Il Fatto Quotidiano
Capaccio Paestum, tra camorra e bare esposte: le intercettazioni con l’uomo delle pompe funebri
Le pressioni dei clan sull’amministrazione comunale della città dei Templi. Lettera al ministro Lamorgese e al presidente della commissione Antimafia Morra per accendere un faro sul paese campano. La foto di Berlusconi col figlio del boss
di Vincenzo Iurillo | 18 FEBBRAIO 2021
Capaccio Paestum, notte tra il 9 e il 10 giugno 2019. Mentre un corteo di ambulanze festeggia a sirene spiegate l’elezione a sindaco del signore delle fritture di pesce e braccio destro del governatore Vincenzo De Luca, il dem Franco Alfieri, davanti allo studio medico dello sconfitto Vincenzo Sica qualcuno espone delle casse funebri. “Ricordo di questo episodio che mi fu riferito da alcuni miei conoscenti” dice Sica in un verbale del 13 novembre 2019 davanti agli agenti della Squadra Mobile di Salerno, agli ordini del dottor Marcello Castello. “Non ho ricevuto nessun tipo di minaccia nel corso del mandato comunale” aggiunge Sica, che sta rispondendo a domande sulla regolarità degli appalti comunali. A Giustizia di Fatto aggiunge: “L’episodio mi fu riferito, non l’ho visto coi miei occhi e non ho certezze se sia accaduto davvero”.
Riavvolgiamo il nastro a due anni prima, al 9 giugno 2017. Quel giorno Emanuell Marandino, il figlio del boss della piana del Sele Giovanni Marandino, posta una foto mentre stringe la mano a Silvio Berlusconi. Le elezioni comunali di Capaccio Paestum sono imminenti, si vota l’11 giugno. Il giorno dopo la foto col Cavaliere, il 10 giugno, Marandino jr – arrestato due settimane fa insieme al padre con accuse di usura per fatti commessi tra il 2015 e il 2019, tra gli indagati una ex consigliera comunale, tra le vittime un ex candidato sindaco – pubblica la foto di un facsimile elettorale. Invita a votare un lontano parente, Francesco Marandino, totalmente estraneo alle vicende del clan, candidato in una delle tre liste civiche guidate da Francesco Sica (fratello di Vincenzo), un esponente di Fratelli d’Italia. Francesco Marandino non verrà eletto, Francesco Sica al ballottaggio del 25 giugno appoggerà uno dei candidati del centrosinistra, Franco Palumbo, e ne diventerà assessore. Palumbo decadrà un anno e mezzo dopo per le dimissioni di nove consiglieri, pochi mesi dopo morirà per una grave malattia. E’ stato l’ultimo sindaco di Capaccio Paestum prima della vittoria di Franco Alfieri.
Eccoli, i due capitoli finora inediti del romanzo delle pressioni della camorra e della criminalità sull’amministrazione comunale della città dei Templi. A cominciare da quello delle bare davanti all’ufficio del capo dell’opposizione ad Alfieri. L’informativa della Mobile le interpreta così: “Il gesto, che senza dubbio è da ritenersi un atto intimidatorio nei confronti del neo eletto consigliere di opposizione, potrebbe ricondursi sempre a Roberto Squecco ed alle sue attività di pompe funebri, attesa le modalità con cui sono avvenuti i fatti”.
Squecco è l’uomo che quella notte guidava il corteo di ambulanze esultanti per Alfieri, ma è anche un imprenditore dei servizi funerari. Condannato con sentenza definitiva per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso a un rivale delle pompe funebri, Squecco è ritenuto un uomo vicino al clan Marandino della Piana del Sele e in seguito alla condanna inizierà ad essere colpito da sequestri e interdittive antimafia. Quella notte, oltre alla vittoria di Alfieri, festeggiava anche l’elezione a consigliere comunale di sua moglie, Stefania Nobili. La prima eletta in una lista del neo sindaco.
Il 20 gennaio Squecco e Nobili sono stati arrestati con accuse di riciclaggio e reintestazione fittizia di beni con l’aggravante mafiosa riguardo la gestione delle onlus titolari delle ambulanze fatte sfrecciare quella notte. Il pm Francesca Fittipaldi, sostituto della Procura di Salerno guidata da Giuseppe Borrelli, ha depositato al Riesame anche il verbale di Sica, ed intercettazioni e informative che ricostruiscono pezzi dei rapporti tra Squecco e Alfieri. In qualche caso mediati dall’ex vice sindaco di Albanella, Pasquale Mirarchi, indagato per turbativa d’asta, arrestato nel maggio 2019 durante una perquisizione per colpa del rinvenimento di un’arma con la matricola abrasa.
Anche Alfieri – non indagato in questo procedimento ma indagato in un altro fascicolo con accuse di voto di scambio politico-mafioso per fatti risalenti a quando era sindaco di Agropoli – è stato intercettato. Ci sono tre pagine di brogliacci delle sue telefonate e di qualche sms. Uno lo leggerete in un articolo a parte.
