Cerca

Voto di scambio con la mafia, l’inchiesta che sconvolge il Molise

Voto di scambio con la mafia, l’inchiesta che sconvolge il Molise

28 gennaio 2019

«Scambio elettorale politico mafioso»: in Molise sono stati aperti due procedimenti penali.
La notizia emersa spulciando la relazione resa dal procuratore generale Guido Rispoli durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario ha generato clamore, preoccupazione, sgomento e curiosità. Curiosità soprattutto negli ambienti politici dove è partita prima di ogni altro luogo la caccia agli indagati.
L’inchiesta, coperta dal massimo riserbo, è, per una regione come il Molise, assai inquietante.
Dalle pochissime informazioni trapelate, i fatti sui cui la Distrettuale antimafia ha acceso i riflettori sarebbero accaduti in provincia di Isernia e i fascicoli sarebbero stati affidati al Raggruppamento operativo speciale (Ros) dei Carabinieri di Roma. Circostanza, quest’ultima, che accentua ancor di più quanto sia ormai stato sfatato il mito dell’isola felice.

È la prima volta – scrive il procuratore generale – che sono stati iscritti due procedimenti penali per il reato di cui all’articolo 416-ter del Codice. Ovvero, «scambio elettorale politico mafioso».
Il periodo a cui fa riferimento la relazione di Rispoli è il 2018. I molisani sono stati chiamati alle urne due volte (tre, includendo le amministrative) nell’arco di pochi giorni: a marzo per il rinnovo del Parlamento e ad aprile per le regionali.
L’articolo 416-ter del Codice penale fa riferimento a chi «accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis (associazione mafiosa) in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità» e prevede una pena alla reclusione «da sei a dodici anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma».
Va da sé che secondo le ipotesi investigative qualcuno tra i candidati delle elezioni politiche o regionali ha accettato voti ben sapendo che gli stessi sarebbero stati procurati con modalità e da persone appartenenti ad associazioni mafiose.
Per quanto i fatti siano abbastanza datati, la cortina che avvolge il procedimento è ancora spessa e impenetrabile, come d’altronde impone un caso così importante e delicato.
Alla notizia si sono interessate le maggiori agenzie di stampa, tra cui l’Ansa e l’Adnkronos, che tuttavia non sono riuscite ad ottenere ulteriori particolari rispetto a quelli fin qui emersi. Molteplici anche le condivisioni e i commenti social.
Nell’assoluta incertezza sull’identità di chi si è macchiato della presunta condotta delittuosa e di come finirà il procedimento – che è nella fase istruttoria e potrebbe quindi concludersi anche con un nulla di fatto – c’è una certezza: la sola ipotesi di reato – per un territorio dove tutto sommato ci si conosce un po’ tutti e la criminalità organizzata e ben controllata da Procure e forze dell’ordine – è oltremodo raccapricciante.
È la stessa politica, i partiti, i movimenti, gli schieramenti, le liste civiche, chiunque abbia avuto a che fare con le candidature sia delle elezioni politiche sia di quelle regionali, a dover avviare un ragionamento al proprio interno e agire con ogni mezzo affinché il benché minimo sospetto sia portato all’attenzione della Procura che sta indagando.
Preservare il Molise dal malaffare è un dovere di chi amministra (o di chi si era proposto di farlo), così come è un diritto dei molisani vivere in una terra libera dalle mafie.

Fonte:http://www.primopianomolise.it/