VOGLIAMO INDAGARE O NO COME SI
DEVE SULLE PRESENZE E SULLE ATTIVITA’
MAFIOSE A GAETA ??????????
Un gruppo di parlamentari del M5S e del Gruppo Misto
della Camera ha sollevato,su nostra richiesta, in questi
giorni alla Camera il problema delle pale eoliche nel Molise
e sui traffici di queste fra il Porto di Gaeta e quella regione.
Vogliamo riproporre al riguardo dei vecchi nostri servizi
con l’intento di far capire a chi ci segue di cosa stiamo
parlando.
Ma l’occasione ci è utile anche per ritornare su un
argomento più generale,oltre a quello che investe le attività
e le presenze sospette ( dai tempi di Fecarotta e della nave
21 Ottobre” ad oggi ) nel Porto della Città del Golfo e che
riguarda i grossi investimenti fattivi dalla camorra.
Non dimentichiamo mai che Gaeta é la città in provincia di
Latina,nel Basso Lazio,in cui é stato confiscato il più
grosso numero di beni ai clan.
Come pure non bisogna mai dimenticare,come é risultato
peraltro dalle intercettazioni fatte nel corso di talune
inchieste,che essa è una sorta di buen retiro e luogo di
svago per gente le cui origini sono di oltregarigliano.
Anche recentemente i Carabinieri di Napoli hanno catturato
un esponente del clan Lo Russo che aveva stabilito da
tempo il suo domicilio in una traversa di Corso Italia a
Gaeta,nell’area di Serapo,in quella stessa area dove,a
distanza di qualche centinaio di metri,risulta ( o risultava ?)
risiedere altro soggetto sempre campano abbastanza noto .
Ma non é l’aspetto dell’ordine pubblico che ci interessa più
di tanto in quanto a Gaeta,come a Formia e nel sud
pontino,il discorso delle presenze e delle attività mafiose
investe soprattutto il versante degli INVESTIMENTI,DEI
CAPITALI,DEL BUSINESS.
Una mafia “bianca” ,con ampi collegamenti con pezzi di
politica ed istituzioni,come hanno provato molte inchieste
fatte,a cominciare dalla “Formia Connection”,”Damasco”
ecc.,,mafia sulla quale bisognerebbe indagare di più e
meglio e non lo si fa anche perchè mancano le
specializzazioni,la qualità dell’impianto investigativo.
Il problema della “qualità” degli investigatori locali ci
conduce al discorso delle “codeleghe” da parte della DDA e
della Procura Generale (ma perché nel Lazio c’é solo una
DDA mentre in Campania ce ne sono tre?) alle Procure
territoriali perché fino a quando non ci sarà a Latina,come a
Velletri,Cassino,Tivoli,Civitavecchia ecc,un Procuratore
che chiami i Questori ed i Comandanti provinciali della
Gdf,deì Carabinieri,del Corpo Forestale dello Stato e dica
ad essi “voglio questo e quello e in tre mesi voglio
l’informativa sul tavolo”,questi non si sentiranno mai
obbligati a far venire nei Commissariati ,nelle
Compagnie,nelle Brigate personale esperto e capace di
andare a vedere i flussi finanziari di Michele,Aniello e
Ciccio , dove questi hanno preso i soldi e perché
l’Assessore,il Sindaco o il dirigente ha dato ad essi la
concessione,il permesso e così via.
Un grosso problema,questo,che abbiamo posto da tempo
ma per il quale non siamo riusciti,ad oggi,a tirar fuori il
ragno dal buco.
Non parliamo,poi,dei Prefetti,fatta qualche rarissima
eccezione,che non svolgono alcuna attività di
“prevenzione” come sarebbero obbligati a fare.
Un disastro che ha portato il Lazio nelle mani delle varie
mafie,militari,politiche,economiche ed istituzionali.
Con una classe politica in parte corrotta e collusa. lasciata
libera di fare e disfare,incoraggiata dal clima di impunità .
