REGGIO CALABRIA – Un patrimonio da 19 milioni di euro è stato sequestrato a Giuseppe Chirico, un imprenditore operante nel settore della grande distribuzione alimentare. A porre i sigilli ai beni, vincolati nelle province di Reggio Calabria e Cosenza, la Guardia di finanza che, con il coordinamento della Procura di Reggio, ha eseguito un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale. Chirico nel maggio 2016 è stato fermato nell’ambito dell’operazione “Fata Morgana” per «per essersi posto quale imprenditore espressione della ‘ndrangheta nel settore della grande distribuzione alimentare, usufruendo, in particolare, del costante e continuativo appoggio delle cosche Tegano e di quella ramificazione della cosca Condello, operante nel quartiere di Gallico, già facente riferimento al defunto Domenico Consolato Chirico, per poi ampliare i propri interessi e proiezioni anche fuori dal quartiere di Gallico e dello stretto ambito commerciale, infiltrandosi nelle settore delle aste immobiliari».
Secondo gli inquirenti Chirico tentò di entrare nel consorzio dei commercianti del centro “Perla dello Stretto” di Villa San Giovanni su cui l’imprenditore rivale, Emilio Angelo Frascati, vantava prelazioni. Per raggiungere il suo scopo Chirico e farlo rinunciare ad alcuni spazi del centro commerciale, si rivolse all’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentare, considerato nell’inchiesta «uno dei maggiori rappresentanti del sistema di potere criminale che governa di fatto le dinamiche cittadine». Ma il ruolo di Chirico è legato anche da altre vicende: l’imprenditrice Brunella Latella che aveva avviato numerosi supermercati a Reggio Calabria, è stata “costretta” a fallire per l’asfissiante pressione della ‘ndrangheta. Chirico infatti si sarebbe servito delle sue conoscenze mafiose per estromettere Latella dal settore alimentare.
Oggi viene ancora una volta evidenziata la sproporzione esistente tra i redditi dichiarati e il patrimonio accumulato nel tempo, «frutto del provento di attività illecite». Tra i beni sequestrati la Soral S.a.s. – società reggina alimentari di cui era socio e amministratore, che gestisce vari ipermercati, indicata «quale “ditta di riferimento”, e pertanto da considerarsi “impresa mafiosa” i cui proventi reddituali sono da considerare illecitamente percepiti».
Il Mattino, Venerdì 28 Luglio 2017