Interessante intervista oggi sul quotidiano La Sicilia allo storico e scrittore Paolo Mieli. L’ex direttore del Corriere della Sera è stato a Catania, ed ha concesso un’intervista a tutto campo con Mario Barresi, parlando sia del “tradimento capolavoro” di Matteo Renzi con Enrico Letta, sia della Sicilia, di Crocetta (“Bizzarro, spesso fa ridere”) e dell’antimafia: “L’antimafia della Sicilia è una ridicola retorica da straccioni”.
“Se si vuole imparare – dice Mieli su Crocetta – la lezione di Crocetta è: non promettere ciò che non puoi mantenere, agisci in sordina e prendi accanto a te delle persone competenti». Ecco cosa dice Paolo Mieli sugli scandali che hanno travolto tanti simboli dell’antimafia:
«lo me li sono studiati bene, questi casi: saranno una ventina. Hanno in comune che tutti facevano parte di associazioni antimafia. antiracket, paladini di legalità. E già questo dona un che di ridicolo: oggi in Sicilia ammantarsi nella bandiera antimafia è diventata una cosa gratuita. I capi mafiosi stessi consigliano agli affiliati di fame parte! C’è una retorica dell’antimafia nei riguardi della quale c’è stata una deresponsabilizzazione assoluta. Si è passati dai grandi proclami di Ivan Lo Bello, che nel 2007 ci emozionarono, a casi come quello di Montante, che nel silenzio e nell’indifferenza nazionale, si sono consumati. È una superficialità, un’omertà continentale: colpa dei grandi dirigenti di Confindustria, ma anche della stampa. Il terzo elemento è che questi episodi sono ridicoli. C’è un’immagine di collusioni da straccioni, di piccoli inghippi. Non c’è più la strage di viale Lazio, che ti dava l’impressione di una partita importante, d i una mafia forte e di interessi miliardari.Oggi c’è una mafia ridotta a una dimensione di accattonaggio dei soggetti corrotti».
Secondo Mieli “contro la mafia i risultati ci sono stati. Ma nessuna guerra, come insegna la storia, ha vittorie o sconfitte definitive. Tutto si rimette in movimento». E ancora, circa le bandiere dell’antimafia:
“Quelle bandiere non hanno significato. Perché s’è scoperto che dentro quelle bandiere c’è chiunque. Se io oggi volessi fare del malaffare in Sicilia, mi iscriverei a un circolo Addio Pizzo, all’associazione Libera. Non hanno valore, sono chiacchiere. Quando Lo Bello lanciò la stagione antimafia di Confindustria non fece un codice che espelleva chi pagava il pizzo? Che fine ha fatto quel codice? Nessuno ha vigilato. A Siracusa c’è un viavai di presidenti indagati o costretti alle dimissioni. Sono cose de minimis. Nessuno è Lima o Liggio… “
Di tutto ciò la Sicilia paga un prezzo altissimo:
“Nessuno viene a fare impresa da voi. La cosa pubblica non funziona e per di più è pure ridicola. Un mix esiziale, grave quanto nell’era della mafia stragista. Poi c’è stato un uso disinvolto dei reati a sfondo mafioso. Dopo l’appello di Lo Bello si sono fatti tutti gli errori possibili: non si è vigilato e si sono fatti passi indietro, ma poi si è esteso il reato a sfondo mafioso anche a chi passava col rosso al semaforo… Non si può amministrare in allegria, ci vuole rigore. Perché altrimenti il punto d’arrivo è peggio del punto di partenza“.