINCIARE AD
ESSERE,SE VOGLIAMO SERIAMENTE
FARE LA LOTTA ALLE
MAFIE,ACCENTRARE LA MASSIMA
ATTENZIONE SULLE PREFETTURE.
—————————————————
IL RUOLO DEI PREFETTI E LA NECESSITA’ URGENTE DI MODIFICARE LA
LEGGE.
L’ASSOCIAZIONE CAPONNETTO PUBBLICA QUESTA NOTA AL FINE DI
AVVIARE NEL PAESE UN’ APPROFONDITA RIFLESSIONE SUL
RUOLO DEI PREFETTI SUL VERSANTE DELLA LOTTA ALLE
MAFIE E SULL’URGENTE NECESSITA’ DI UNA MODIFICA DELLA
LEGISLAZIONE IN MATERIA.
NON E’ POSSIBILE PARLARE SERIAMENTE DI LOTTA ALLE MAFIE
PERPETUANDO L’ATTUALE STATO DELLE COSE.
il fenomeno del condizionamento delle istituzioni e degli Enti locali –
Il degrado delle Istituzioni
I recenti eventi giudiziari che hanno coinvolto due ex ministri dell’Interno ( Scajola e Cancellieri )
per fatti di rilevante gravità nonché i recenti arresti di prefetti ( Blasco, La Motta , Ferrigno) e
l’incriminazione di ex Prefetti ( Maria Elena Stasi e Maddaloni entrambi condannati in primo
grado ) sempre per fatti riferibili ad ambienti della criminalità organizzata o meglio ad ambienti
politici contigui alla criminalità organizzata, devono necessariamente indurci a fare una riflessione
sul ruolo e sui poteri che la legge assegna all’Amministrazione dell’interno nella lotta alla
criminalità organizzata.
Ovviamente occorre doverosamente sottolineare che l’amministrazione dell’Interno registra la
presenza di una stragrande maggioranza di persone che dedicano la loro vita lavorativa e in molti
casi anche personale, al servizio esclusivo dello Stato.
Proprio per tutelare anche questa categoria di servitori dello Stato e per consentire a questi di poter
svolgere con serenità e senza interferenze della politica, le azioni istituzionali di contrasto al
crimine organizzato, occorre capire quali siano state le cause che hanno determinato la devianza
dell’azione di settori dell’amministrazione dell’interno ad appannaggio degli interessi di contesti
socio politico criminale.
Analizzando bene i fatti di cronaca giudiziaria che vedono coinvolti ministri dell’interno e prefetti
si capisce subito che nelle vicende stesse hanno un ruolo centrale interessi personali riferibili a
politici spesso di rilevo nazionale. Basta citare a solo titolo esemplificativo il caso dell’ex
parlamentare Nicola Cosentino ed il recente coinvolgimento dell’ex prefetto Stasi .
Infatti i fatti giudiziari in questione rilevano come spesso le contestazioni formulate dalla
Magistratura riguardino condotte volte a favorire uomini politici . Basta vedere la vicenda del
prefetto Stasi nell’ambito dell’indagine sui distributori di carburanti di proprietà della famiglia
Cosentino ovvero la vicende di appalti al comune di Caserta per la quale sono state condannati i
prefetto Stati e Maddaloni per interessi riferibili a ditte di Nicola Ferrara, esponente politico
regionale dell’UDEUR , oppure la vicenda esaminata nel corso del processo cosentino del mancato
scioglimento del consiglio comunale di Mondragone la cui compagine politica era riconducibile
all’ex ministro Landolfi ovvero al mancato rilascio del certificato antimafia interdittivo alle ditte
ECO Quattro e Aversana Petroli , entrambe riferibili ad interessi della famiglia Cosentino.
Appare quindi evidente la correlazione tra condizionamento dell’azione dei Prefetti ed in genere
dell’amministrazione dell’Interno con la politica nella quale ampi settori spesso sono contigui ad
ambienti della criminalità organizzata ( soprattutto nelle regioni meridionali) .
