«Mi devo ammazzare, oppure lo devo fare uccidere fuori? Brigadiere, fuori qualcosa posso ancora fare». È il 14 marzo scorso, quando un agente di polizia penitenziaria raccoglie le parole del boss – ex superlatitante dei casalesi – Michele Zagaria. Parole cariche di rabbia e risentimento nei confronti dei pm antimafia che conducono le indagini sul suo conto, che hanno da poco messo a segno gli arresti della sorella Elvira Zagaria.
Uno sfogo? Una minaccia? Secondo il nucleo investigativo del Dap non ci sono dubbi, tanto da fare esplicito riferimento ad avvisaglie di intimidazioni nei confronti degli organi inquirenti. Parole che arrivano al termine di una serie di eventi che hanno colpito beni e persone legate alla famiglia dell’ex superlatitante, provocando un moto di rabbia da parte del boss. Che, dal chiuso di una cella al carcere duro, non esita a rivolgersi alla famiglia, modulando la propria strategia su più livelli. Prima chiedendo ai parenti di andare ad invatenarsi fuori la Procura, poi rivolgendo intimidazioni nei confronti dei pm maggiormente impegnati nelle indagini sul suo seguito criminale, vale a dire i pm Maurizio Giordano, Catello Maresca e Cesare Sirignano (coordinati dall’aggiunto Giuseppe Borrelli).
Non mancano riflessioni intercettate durante i colloqui sul giornalista di La7 Sandro Ruotolo (che ti possano squartare vivo), autore di un servizio sulla terra dei fuochi e sul potere dei casalesi. Da oltre un mese, Ruotolo vive sotto scorta.