Da alcuni segnali che abbiamo raccolto, abbiamo la sensazione che stia per abbattersi su Itri,in provincia di Latina – e,in particolare,sull’area di Licciano- una nuova ondata di speculazione edilizia.Bloccata con difficoltà nei tempi trascorsi,temiamo che siano ritornati all’attacco soggetti che dispongono di ampie possibilità economica di dubbia provenienza pronti ad approfittare della fragilità della politica e delle istituzioni locali e pontine che a tutto pensano fuorché alla difesa del territorio dall’ingordigia di gente senza scrupoli venuta dalla Campania in particolare già presente nel sud pontino.Un territorio già abbondantemente devastato,come dimostra l’operazione della DDA di Roma qui riportata e che sembra non aver insegnato a taluni a comportarsi in maniera conforme al rispetto delle leggi ed agli interessi della collettività..Allertiamo le istituzioni pontine – ed in particolare la Prefettura di Latina – perché non succeda quello che si é verificato decine di volte finora e perché esse non possano giustificarsi dicendo “non sapevamo”,
L’Associazione Caponnetto ha già fatto,come é sua abitudine,quello che va fatto in situazioni del genere.
Associazione A.Caponnetto
Torna allo Stato l’impero del clan Mallardo: confische a Fondi, Formia e Minturno
“Le complesse indagini di polizia economico-finanziaria, avviate nel 2012 – riporta la nota delle Fiamme Gialle – ha consentito di accertare come la feroce operatività criminale del clan sia stata nel tempo orientata, oltre che al finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, prevalentemente al controllo – realizzato con la partecipazione finanziaria o con la riscossione di quote estorsive – delle attività economiche di rilievo”. Le mani della malavita, insomma, erano arrivate sull’edilizia come sugli appalti, sulle forniture pubbliche come sul commercio all’ingrosso in varie zone d’Italia. In tal senso, emblematica è la definizione accademica del’“impresa camorrista” resa da un noto pentito di camorra secondo il quale il clan Mallardo non imponeva il pizzo estorsivo ma gli esponenti di rilievo di tale organizzazione camorristica entravano di fatto in società con gli imprenditori. “Le attività avevano una parvenza di liceità – conclude la nota della finanza – mentre i camorristi partecipavano direttamente ai guadagni, riuscendo, contestualmente, a reimpiegare i proventi derivanti da altre attività delittuose”.