Ma perché i prefetti si piegano alla Politica ovvero perché sono condizionati dalla stessa ?
Prima di rispondere a questa domanda vediamo chi sono e cosa fanno i prefetti .
Il prefetto è il massimo organo amministrativo periferico, terminale politico-operativo dell’apparato
della sicurezza, agente elettorale del governo, motore della vita economica e sociale della provincia,
tutore dell’ente locale.
Il prefetto ha una posizione di eminenza del Prefetto rispetto alle altre cariche amministrative
periferiche in virtù del riconoscimento della rappresentanza dell’esecutivo nella provincia e,
conseguentemente, il carattere tendenzialmente “generale” del campo delle attribuzioni.
L’art. 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (t.u.l.p.s.), concede un’amplissima facoltà
al Prefetto di adottare atti contingibili e urgenti per esigenze di sicurezza pubblica.
Il Prefetto presiede i Comitati Provinciali della Pubblica Amministrazione e dei comitati
metropolitani; ha funzioni in materia di droga, scioperi nei servizi pubblici essenziali, antimafia,
statistica; della ricostruzione del ruolo del Prefetto rispetto alle autonomie territoriali.
Insomma la legge ha conferito ai prefetti poteri enormi. Tra questi è appena il caso di ricordare
quelli che esercita attraverso il Comitato provinciale Ordine e sicurezza pubblica, che vede la
partecipazione, in posizione di subordinazione funzionale, del Questore e dei Comandanti
Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. E’ proprio nel comitato che si decidono le
proposte al consiglio dei ministri degli scioglimenti dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose,
le misure di tutela da assegnare ai magistrati , ai cittadini minacciati, ecc. ecc.
Gli stessi vertici delle Forze dell’ordine a livello provinciale sono soggetti, ai fine dell’avanzano di
carriera, delle valutazioni da parte dei prefetti.
Quindi i prefetti sono potenzialmente in grado di incidere sulle figure apicale delle tre forze di
polizia e indirettamente sui magistrati esposti a pericoli di attentati o di sicurezza personale ,
dovendo il prefetto decidere se e a chi assegnare le misure di tutela ( vigilanza , scorta, nei sui
diversi livelli di gravità, ecc )
Ci si renderà conto che il Prefetto , stante la delicatezza dei compiti assentatigli dalla legge e il
ruolo centrale nelle vicende più delicate di ordine e sicurezza pubblica , deve svolgere le proprie
finzioni nel pieno ed inderogabile rispetto del principio di imparzialità dettato dall’art. 97 della
nostra carta costituzionale.
Il prefetto è posto nelle condizioni di poter esercitare liberamente e fuori da ogni forma di
condizionamento le proprie delicatissime funzioni ?
Per poter rispondere è necessario capire come si articola la carriera prefettizia e come vengono
nominati i prefetti e assegnati alle sedi provinciali .
La nostra carta costituzionale non prevede, come per l’ordine giudiziario, un organo di autogoverno
che possa assicurare l’indipendenza e l’autonomia dei Prefetti . Invero non prevede neppure la
figura del prefetto la cui presenza deriva dalla normativa del ventennio fascista.
Invero i prefetti vengono nominati dal Consiglio dei ministri.
Sono cioè nominati dalla politica che in un dato momento storico è posta alla presidenza del
consiglio dei ministri e ne ha maggioranza politica in seno allo stesso Organo.
Quindi, come è agevole, comprendere , i perfetti vengono nominati a secondo della loro contiguità o
meglio del gradimento di quella o quell’altra forza politica.
Quindi, per esempio, ci troveremo che nel periodo del Governo Berlusconi sono stati nominati
prefetti , coloro ritenuti di gradimento di quella forza politica. In genere queste scelte risentono
anche delle indicazioni provenienti dai coordinatori regionali. In Campania nel periodo dei governo
Berlusconi, per un lungo lasso tempo il ruolo di coordinatore regionale è stato assunto dall’ex
parlamentare Nicola Cosentino, oggi sottoposto a processo per concorso esterno in associazione
mafiosa.
