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Una morte assurda ed oscura. Lesi i diritti dei cittadini. Occorre chiarezza completa

La morte di Stefano Cucchi vuole risposte chiare
Cronaca di un incubo senza risposte, che getta un’ombra pesante sullo Stato di diritto in Italia. Una morte tragica, sospetta che richiede risposte dalla magistratura, dall’amministrazione penitenziaria, dai carabinieri, dai medici del nosocomio romano Pertini e dalla Asl competente

Giovedì 15 ottobre 2009
Verso le ore 23.30 Stefano Cucchi viene fermato dai carabinieri nel parco degli
acquedotti, a Roma.

Venerdì 16 ottobre
Alle ore 1.30 del mattino si presentano, con Stefano, presso l’abitazione della famiglia
Cucchi in via Ciro da Urbino, due uomini in borghese, poi qualificatisi come carabinieri
e altri due carabinieri in divisa della caserma dell’Appio Claudio. Iniziano a perquisire
la stanza di Stefano mentre questi tranquillizza la madre dicendole “tranquilla, tanto
non trovano nulla”. In effetti nulla trovano nella sua stanza, rinunciando a perquisire
il resto dell’appartamento e dello studio, pur dopo l’invito della famiglia a procede. I
carabinieri a loro volta tranquillizzano i familiari, dicendo che Stefano è stato
sorpreso con poca “roba” addosso (20 gr. principalmente marijuana, poca cocaina e due
pasticche, secondo alcune notizie filtrate da ambienti delle forze dell’ordine e degli
inquirenti, “di ecstasy”: secondo il padre “di Rivotril”, un farmaco salvavita contro
l’epilessia, regolarmente prescrittogli dal medico curante). I carabinieri comunicano
inoltre che l’indomani alle 9 si sarebbe celebrato il processo per direttissima nelle
aule del tribunale di Piazzale Clodio. Alle ore 12 circa del mattino Stefano arriva in
aula scortato da quattro carabinieri. Il suo volto è molto gonfio, in contrasto
impressionante con la sua magrezza (i genitori affermano che il suo peso prima
dell’arresto è di circa 43 kg) e presenta lividi assai vistosi intorno agli occhi.
Durante l’interrogatorio del giudice, si dichiara colpevole di “detenzione di sostanze
stupefacenti, ma in quanto consumatore”. Stefano alle 13 circa viene condotto via,
ammanettato, dai carabinieri, dopo la sentenza di rinvio a giudizio (udienza fissata per
il prossimo 13 novembre) con custodia cautelare carceraria. Alle ore 14 viene visitato
presso l’ambulatorio del palazzo di Giustizia, dove gli vengono riscontrate “lesioni
ecchimodiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente” e dove Stefano dichiara
“lesioni alla regione sacrale e agli arti inferiori”. I carabinieri lo conducono quindi a
Regina Coeli affidandolo alla custodia della Polizia penitenziaria. All’ingresso in
carcere viene sottoposto a visita medica che evidenzia la presenza di “ecchimosi sacrale
coccigea, tumefazione del volto bilaterale orbitaria, algia della deambulazione”. Viene
quindi trasportato all’ospedale Fatebenefratelli per effettuare ulteriori controlli: in
particolare radiografie alla schiena e al cranio, non effettuabili in quel momento
all’interno dell’istituto penitenziario. In ospedale viene diagnosticata “la frattura
corpo vertebrale L3 dell’emisoma sinistra e la frattura della vertebra coccigea”.

Sabato 17 ottobre
Nel corso della mattinata viene nuovamente visitato da due medici di Regina Coeli i quali
ne dispongono nuovamente il trasferimento al Fatebenefratelli. Da qui, nel corso della
mattinata (ore 13,15), viene trasferito all’ospedale Sandro Pertini. La famiglia viene
avvisata del ricovero di Stefano solo alle ore 21. Alle ore 22 circa i genitori si
presentano al pronto soccorso e vengono indirizzati al “padiglione detenuti”. Al piantone
viene chiesto se è possibile visitare il paziente, ma la risposta che viene data ai
familiari è: “questo è un carcere e non sono possibili le visite”. Alla precisa domanda
rivoltagli dai genitori: come sta Cucchi Stefano?, il piantone li fa attendere per poi
invitarli a ritornare il lunedì successivo (dalle 12 alle 14), per parlare con i medici.

Lunedì 19 ottobre
I genitori si recano alle ore 12 presso il padiglione detenuti e ripetono al piantone la
richiesta di visitare Stefano. Vengono fatti accomodare nel vestibolo, gli vengono presi
i documenti e nell’attesa chiedono a una sovrintendente appena uscita dal reparto quali
siano le condizioni di salute del figlio. La risposta della sovrintendente è: “il ragazzo
sta tranquillo”, ma ancora una volta viene negata ai genitori la possibilità di un
colloquio con i medici con la motivazione che l’autorizzazione del carcere non è ancora
arrivata. Di fronte all’insistenza dei genitori, che specificano di voler solo parlare
con i medici, e non anche avere un colloquio con il figlio, la stessa sovrintendente li
invita a ripresentarsi il giorno successivo, affermando che per l’indomani
l’autorizzazione sarebbe sicuramente arrivata.

Martedì 20 ottobre
Alle ore 12 i genitori si recano nuovamente al “Pertini”, ripetendo al piantone la
richiesta di visitare Stefano. Questa volta il piantone nega loro l’ingresso, dichiarando
– ed è la prima volta che viene detto esplicitamente – che “sia per i colloqui con i
detenuti sia per quelli con i medici occorre chiedere il permesso del Giudice del
Tribunale a Piazzale Clodio”.

Mercoledì 21 ottobre
Alle 12.30 il padre di Stefano, dopo una mattina passata in tribunale, ottiene il
permesso del Giudice della settima sezione per i colloqui. Decide di non andare a Regina
Coeli per farsi vistare il permesso in quanto l’ufficio competente chiude alle 12.45,
rimandando tutto al giorno successivo.

Giovedì 22 ottobre
Stefano Cucchi muore alle 6.20 di mattina. La certificazione medica rilasciata dal
sanitario ospedaliero parla di ‘presunta morte naturale’. Alle ore 12.10 un carabiniere
si presenta a casa Cucchi trovando solo la madre del ragazzo, essendosi il padre recato a
Regina Coeli per il visto, e chiede a questa di seguirlo in caserma per comunicazioni. La
signora non può, trovandosi sola con la nipotina, e così il carabiniere dichiara che
sarebbe tornato più tardi. Alle ore 12.30 alla madre di Stefano viene notificato il
decreto del Pm con cui si autorizza la nomina di un consulente di parte. È in questo modo
che la signora Cucchi viene a sapere della morte del figlio. Entrambi i genitori si
recano al Pertini dove il sovrintendente e il medico di turno dichiarano di “non aver
avuto modo di vederlo in viso in quanto si teneva costantemente il lenzuolo sulla
faccia”. Si precipitano quindi all’obitorio dell’istituto di medicina legale dove si
presenta loro un’immagine sconvolgente: il volto del figlio devastato, quasi
completamente tumefatto, l’occhio destro rientrato a fondo nell’orbita, l’arcata
sopraccigliare sinistra gonfia in modo abnorme, la mascella destra con un solco
verticale, a segnalare una frattura, la dentatura rovinata.

Venerdì 23 ottobre
Viene effettuata l’autopsia. Al consulente di parte, nominato dalla famiglia, non viene
consentito di scattare fotografie. Il corpo di Stefano Cucchi ora pesa 37 Kg

(Tratto da Aprileonline)