Se non intervengono i corpi specializzati e le DDA da
fuori,Roma,Napoli,Reggio Calabria,Palermo ecc.,qua
nessuno indaga come dovrebbe indagare.
Questa é la triste realtà a Gaeta,a Formia,a Cassino,nel
frosinate e così via.
Questa è la situazione generale nel Lazio.
Per Gaeta,in particolare,essa é più complessa per la
presenza del Porto e per i grossi investimenti fatti e che si
continuano a fare,senza che nessuno controlli.
Ad un tessuto sociale omertoso si aggiungono le carenze
dell’apparato investigativo locale ed il gioco per la camorra
(solo camorra ?) é fatto.
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L’eolico.Esiste un nesso fra Gaeta e il Molise ?
Pubblicato 20 Gennaio 2015 | Da admin3
Nel 2010-2012 c’é stato sull’asse Porto di Gaeta -Molise un intenso traffico di pale eoliche
Sono passate dal porto di Gaeta le pale destinata all’edificazione dei parchi eolici del
Molise, d’Abruzzo e del Gargano. Provenivano da quattro società spagnole e una francese.
Un affare milionario considerato quanta energia produce un sistema eolico.
Eppure probabilmente “sospetto” come si potrebbe intendere se ai primi di aprile la DIA di
Trapani su mandato dello stesso Tribunale ha messo sottosequestro un miliardo e mezzo
di euro tra beni immobili, quarantatre società di capitali con partecipazioni estere e
ingentissimi patrimoni, più di 60 rapporti finanziari e decine di lussuosissime autovetture, oltre
a uno splendido catamarano di 14 metri appena costruito.
Tutti beni riconducibili a Vito Nicastri, 54enne imprenditore di Alcamo, ex elettricista,
soprannominato dal Financial Times come “il signore del vento”, ma anche sospettato di
collegamenti con ambienti attenzionati dall’Autorità Giudiziaria. Da venti anni latitante,
soprannominato Diabolik, attualmente il quarto latitante più ricercato del mondo.
E Gaeta? Inevitabilmente, vista la destinazione delle merci, tra il 2010 e il 2012 era il porto
dove le pale eoliche e le turbine di Nicastri transitavano per le località del centro Italia dove
dovevano essere installate.
Stoccate su un piazzale regolarmente preso in affitto dall’Autorità Portuale, le pale
venivano poi affidate a cooperative di trasporto che da anni operano nei trasporti
industriali ed eccezionali sia sul territorio italiano che europeo. E’ che, negli ultimi anni,
qualcuna di queste si é contraddistinta per il trasporto di impianti eolici in quanto
dispone di veicoli speciali esclusivamente adibiti al trasporto di componenti eoliche.
Tutto regolare.
Ma è la figura di Nicastri, ancora una volta, ad emergere sopra ogni altra. Professione
ufficiale “sviluppatore” (il suo compito era di “vendere” il prodotto eolico: parchi eolici e
fotovoltaici forniti chiavi in mano alle grosse aziende energetiche), innumerevoli erano le
aziende che si rivolgevano a lui che, secondo gli inquirenti, metteva in contatto la mafia
con le imprese pulite.
“Gli dico: Vito fai scendere gli spagnoli qua e gli dici che se non portano un altro milione e
mezzo… Ma cxxxx! Loro devono sapere, prima di accendere il quadro che costa niente quel
quadro non si metterà mai. Loro ci scendono con l’esercito e io la notte gli mando il topo”, è
una delle intercettazione fatta a casa di alcuni mafiosi alcamesi riferita all’imprenditore che,
prima di altri, aveva già capito l’enorme business delle energie rinnovabili e in breve era
diventato un mago nell’ottenere concessioni dallo Stato (concessioni che in certi casi
erano state negate persino all’Enel), acquistare terreni, costruire i parchi eolici e poi cederli
“tutto incluso” ai grandi colossi del settore.
Nel centro Italia, passando dal porto di Gaeta.
