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Fincen Files, ecco i boss mondiali del riciclaggio: denaro sporco per duemila miliardi

L’Espresso

Fincen Files, ecco i boss mondiali del riciclaggio: denaro sporco per duemila miliardi

Fiumi di soldi sospetti per gli oligarchi di Putin, uomini di Trump, amici di Erdogan, narcos sudamericani, dittatori africani. E per il banchiere kazako che fece tremare il governo italiano. Ecco la nuova inchiesta internazionale dell’Espresso con il consorzio Icij

di Paolo Biondani e Leo Sisti

07 FEBBRAIO 2021

«Trasferimenti bancari sospetti» per cifre enormi: più di duemila miliardi di dollari. Fiumi di denaro sporco, incanalati da società offshore, fiduciari-prestanome e banche compiacenti, che hanno arricchito oligarchi russi amici di Putin, uomini di Trump, evasori europei, dittatori africani e asiatici, politici sudamericani, trafficanti di droga e armi, criminali di ogni risma. Con tesori nascosti nei paradisi fiscali, che ora portano anche in Italia. Mentre in tutto il mondo gli Stati nazionali perdono tasse e hanno sempre meno soldi per finanziare ospedali, scuole e servizi essenziali per i cittadini.

Fincen Files è il nome in codice di una grande inchiesta giornalistica internazionale sulle centrali mondiali del riciclaggio di denaro sporco, che l’Espresso pubblica a partire da oggi in esclusiva per l’Italia. Si fonda su documenti riservati del Tesoro americano, ottenuti da BuzzFeed News e condivisi con il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij): oltre 2.100 rapporti elaborati dal Fincen (Financial crimes enforcement network), l’agenzia anti-riciclaggio degli Stati Uniti, dal 2000 al 2017. In codice si parla di Sar (Suspicious activity report): segnalazioni di attività sospette. In sedici mesi di lavoro, oltre 400 giornalisti di 88 nazioni hanno potuto analizzare bonifici sospetti per un totale di ben 2.099 miliardi di dollari. Un troncone dell’inchiesta riguarda Danske Bank, la banca danese al centro di uno scandalo di riciclaggio da oltre 200 miliardi di euro: qui è l’Espresso ad aver procurato i documenti al consorzio.

Le cifre complessive dei Fincen Files sono impressionanti: solo Deutsche Bank ha gestito operazioni di sospetto riciclaggio per circa 1.300 miliardi di dollari. La banca tedesca è al primo posto per numero di segnalazioni, che riguardano soprattutto il decennio d’oro della finanza offshore, quando il colosso era guidato dallo svizzero Josef Ackermann, licenziato nel 2012 dopo svariati scandali. A seguire, nella classifica dei Fincen Files, compaiono Jp Morgan Chase (514 miliardi), Standard Chartered (166 miliardi), Bank of New York Mellon (64 miliardi) e decine di altri istituti con cifre minori. Nelle carte spuntano anche conti bancari italiani, che interessano soprattutto orafi di Arezzo, imprese petrolifere liguri e aziende lombarde di materiali ferrosi.

Nei Fincen Files più delicati compaiono tutti i miliardari russi più vicini al presidente Vladimir Putin, come Arkady, Igor e Boris Rotenberg, collegati a operazioni di sospetto riciclaggio per miliardi di dollari, che loro smentiscono. Le carte americane mostrano che una parte di questi soldi è finita in Italia, per comprare ville da favola e alberghi di lusso. Ma altri bonifici milionari, finora sconosciuti, hanno beneficiato personaggi legati a Donald Trump, come Michal Flynn, l’ex ministro che si è dimesso per il Russiagate, Paul Manafort, primo stratega della campagna elettorale del 2016, poi condannato per frode fiscale, e altri uomini del presidente. Tutte le persone menzionate negli articoli sono state informate in anticipo di quanto emerso e hanno avuto diritto di replica.

Tra centinaia di affari scottanti, diverse storie interessano l’Italia. Come la scoperta di un tesoro nascosto nei paradisi fiscali dall’ex banchiere kazako Mukhtar Ablyazov, il marito di Alma Shalabayeva: la signora, presentata come moglie di «un dissidente», «perseguitato politico» dal corrotto regime asiatico, nel 2013 riuscì a far annullare la sua espulsione dall’Italia, che aveva scatenato un’ondata di polemiche contro la polizia italiana, l’allora ministro Angelino Alfano, l’Eni che lavora in Kazakhstan, l’intero governo presieduto da Enrico Letta. Ora i Fincen Files documentano che Ablyazov, già condannato in Kazakhstan per aver svuotato le casse della banca Bta, ma di fatto libero e rifugiato a Parigi, ha trasferito più di 600 milioni di dollari all’estero, utilizzando società offshore mai dichiarate. Decine di questi milioni sono stati reinvestiti negli Stati Uniti, attraverso un uomo d’affari americano che ha lavorato per decenni con Trump in grandi operazioni immobiliari. Venti giorni fa il consorzio ha inviato una lunga lista di domande a tutti gli interessati: da Ablyazov e da sua figlia Madina, per ora, nessuna risposta.

I Fincen Files descrivono trasferimenti segreti di denaro che coinvolgono tutto il mondo e spesso rivelano verità inconfessabili. Traffici di armi da guerra tra Russia, Israele e Azerbaijan. Fedelissimi del presidente turco Erdogan che riciclano miliardi di dollari a favore dell’Iran. Politici ucraini che svuotano le casse di società minerarie statali, mentre i minatori muoiono a decine per crolli provocati da attrezzature fatiscenti. Droghe chimiche che fanno strage di giovani in Europa e Stati Uniti, mentre narcotrafficanti e spacciatori spostano soldi nei paradisi fiscali con un clic sul telefonino.

Al centro dell’inchiesta c’è soprattutto il ruolo delle grandi banche internazionali. Ai quesiti aperti dall’inchiesta giornalistica, tutte rispondono di aver sempre rispettato sempre la legge. Anzi, precisano che sono proprio i loro organi di controllo a denunciare al Fincen i casi di riciclaggio. I documenti del Tesoro però illuminano anche il lato oscuro del sistema finanziario. Banche che lanciano l’allarme sui bonifici più anomali, ma non li fermano. O si svegliano con anni di ritardo, quando scoppia uno scandalo e i tesori sono ormai spariti. E colossi bancari costretti a risarcire centinaia di milioni, o miliardi, dopo aver ammesso di riciclato per anni soldi sporchi di mafiosi, terroristi, evasori e criminali di ogni tipo. Il riciclaggio di denaro sporco, secondo gli esperti consultati dal consorzio, potrà essere frenato solo mettendo al bando in tutto il mondo le cosiddette offshore: società di comodo che non pagano le tasse e permettono ai titolari di restare anonimi.