Il Fatto Quotidiano, 3 Luglio 2020
“Fretta di Graviano per l’attentato all’Olimpico legata alla discesa in campo di Berlusconi?”: l’ipotesi del procuratore di Reggio Calabria
Nella sua requisitoria nel processo ’Ndrangheta stragista, iniziata la settimana scorsa dopo che la Corte d’Assise ha chiuso l’istruttoria dibattimentale, il pm Giuseppe Lombardo ha più volte fatto riferimento al legame che, dalle carte del procedimento, emerge tra la nascita di Forza Italia, nel gennaio 1994, e la decisione del boss di Brancaccio di dare “il colpo di grazia” con la tentata strage di Roma in cui sarebbero dovuti morire 55 carabinieri
di Lucio Musolino
“Non è che la fretta di Graviano per portare a termine il fallito attentato all’Olimpico era legata al fatto che la settimana dopo sarebbe stata annunciata la discesa in campo di Berlusconi?”. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo lo ha detto esplicitamente durante la requisitoria nel processo ’Ndrangheta stragista, iniziata la settimana scorsa dopo che la Corte d’Assise ha chiuso l’istruttoria dibattimentale. Nel corso del suo intervento, il pm ha più volte fatto riferimento al legame che, dalle carte del processo, emerge tra la nascita di Forza Italia, nel gennaio 1994, e la decisione del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano di dare “il colpo di grazia” con la tentata strage dell’Olimpico. “Abbiamo il Paese nelle mani. Bisogna dare il colpo di grazia”. Questa la frase che sarebbe stata detta da Graviano al pentito Gaspare Spatuzza. Stando al verbale del collaboratore di giustizia, Giuseppe Graviano la pronunciò all’indomani dell’omicidio dei due carabinieri Fava e Garofalo per il quale oggi il boss di Brancaccio e l’esponente della cosca Piromalli, Rocco Santo Filippone, sono imputati con l’accusa di essere i mandanti di quell’attentato, consumato il 18 gennaio 1994 e degli altri due agguati contro i carabinieri avvenuti il primo dicembre 1993 e il primo febbraio 1994.
Secondo l’impianto accusatorio della Dda di Reggio Calabria, quegli attentati rientrano nella cosiddetta “strategia stragista” nell’ambito della quale “il ruolo della ‘ndrangheta non è stato secondario ma è servito a far capire che Cosa nostra non era sola. Il collaboratore Gaspare Spatuzza non mente su nulla. Ha spazzato via falsità. Il percorso di ricostruzione di quella stagione è stato minato da una serie di devianze che lo hanno trasformato in un cammino estremamente accidentato e difficile”. Ritornando alla frase (“Abbiamo il Paese nelle mani. Bisogna dare il colpo di grazia”), Graviano l’ha detta a Spatuzza mentre i due si trovavano al bar Doney dove gli ha rivelato, inoltre, che i calabresi si erano “già mossi”. “Che senso ha il colpo di grazia se hai già il Paese nelle mani?” si è chiesto il pm. La spiegazione l’ha fornita lo stesso Graviano quando, nei mesi scorsi, durante il suo interrogatorio ha risposto alle domande del procuratore Lombardo. “È il contributo dichiarativo che Graviano ha voluto dare in questo processo – aggiunge il pm – C’è un passaggio che noi, da italiani, non possiamo far finta di non aver sentito: ‘Mi chiesero di non fare cessare le stragi’. Ecco qual è la spiegazione. Ecco che cosa Graviano ci è venuto a raccontare rispondendo a determinate domande quando poteva non farlo. Ecco come si collega il ‘colpo di grazia’”.
Dopo l’omicidio dei due carabinieri Fava e Garofalo in Calabria, la mossa di Graviano doveva essere la bomba dell’Olimpico. Il progetto di attentato, però, in quelle ore ha subito un’accelerazione che potrebbe essere collegata ad altri ambienti: “Verosimilmente tra il 23 ed il 30 gennaio 1994 in Italia doveva succedere qualcosa. Trovate voi cosa – ha affermato il procuratore Lombardo rivolgendosi ai giudici della Corte d’Assise – Rimaniamo tutti in prudente attesa che anche su questo fronte si possano dare risposte. Se tra il 23 e il 30 gennaio doveva succedere qualcosa, Graviano lo sapeva e per questo aveva fretta. La distanza tra il bar Doney e l’hotel Majestic è di 120 metri. Come direbbe Lucarelli: questa è un’altra storia. Ma non è un’altra storia”. Il riferimento è chiaro ed è alla nascita di Forza Italia, avvenuta proprio in quei giorni a poche centinaia di metri dal bar Doney dove Graviano ha dato ai suoi l’ordine di uccidere i 55 carabinieri con la strage dell’Olimpico. Incrociando la mole di elementi raccolti dalla Procura, durante le indagini e in quasi tre anni di processo, il pm ha parlato di accordi tra Graviano e qualcuno che, evidentemente, ha avuto un ruolo nella strategia stragista. Pochi giorni dopo il fallito attentato, il 27 gennaio 1994 il boss di Brancaccio e suo fratello Filippo furono arrestati dai carabinieri a Milano. “Lo sappiamo benissimo che è arrabbiato per il suo arresto – dice il procuratore aggiunto Lombardo in aula – Lui non se lo aspettava nella misura in cui lui aveva preso degli accordi. La rabbia ci consente di comprendere che gli accordi non comprendevano la sua cattura. Graviano ci dice che lui è stato venduto. Alla cattura di Graviano si è arrivati attraverso una fonte confidenziale utilizzata in maniera assolutamente legittima”.