Il testo unico delle leggi dell’ordinamento sugli enti locali indica all’articolo 143 le condizioni di scioglimento di un comune per fenomeni di infiltrazione o condizionamento mafioso. Viene disposto quando “emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori (…) ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”. Per accertare l’esistenza o meno di questi elementi, il prefetto nomina una commissione di accesso agli atti amministrativi. Inizia così un iter che si perfeziona con la redazione delle conclusioni, una relazione del prefetto al Viminale, la decisione del governo.
Noi di Giustizia di Fatto stiamo studiando con attenzione i documenti delle inchieste intorno a Squecco e ad Alfieri. Dall’analisi di queste carte, riteniamo che ci siano le condizioni per nominare una commissione d’accesso al Comune di Capaccio Paestum che avvii questi accertamenti. Doverosi, a nostro avviso, in presenza di sospetti così gravi e di episodi come quello delle casse da morto.
Aggiungendo un’altra circostanza, antecedente alle elezioni comunali. Avvenuta nel 2018. Anche questa inedita. Riguarda il Lido Kennedy di Paestum, una delle proprietà dell’impero imprenditoriale di Squecco. Ufficialmente intestato alla moglie, il 20 marzo 2018 lo stabilimento balneare è sequestrato nell’ambito di un provvedimento antimafia ai danni di Squecco. Che a quel punto si rivolge a Mirarchi. E’ un amico, con lui ha spesso discusso di progetti comuni. Ma soprattutto “è politicamente vicino ad Alfieri”, si legge nell’informativa. Ed è vero, Mirarchi tra l’altro è stato uno dei 400 amministratori firmatari di un documento di sostegno alla candidatura di Alfieri nella lista Pd alle politiche. Il 31 marzo e il 1 aprile Squecco e Mirarchi si sentono spesso. Squecco gli chiede di “aiutarlo” con un “intervento” su Alfieri.
Il 2 aprile Mirarchi chiama Alfieri e i due fissano un appuntamento per il giorno successivo a Ponte Barizzo, quando Alfieri sarà tornato da Napoli, dove lavora come consigliere per il governatore De Luca ai fondi dell’agricoltura. Grazie alle intercettazioni è possibile dimostrare che l’incontro tra Mirarchi e Alfieri è avvenuto poco prima delle 18 del 3 aprile 2018. Venti minuti dopo, Mirarchi è a Paestum. Per incontrare Squecco. I due colloquiano in macchina. La cimice registra. Mirarchi riferisce a Squecco l’esito del colloquio con Alfieri.
Mirarchi: “Però ti posso dire una cosa… non ci andiamo Robè…. Ha detto un giorno di tempo… dammi un giorno… perché ho detto Fra’… io voglio un piacere da te… ho detto… non mi… non mi… cioè questo mi serve veramente… perché non voglio che lo strappato… il cane morde sempre lo strappato… il cane morde sempre lo strappato… qua per un problema… un problema di una stupidaggie… a questo (Squecco, ndr) lo vogliono rovinare di tutte le maniere… io sono disposto pure io ad entrare io al posto di Roberto… mi dare giusto due giorni di tempo e vedo come com’ la cosa e poi ti spiego…”
Squecco: “Quello poi pensa che e’ intestato a me”
Mirarchi:”Ma no! … lo sa che e’ intestato a tua moglie …. io gliel’ho detto guarda …. il lido e’ intestato alla moglie incompr …. gliel’ho detto gia’ … non ti preoccupare”
Squecco: “Aspettiamo due giorni e vediamo”
Mirarchi:”Aspettiamo che dice”
Squecco: “Pero’ ci dobbiamo dare addosso ue ‘pasquale … ”
Mirarchi: “Si ti ho detto di si”
Squecco: “Perche’ se no questo si scorda…”
Un anno dopo, nella primavera 2019, Alfieri sceglierà il Lido Kennedy per inaugurare la sua campagna elettorale da candidato sindaco di Capaccio Paestum, insieme alla candidata consigliera Stefania Nobili, la moglie di Squecco. Che gli porterà in dote 348 voti.
Sentito come testimone in Questura il giorno dopo le elezioni vinte da Alfieri, il consigliere regionale M5s Michele Cammarano mette a verbale: “Mi è stato riferito da miei conoscenti che nella circostanza (l’iniziativa elettorale di Alfieri al Lido Kennedy, ndr) era presente anche il deputato Piero De Luca (il figlio del governatore, ndr), il quale sì sarebbe recato anche presso il comitato elettorale, non so se sì trattasse della stessa occasione. Sempre miei sostenitori mi hanno riferito che nella notte del 10 giugno erano presenti ai festeggiamenti, tenuti nella sede del comitato elettorale di Franco Alfieri, membri di alcune famiglie locali, tra i quali quelli delle famiglie dei Fabbrocino, dei Montichiari e dei Marotta”. Cammarano riferisce notizie apprese da sostenitori. Uno dei quali è stato trovato da Giustizia di Fatto: “C’erano le foto sulla pagina Fb del Lido – ci ha detto – poi furono tolte”. Le opposizioni nei giorni scorsi hanno scritto al ministro Lamorgese e al presidente dell’Antimafia Morra, per chiedere che si accenda un faro su Capaccio.