L’arrivo dei container e la complicità del portuale. L’arrivo in Toscana con 500mila euro: «Sono tanti soldi, li facciamo dare a uno alla volta»
Pubblicato il: 16/11/2021 – 17:54
di Francesco Donnici
REGGIO CALABRIA Se il porto di Gioia Tauro piange, quello di Livorno non ride. Questa è la sintesi di quanto emerge dal filone toscano dell’inchiesta “Nuova Narcos Europea”, che ha portato in tutto all’esecuzione di 104 misure cautelari in diverse regioni della penisola. Quattordici quelle emesse dal gip del capoluogo toscano su richiesta della locale procura antimafia. Dalle indagini emerge «un traffico di sostanze stupefacenti» consistente «nell’importazione di ingenti quantitativi di droga dal Sudamerica e fatti sbarcare al porto commerciale di Livorno». La compagine, avente ramificazioni internazionali, annovera anche esponenti «radicati sul territorio toscano». A questa conclusione, la Dda guidata da Giuseppe Creazzo, a fronte dell’indagine coordinata dal pm Eligio Paolini, giunge attraverso una serie di fatti che vengono evidenziati nell’ordinanza sottoscritta dal giudice Giampaolo Boninsegna.
I sequestri di cocaina e l’arrivo a Livorno di Rocco Molè
Tra gli episodi, gli inquirenti ne evidenziano alcuni «più significativi». È questo il caso dei sequestri di cocaina effettuati tra il 6 e l’8 novembre 2019. In quel periodo le attività investigative subiscono un’accelerazione «determinata dall’acquisita consapevolezza che il gruppo criminale indagato stava organizzandosi per prelevare un container (proveniente dal Brasile, ndr) in arrivo verso il porto labronico» contenente un carico di legname. Il quantitativo complessivo è di 430 panetti di polvere bianca per un totale di 464 chili. Le Squadre mobili di Firenze e Livorno, il 3 novembre, riescono a risalire al possibile arrivo dello stupefacente dopo aver intercettato un’automobile che si scoprirà essere intestata (sotto falsa identità) ad Emanuele Fonti, addetto al trasporto della sostanza per la compagine toscana. Per gli inquirenti ha un ruolo di «trait d’union tra le organizzazioni criminali committenti (cosca di Guardavalle e Pesce/Bellocco/Molè nella Piana) e i numerosi sodali incaricati anche del recupero della sostanza». Una volta giunto a Livorno, Fonti incontra un altro degli odierni indagati, Massimo Antonini descritto come il «referente principale dell’organizzazione nell’area di Livorno». Le operazioni allo scalo sono facilitate dalla presenza di Mario Billi, dipendente dell’area portuale «pienamente e consapevolmente coinvolto da Antonini in tutte le fasi preliminari fino ai vari tentativi di estrazione della sostanza stupefacente».
Il 4 novembre arrivano a Livorno anche altre persone. Due altre persone a bordo di una Jeep. Una di queste è Rocco Molè, classe 95, tra i principali indagati e ritenuto l’attuale reggente dell’omonima cosca dopo l’incarcerazione del padre, Girolamo. «La presenza di Molè fisicamente in Toscana funge da riscontro diretto dell’attività della cosca su quel territorio», diranno i magistrati della Dda di Reggio Calabria durante la conferenza stampa del 16 novembre. Tesi corroborata dalla presenza di altri due soggetti ritenuti anch’essi «referenti delle cosche della Piana» sul territorio toscano.
Il giovane presunto boss, in una conversazione, sostiene di aver portato con sé una somma di 500mila euro. «Siccome sono tanti soldi li facciamo dare a uno alla volta, capito! Questa è la…(inc.) vedi qua fai sta cosa e poi ti dico, poi l’altro la stessa cosa sempre gli stessi». Dalla captazione emerge come parte di quella somma fosse stata portata dal “rampollo” di Gioia Tauro in Toscana per essere utilizzata come ricompensa per tutti i soggetti coinvolti nell’operazione a condizione che la stessa si concludesse positivamente. Dall’arrivo registrato il 4 novembre, Molè si intratterrà in Toscana fino al successivo 6 novembre, giorno dell’intervento di Pg al porto per bloccare il carico di droga in arrivo. Attività che provocherà, a detta degli stessi sodali «una perdita di 15 milioni di euro». Da una conversazione intercettata l’8 novembre nell’appartamento di Emanuele Fonti (che parla col figlio Antonino) gli inquirenti vengono a conoscenza di un secondo quantitativo, posto sempre nello stesso container, ma non trovato durante la prima ispezione.
Destinatari di misura cautelare (emesse dal gip di Firenze)
RIITANO Francesco, classe 80
PALAMARA Mario, classe 69
IERACE Giuseppe Antonio, classe 79
FONTI Emanuele, classe 60
FONTI Antonino, classe 83
FONTI Elisa, classe 89
CELESTI Rosalia, classe 64
ANTONINI Massimo, classe 57
BILLI Mario, classe 79
FARIOLI Giordano, classe 60
CIONI Fabio, classe 60
CALLA’ Nicodemo Francesco, classe 54
CATALANO Antonio, classe 76
MOLE’ Rocco, classe 95
FICARRA Simone, classe 92