Mafia Capitale, secondo la Relazione Magno c’erano i presupposti per sciogliere il Comune
Per la Commissione prefettizia che ha redatto la Relazione l’ente capitolino era “fortemente condizionato”
ROMA – Alla luce delle risultanze delle inchieste su Mafia Capitale «ci sono i presupposti richiesti dalla normativa» per sciogliere il Comune di Roma per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso. È quanto aveva concluso lo scorso giugno la Commissione di accesso presso Roma Capitale, isituita dall’ex prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro nel dicembre 2014 per valutare se il Comune di Roma dovesse essere sciolto dopo gli arresti nell’indagine “Mondo di Mezzo». La Relazione finì poi sul tavolo del successore di Pecoraro, l’attuale prefetto Franco Gabrielli, che la portò all’attenzione del ministro dell’Interno Angelino Alfano. A fine agosto il Consiglio dei Ministri decise di non commissariare Roma, ma di sciogliere il Municipio di Ostia per mafia.
La Relazione della Commissione Magno
La Relazione conclusiva della Commissione (composta dal prefetto Marilisa Magno, dal viceprefetto Enza Caporale e da Massimiliano Bardani, dirigente di II fascia del Ministero dell’Economia e delle Finanze) è rimasta secretata fino al 3 novembre, quando la Prefettura di Roma l’ha declassificata. In una nota del 2 novembre il prefetto Gabrielli aveva spiegato che «il testo della Relazione, in adesione ad una richiesta della Procura della Repubblica di Roma, è già stato ‘desecretato’, in vista di un suo possibile utilizzo nell’ambito della fase dibattimentale del processo al ricordato sodalizio criminale che avrà inizio il prossimo 5 novembre».
La gestione di Roma è stata fortemente condizionata
«E’ parere di questa commissione – si legge nelle conclusioni della Relazione – che l’esercizio dei poteri di indirizzo politico e di gestione amministrativa degli organi di Roma Capitale sia stato fortemente condizionato da un’associazione criminale di stampo mafioso, situazione che va valutata attentamente ai fini dell’applicazione delle misure di legge previste dall’art. 143 del Tuoel» che detta i requisiti per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso. La Commissione di accesso presso Roma Capitale ricorda poi come «lo scioglimento» dell’ente locale «può ricorrere non solo nelle ipotesi in cui l’andamento generale della vita amministrativa di un ente locale subisca influenze da un ipotizzato condizionamento mafioso, ma anche allorquando il condizionamento riguardi, oltre che scelte strettamente di governo, anche attività di gestione».
Gravi i fenomeni di infiltrazione mafiosa
Per questo, sottolineando anche una sentenza del Tar del Lazio in cui i giudici parlano di «sintomatiche disfunzione dell’agire del Comune», la Commissione conclude che «si ritiene che vi siano i presupposti richiesti dalla normativa, in base a una pluralità di indizi concludenti che la giurisprudenza del Consiglio di Stato richiede ai fini della configurabilità di fenomeni di condizionamento e della ricostruzione dei ‘collegamenti’ che vincolano la vita istituzionale dell’ente locale a dinamiche a queste esterne e riconducibili alle mire di ‘Mafia Capitale’. Va rilevata in Roma Capitale una pluralità di situazione patologiche connesse all’interferenza del sodalizio, già facente capo a Carminati» e «si desume come i gravi fenomeni di condizionamento della vita politico-amministrativa dell’Ente abbiano indebolito i presidi di legalità di Roma Capitale. Conseguentemente è doveroso sottoporre quanto sopra alle valutazioni degli organi istituzionali competenti all’adozione delle misure e dei presidi che a tal fine il legislatore ha prefigurato con l’articolo 143 del Testo unico degli enti locali», conclude la Relazione. (Fonte Askanews)