Ideale giovani news – Francesco Furlan
Incendio nel Molise . Si indaga a tutto campo. La Procura vuole vederci chiaro. Il
fascicolo al PM Venditti
Si indaga a tutto campo sull’incendio al mezzo adibito al trasporto di pale eoliche andato
distrutto nella notte scorsa nel piazzale recintato di una ditta di autotrasporti laziale. I
proprietari dell’azienda sono stati ascoltati dai Carabinieri, ma non hanno saputo dare
spiegazioni sull’accaduto. Alcuni giorni fa nella stessa zona sono stati esplosi colpi di arma da
fuoco sulla vetrina degli uffici della ditta. L’indagine e’ coordinata dal sostituto procuratore
Rossana Venditti. Occorre ricordare che l’azienda si occupa di trasporto di componenti per
pale eoliche anche in altre regioni. Gia’ qualche anno fa nella stessa impresa si verifico’ un
simile incendio. Due mezzi andarono completamente distrutti.
Ma chì é Vito Nicastri?
Leggiamo sul sito dell’Osservatorio provinciale sulle mafie di Novara di Libera l’articolo
seguente:
“Ecco perchè Vito Nicastri non è un “mafioso” o un
prestanome di Messina Denaro…
apr 4th, 2013
Come è cambiata la mafia. Cosa c’è al posto di Cosa Nostra.
I vecchi boss non hanno capito niente. Erano abituati a muoversi su vecchie Cinquecento scassate – per
controllare il territorio dicevano – che ne possono capire i loro coetanei, epigoni ed eredi di energia
solare, di biomasse, e di “impatto zero”? Che ne possono capire loro così legati alla terra – da
attraversare, misurare palmo a palmo, comandare, con tutta la roba e i cristiani che ci vivono sopra – che
oggi la terra non conta più nulla, che tutto è diverso?
Sono convinti di essere stati loro a gestire il business dei nuovi totem della finta energia alternativa.
La chiamano “eolo-mafia”. Ma in realtà Cosa Nostra ha gestito ben poco questo affare. Il cemento per
alzare le pale, si. Ma è poca cosa. L’affare è la pala, non il cemento. E’ un po’ la frustrazione di chi di
un gelato gustoso si mangia solo la cialda. Le tangenti per ammorbidire le pratiche tra i consigli
comunali e le stanze dei Comuni. Ma anche lì, sono già costi messi in conto. L’estorsione per comprare
i terreni dove piantare le pale, certo. Ma più delle minacce, i contadini sono stati convinti dalla crisi che
attanaglia i loro terreni ormai incolti e improduttivi. Un ettaro di terreno agricolo destinato al
fotovoltaico o all’eolico porta un utile di esercizio di circa cinquemila euro l’anno, con bassissimi costi
di manutenzione. A conti fatti, molto più conveniente della produzione di olive o di uva.
I vecchi mafiosi non sono dotati di elevate capacità imprenditoriali: continuano a fare affari in settori
soprattutto tradizionali, e anche quando allargano il raggio di azione in settori più innovativi, raramente
danno prova di possedere particolari capacità manageriali, tecniche e finanziarie. Il loro interesse per il
settore delle energie rinnovabili è circoscritto alle attività connesse al “cemento” e alla realizzazione
delle infrastrutture di supporto degli impianti. Stanno lì a guardare con il naso all’insù, gli ultimi
mafiosi, credendo che quei mostri magri e bianchi che si alzano siano opera loro.
In realtà i soldi girano altrove. Ai mafiosi di Cosa Nostra va il contentino di sentirsi padroni. Ai nuovi
rampanti epigoni di Cosa Grigia invece vanno i soldi. Quelli veri, quelli facili. L’Italia ha il primato di
paese più generoso al mondo in quanto a incentivi pubblici all’energia verde. E non girano solo con le
pale eoliche. Girano con il fotovoltaico, che attrae nel sud Italia investimenti da tutto il mondo.
Mafioso non è l’imprenditore di Alcamo, Vito Nicastri. Mafioso non è, anche se ci si diverte
(come sta accadendo) ad accostarlo a Matteo Messina Denaro, in virtù di un pizzino al boss o per il
procedimento di confisca “più ingente mai fatta in Italia”. Nicastri ha costruito una fortuna dal nulla.