Insomma l’imparzialità che deve inderogabilmente risiedere alla base delle scelte dei prefetti può
inconfutabilmente essere minata da questi meccanismi di nomina che ineludibilmente possono
creare momenti di devianza nelle scelte prefettizie.
Non è la prima volta che prefetti non allineati alla politica ovvero ad una certa parte di politica
deviata, siano stati gravati da provvedimenti dal carattere sanzionatorio. Tutti ricorderanno il
prefetto di Reggio Calabria Vittorio Piscitelli che sciolse il consiglio comunale di Reggio e con
l’insediameno del Ministro calabrese Alfano è stato repentinamente trasferito altrove. Ovvero il
prefetto di Agrigento Fulvio Sodano trasferito dal sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì,
quest’ultimo poi incriminato per concorso in associazione mafiosa.
Insomma appare improcrastinabile l’esigenza di blindare talune delicate funzioni di ordine e
sicurezza pubblica assegnate ai prefetti.
Due sono le strade: o si modificano le leggi prevedendo un meccanismo di nomina dei Prefetti
attraverso un sistema simile a quello previsto per i magistrati oppure si trasferiscono queste funzioni
strategiche per la sicurezza dei cittadini e dei servitori dello stato alla magistratura.
Appare inaccettabile che debba essere un funzionario dello stato nominato, prefetto, dalla politica a
decidere se un magistrato ( che spesso si trova ad indagare politici di rilievo nazionale presenti
direttamente o indirettamente nel consiglio dei Ministri) debba o meno avere misure di tutela a
fronte di minacce anche potenziali o di esposizioni elevante a rischio attentato. Appare paradossale
che debba essere il prefetto, espressione della politica a formulare giudizi e valutazione sul questore
e sui Comandati provinciali dell’arma e della g di f . Innegabilmente gli stessi possono per questi
giudizi subire una sorta di condizionamento o di timore reverenziale nei confronti del prefetto ogni
qual volta si trovano a dover indagare su fatti e vicende che riguardano gli stessi prefetti o politici
che hanno espresso gradimento per quello stesso prefetto.
O peggio ancora, appare assurdo che debba essere il prefetto a decidere se e quando sottoporre
ad indagini antimafia, un consiglio comunale per infiltrazione della criminalità organizzata,
quando lo stesso consiglio comunale è dello stesso partito politico che risiede nel Consiglio dei
ministri e che quindi potenzialmente può incidere sul prefetto stesso.
Non è la prima volta che pur in presenza di evidenti episodi di infiltrazioni della criminalità
organizzata non si sia proceduto allo scioglimento delle amministrazione risultate permeabili alla
c.o. . ( basti citare i casi del Comune di Fondi, del comune di Mondragone, Castellammare di stabia,
di torre annunziata, di torre del greco, e di tanti altri comuni ). Analoga considerazione vale per il
rilascio dei certificati antimafia. Appare assurdo che un imprenditore per poter stipulare contratti
con la pubblica amministrazione debba essere sottoposto alla valutazione del prefetto ai fini del
rilascio della c.d. liberatoria antimafia. E’ evidente che in siffatto contesto e meccanismo di nomina
e rimozione dei prefetti, l’imprenditore che sarà di gradimento della politica di maggioranza e
quindi dei prefetti, risulterà immune da problemi di antimafia ( vedi il caso della società Aversana
petroli dei Fratelli Cosentino, la Eco Quattro di Castel Volturno riferibili agli stessi politici della
corrente di Cosentino, alla società dei fratelli Buglione, e tante altre società notoriamente infiltrate
dalla criminalità ma che operano indisturbate e di contro ditte che non si sono piegate ai voleri
della politica che invece vengono colpite da interdittive antimafia per vicende banali ed
insignificanti
La democrazia in siffatti condizione è messa a dura prova.
