“Non voglio dire niente”. Questa è stata la linea di difesa intrapresa dal sindaco Bruno Scittarelli, interpellato telefonicamente nel pomeriggio di ieri sulla vicenda legala al flop degli swap cassinati. Secondo la Procura generale della Corte dei Conti del Lazio il primo cittadino, i componenti della giunta in carica fra maggio e giugno del 2003, il segretario generale e il responsabile dei servizi finanziari di Piazza De Gasperi, sono i responsabili della scellerata delibera che diede il via all’operazione finanziaria ed alla stipula di quei contratti che hanno cagionato, da allora fino ad oggi, un danno erariale alle casse municipali quantificato dalla magistratura contabile intorno ai cinque milioni di euro. Ma non solo il sindaco Bruno Scittarelli ha preferito la strada del silenzio. Quasi tutti i protagonisti del fallimento della politica degli swap, strumento che in finanza appartiene alla categoria dei derivati, che consistono in buona sintesi nello scambio di flussi di cassa tra due controparti (in questo caso fra il Comune di Cassino e la banca americana Bear Stearns) non hanno voluto dire mezza parola.
Chi s’è giustificato per motivi elettorali, chi ha detto che sono questioni delicate e riservate, mentre qualcun altro ha addirittura affermato che parlando avrebbe messo in difficoltà colleghi di partito. Ma possibile che nessuno, politici ed esperti del Palazzo, si accorsero, o semplicemente capirono, che sottoscrivere quei mutui ad interessi variabili con l’istituto di credito americano sarebbe stato un errore, e che il Comune ci avrebbe solo rimesso denaro?
Se ne accorsero persino Manuel Moretta e Vincenzo Norcia, due studenti universitari di Cassino che, proprio su quegli swap avevano concentrato un dettagliato lavoro di tesi. Norcia e Moretta, seguiti nello studio dal professor Sergio Bianchi, presentarono – e la cosa venne persino ripresa dalla stampa locale e nazionale – gli inesorabili risultati di un’operazione finanziaria a perdere, per giunta prevedibile. Secondo i due, oggi dottori in Economia, il Comune avrebbe avuto solo l’11% di probabilità di vedere diminuito il debito grazie all’utilizzo degli swap. Anche il professor Vincenzo Formisano, docente dell’ateneo cassinate, in un’intervista rilasciata nel gennaio del 2008, paventò che “il Comune sottoscrisse uno swap con parametri di riferimento aleatori ed estremamente rischiosi, snaturando l’effettiva funzione del derivato: da strumento di copertura di un rischio a strumento altamente speculativo”.
Nessuno è mai riuscito a sapere chi avesse consigliato ai vertici di Piazza De Gasperi un’opzione del genere per cercare di tamponare i tanti debiti. Qualcuno ha parlato di un “super-consulente” di cui non è mai stato fatto nome e cognome e che, secondo voci di corridoio, più volte è stato ricevuto nell’ufficio del primo cittadino, dove sarebbe stata messa a punto l’intera operazione di “finanza creativa”, per parafrasare il ministro Tremonti. Ma c’è anche chi con i derivati ha fatto cassa, come la Provincia di Frosinone, in mano al centrosinistra, che al contrario del Comune di Cassino ha raccolto circa 2 milioni di euro.
Luciano De Leo
(Tratto da Il Messaggero)