Quando è venuta la moda delle pale eoliche, lui era lì, da un pezzo.
Nicastri faceva lo “sviluppatore”: sviluppava parchi eolici e li rivendeva chiavi in mano. Lo
sviluppatore elabora il progetto del parco eolico o fotovoltaico, convince i proprietari dei terreni a
vendergli le aree che interessano, si fa dare tutti i nulla osta dagli enti pubblici di competenza, richiede i
finanziamenti statali o comunitari, realizza l’impianto, lo cede a qualche multinazionale.
Nicastri non è un prestanome di Matteo Messina Denaro, né di altri mafiosi. Non è la testa di legno di
nessuno. Nicastri è Nicastri. Uno che si è fatto da solo, e che in Sicilia è diventato padrone dell’intero
settore, mettendo in riga tutti, anche i vecchi mafiosi. Le capacità di Nicastri coincidono con un nuovo
modo di “fare mafia”: conoscenza del territorio, ottime relazioni con funzionari della pubblica
amministrazione e pezzi grossi della politica, capacità d’intervento nel potere locale, buoni partner
finanziari, ottima conoscenza del meccanismo dei contributi e delle agevolazioni.
Nicastri non ha fatto mai un giorno di galera per mafia. Corruzione tanta. Mafia, mai. Il suo collega
imprenditore Salvatore Moncada denuncia alla polizia, nel 2009, una cosa strana: perché le mie pratiche
per installare impianti eolici si fermano tra mille lacci della burocrazia e quelle di Nicastri no? La
domanda lui l’aveva rivolta anche al suo collega più fortunato, che gli aveva detto: dammi diecimila
euro per ogni pratica e te la faccio passare liscia. Nicastri in pratica, teneva sotto scacco tutti, i colleghi
imprenditori come i pubblici funzionari. Nell’’ultima ordinanza di arresto (a luglio) c’è un passaggio
che racchiude molte cose : “Nicastri è il vero dominus del sistema di potere legato in Sicilia al settore
delle energie alternative”. Un sistema in cui c’è il funzionario corrotto, che sistema il figlio nelle
imprese di Nicastri, e ci sono mazzette che girano e fatture false e truffe su truffe allo Stato per intascare
contributi e strozzare sul nascere la concorrenza. Tra il 2005 e il 2006, solo per dare un dato, una delle
società da lui acquisite ha ricevuto contributi a fondo perduto dalla Regione Siciliana per oltre tre
milioni di euro.
Questo mondo, questo modo di fare , non è isolato. Figure come quella di Nicastri ce ne sono tante
per il paese e vanno ben oltre la semplice pala eolica piantata nel petto delle nostre colline. Per mettere
su un parco eolico sono necessari investimenti ingenti di denaro, e quindi garanzie bancarie, istituti di
credito che garantiscono sulla bontà di quei flussi finanziari, sulla “qualità” di quel denaro che invece
dovrebbe puzzare come lo sterco perché non si sa da dove proviene.
Ci sono in ballo circa centosettanta miliardi di euro per i prossimi vent’anni nel campo delle energie
alternative. Non è un caso che solo nel 2010 dalle regioni del Sud Italia sono partite richieste per
150.000 mila watt. Un’esagerazione assoluta, se si pensa che il record di domanda elettrica di tutta Italia
non ha mai superato i 56.000 watt.
Ecco perché il vero business dell’energia sostenibile, in Sicilia, comincia molto prima dello scandalo
dell’eolico. Inizia nelle ragnatela di contatti, nel gioco di tessere a incastro di truffe per ottenere
contributi comunitari destinati alle stesse.
Se l’economia è green, anche la mafia lo diventa. Quando Obama inaugurava la sua “green
economy”, per rilanciare l’innovazione e la competitività americana, non poteva immaginare che,
dall’altra parte dell’oceano una mutazione era già avvenuta.
Giacomo di Girolamo e Giuseppe Passalacqua “