Premessa. La Commissione sul ciclo dei rifiuti ha ascoltato in audizione il 17 febbraio 2016 il Comandante della Capitaneria di porto di Gaeta, Alberto Meoli, nell’ambito dell’approfondimento sul traffico transfrontaliero dei rifiuti. Il 17 marzo 2016 è stato ascoltato il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Cassino, Luciano D’Emmanuele, nell’ambito dell’approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul ciclo dei rifiuti nel Lazio, con particolare riferimento alle situazioni che riguardano il porto di Gaeta.
Il caso Gaeta. Il Comandante Meoli riferisce di un’importante operazione condotta nel mese di settembre, relativa allo stoccaggio di 4500 tonnellate di materiale ferroso sulla banchina del porto di Gaeta affidato all’impresa Interminal. I rottami ferrosi sono stati trattati secondo il regolamento del 2001, non più rifiuti ma “merce a tutti gli effetti”. L’accumulo di questa ingente quantità di materiali ferrosi preoccupava la popolazione locale in relazione alla vicinanza con il mare e ai possibili riflessi sulle attività ad esso collegate. I sopralluoghi hanno evidenziato il “pericolo di rotolamento direttamente in mare di alcuni rottami ferrosi” e “tracce di percolato di ossido che erano precipitate direttamente nel corpo idrico marino”. Intervenuta l’autorità giudiziaria e svolti gli accertamenti su autorizzazioni e idoneità dell’area di stoccaggio è stato disposto il sequestro dell’intera area di stoccaggio per la presenza di 9 tonnellate di rifiuti pericolosi e non pericolosi (ammortizzatori sporchi d’olio, non cesoiati, contenitori sotto pressione chiusi, filtri d’olio e filtri nafta, pneumatici interi, materiale elettrico ed elettronico non bonificato) tra i materiali classificati come ferrosi.
L’indagine. Altre verifiche sulle autorizzazioni hanno portato a galla discrepanze sul sistema di raccolta di acque di lavaggio e di prima pioggia dell’impianto portuale e sulla relazione tecnica in cui “non erano previsti i rottami ferrosi tra i tipi di materiali per i quali l’impianto di bonifica dell’acqua di prima pioggia era autorizzato a trattare i percolamenti”. L’impianto di raccolta inoltre è risultato inutilizzabile, “perché il carico enorme dei rottami ferrosi aveva completamente ostruito le grate di raccolta dell’impianto di prima pioggia”.
Altre discrasie sono emerse relativamente alle nove aziende conferitrici dei materiali ferrosi. Se dal punto di vista amministrativo e documentale sono risultate tutte in regola, le alterazioni riguardavano i “quantitativi riportati da tali ditte nella dichiarazione di conformità iniziale dei singoli carichi e la dichiarazione di conformità finale”. Per quanto riguarda le autorizzazioni relative all’area portuale è emerso che il canone per l’autorizzazione provvisoria rilasciata era dieci volte inferiore rispetto al canone previsto per la banchina in cui i materiali sono stati posti. Inoltre la scelta dell’area individuata, ad un solo metro dal ciglio della banchina, è risultata in contraddizione con precedente ordinanza “che impediva il rilascio di autorizzazioni per lo stoccaggio delle merci nella fascia di 30 metri dal ciglio di banchina”. A seguito di tutte queste evidenze la Procura di Cassino ha agito nei confronti di quattro persone fisiche e tre giuridiche.
Sollecitato dalle domande dei commissari, il Comandante Meoli specifica che le nove ditte cui fa riferimento nella ricostruzione della vicenda avevano ricevuto mandato da un terzo soggetto, un broker che è stato oggetto di provvedimenti dall’autorità giudiziaria. Coinvolta nella vicenda una società di Malta che è risultata essere, parole del Comandante, “una scatola vuota, un ripostiglio”. Non risultano dalle indagini elementi di collegamento con la criminalità organizzata. A precisa domanda sulle attività di bonifica, il Comandante spiega essere stato effettuato un intervento di recupero dei materiali ferrosi finiti in mare. Le analisi relative alla presenza di percolato di ossido nel bacino di Gaeta, specifica Meoli, non hanno riscontrato valori preoccupanti che necessitassero di un intervento di bonifica specifico.
I provvedimenti della Procura. Il Procuratore della Repubblica D’Emmanuele ha integrato quanto già illustrato dal Comandante Meoli. In merito all’indagine chiusa lo scorso mese di dicembre, con una serie di richieste di rinvio a giudizio, sarebbe emerso ”un sistematico asservimento dei pubblici poteri facenti capo al dirigente della locale Autorità portuale”, raggiunto da misura interdittiva, “agli interessi di privati cittadini, e in particolare del legale rappresentante della Interminal”, società affidataria dell’ingente quantitativo di materiale ferroso. La Procura ha individuato una responsabilità amministrativa delle persone giuridiche “derivante dai reati ambientali” e presentato una richiesta di sequestro preventivo finalizzata alla confisca, accompagnata da altra richiesta di sequestro preventivo per i reati di pubblica amministrazione, nello specifico la corruzione. Il Tribunale del Riesame di Frosinone ha successivamente disposto i dissequestri e la Procura di Cassino ha presentato ricorso in Cassazione verso tale decisione.
La situazione sul territorio di Cassino. A specifica domanda del Presidente della Commissione su altri contesti relativi al ciclo dei rifiuti, il Procuratore riferisce che sulla situazione della discarica di Roccasecca, la quale presenta delle “problematicità”, e su eventuali interramenti di rifiuti nella zona di Cassino, sono in corso delle attività investigative. Sollecitato da un commissario riguardo al possibile trasporto di petcoke all’interno del porto di Gaeta, il Procuratore sottolinea che attualmente “l’attività all’interno del porto è monitorata e non presenta delle problematicità per l’arrivo e l’uscita del materiale dal porto di Gaeta”.
(ultimo aggiornamento 24 marzo 2016)
(A cura di Claudio Forleo, giornalista professionista)