La politica sana e la società civile devono farsi carico di indicare le soluzioni . Occorre che in
attesa di una legislazione che garantisca l’imparzialità e l’indipendenza dei funzionari dello stato
preposti all’esercizio di delicati compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica e soprattutto nella
lotta alla criminalità organizzata, dette funzioni vengano trasferita alla Magistratura che , per
effetto dell’autonomia ed indipendenza garantitagli dalla Costituzione possa adottare le decisioni
più giuste ed imparziali e scevre da condizionamenti della politica che , come si diceva risente della
presenza di ampi settori contigui alla criminalità organizzata .
Le implicazioni con la vita politica napoletana costituiscano il punto di partenza storico di un
intreccio perverso che ha determinato il consolidarsi del fenomeno dell’infiltrazione e del
condizionamento degli Enti locali
Nel corso degli anni ottanta , infatti, In Campania tanto per citare un esempio, si è assistito
all’espandersi ed al consolidarsi di un fenomeno sociale molto grave che ha messo in luce i diffusi
rapporti nell’ambito della gestione della “ cosa pubblica” tra politica, affari e malavita organizzata
di tipo mafioso .
Il degrado delle Istituzioni a Napoli era tale da indurre il Procuratore Cordova a una denuncia
amara ma non disperata: «Lo Stato a Napoli, dice Cordova, è un’entità eventuale, aleatoria, virtuale.
Parlo dello Stato ufficiale non di quello reale, l’unico che a Napoli la gente conosce e teme per
davvero: la camorra. Le leggi dello Stato sono lente, i processi non finiscono mai e la pena è un
evento remoto, prescrivibile, amnistiabile, depenalizzabile. Le leggi della camorra sono ferree e
immutabili, semplici e inderogabili, i giudizi si celebrano fulmineamente, e le sentenze sono
rapidissime, inappellabili e immediatamente esecutive. È ovvio che i cittadini temono lo stato
effettivo, quello camorristico, e non quello ufficiale».
La camorra si è trasformata in stato, che ci si trova di fronte ad un vero e proprio fenomeno di
banditismo sociale, di neo brigantaggio populista.
La fiducia dei cittadini nelle Istituzioni cala di giorno in giorno.
Non vi e’ indagine su organizzazioni camorristiche che non riveli preoccupanti fenomeni di
penetrazione collusiva nelle istituzioni.
Per molti versi, lo Stato sembra corrispondere a modelli ideali di sviluppo degli interessi criminali,
anziché« di salvaguardia degli interessi della collettività e delle istituzioni statuali.
In estrema sintesi si può quindi affermare che si è di fronte ad un nuovo soggetto che oramai può
essere definito Alta Camorra che ha dato prova di non essere più ai margini della società, ma sta
conquistando progressivamente – o forse ha già conquistato – i centri dei poteri politico,
economico e sociale. Insomma la camorra sta tentando di non porsi in posizione esterna o
antitetica, ma di stare ben dentro lo Stato, la politica, la società, l’economia.
Insomma la repressione dei delitti e delle illegalità, che è un sacrosanto dovere dovrebbe essere
accompagnato da un controllo capillare, da un meticoloso accertamento sulla debolezza
istituzionale di fronte alla pressione corruttiva e alle collusioni di gran parte di essa con l’Alta
Camorra. In definitiva è condivisibile quanto sostenuto da un noto giornalista che
“ I grandi camorristi stanno nell’ombra “.
L’intreccio tra criminalità, politica e affari negli enti locali è sicuramente quello maggiormente
avvertito dal cittadino comune in quanto gli stessi Enti più di ogni altra istituzione risultano, in
considerazione delle funzioni istituzionali cui sono deputati per legge , a stretto contatto con la
collettività amministrata. Le indagini condotte dalla magistratura
Il primo ed incisivo intervento, che il legislatore ha posto in essere per tutelare gli enti locali dalle
ingerenze della criminalità organizzata si è avuto con l’approvazione della Legge 22.7.1991, n.
