Paolo Mancuso, oggi procuratore capo a Nola, da coordinatore della Dda napoletana coniò la definizione di «rapporto sinallagmatico». Era la relazione pericolosa a tre imprenditoria-politica-camorra, dai confini sfumati e dalla dimostrazione processuale difficile, che cominciavano a svelare i pentiti agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso. Nelle ordinanze dei magistrati comparivano i nomi di «imprenditori camorristi», gente «pulita» che trovò conveniente sedersi a tavolino con i capiclan per accordi sui grandi appalti.
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