221 che ha introdotto l’art. 15 bis della L. 55/1990 concernente lo scioglimento dei consigli
comunali e provinciali coinvolti in fenomeni di infiltrazione e di condizionamento mafioso. La
stessa norma oggi è confluita nell’art. 143 del D.lgt. 267/2000
E’ una norma sicuramente di carattere eccezionale, in quanto a prescindere dal giudizio penale,
l’amministrazione locale risulta evidentemente inquinata , al punto che nessun’altra misura , al di
fuori dello scioglimento, potrebbe risultare idonea al recupero della legalità.
Era presente nell’ordinamento un vuoto normativo, che consentiva di fronteggiare queste
situazioni , e per riempirlo si era fatto ricorso ad un uso indiretto della potestà di scioglimento dei
consigli comunali per motivi di ordine pubblico ( si ricorda il caso del comune di Quindici, retto
da un esponente apicale di una nota famiglia camorristica, sciolto nel 1983 per motivi di ordine
pubblico dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini .
La legislazione speciale antimafia in questione intende, prioritariamente, salvaguardare gli interessi
pubblici dalle mire della criminalità organizzata, ancora prima che si vengano a determinare le
condizioni oggettive e concrete dell’aggressione a beni giuridicamente protetti.
In particolare il procedimento di accertamento scaturente dai poteri previsti e demandati dalla
suddetta legislazione ai Prefetti, ovvero alle Commissioni delegate, all’uopo istituite, risponde alla
funzione di prevenzione cautelare globale che prescinde, nella sua applicazione, da istituti e concetti
dell’ordinamento penale, da cui se ne discosta dichiaratamente.
Particolarmente innovativa risulta la disposizione contenuta nell’art. 143 del D.lgt.
267/2000 che prevede la possibilità che il prefetto , nella fase istruttoria del procedimento di
scioglimento , acquisisca dal procuratore della repubblica notizie utili a motivare la decisione , in
deroga all’art. 329 del codice di procedura penale , superando cioè l’obbligo di segretezza disposto
da tale norma con riguardo alle esigenze del procedimento penale .
Ma la facoltà più significativa conferita dal legislatore al prefetto per la ricerca di ogni
elemento di valutazione utile allo svolgimento dell’azione amministrativa assegnatagli dalla stessa
norma scaturisce dal disposto normativo di cui al Decreto legge 354/1991, convertito nella Legge
30.12.1991, n. 410 che consente, attraverso poteri investigativi, di verificare se ricorrono pericoli di
infiltrazione tipo mafioso nell’ambito dello svolgimento dei “ servizi” cui sono deputati per legge
gli enti locali .
Nel 2009 con la legge 94 , l’art. 143 del d.lgs. 267/2000 ha subito una modifica che appare aver
ridimensionato e affievolito l’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Infatti è stato stabilito
che le indagini antimafia debbano essere svolta da una commissione composta “ da tre funzionari
della pubblica amministrazione.
Invero prima dell’entrata in vigore della legge 94/2009 le indagini venivano svolte da organi di
polizia che stante le loro specifiche conoscenze e professionalità info-investigative, potevano
fornire un contributo determinate al buon esito delle indagini. Invece il legislatore del 2009 ha
affidato a tre funzionari della P.A. dette attività di indagini.
Ogni commento appare del tuto superfluo.
Infatti precedentemente per le operazioni di accesso antimafia nei comuni, i prefetti si avvalevano
di apposite commissione composte da rappresentanti di tutte le forze, dell’ordine nonché da un
rappresentante della D.I.A., nonché da funzionari statali appartenenti ad amministrazioni che,
nell’ambito delle proprie attività istituzionali, avevano competenza e conoscenza delle attività
amministrative cui i comuni sono deputati per legge .
Associazione A.Caponnetto
www.comitato-antimafia-lt.org