L’autista di Falcone: «Palermo omertosa e indifferente, si è svegliata dopo le stragi»
Costanza agli studenti di Latina racconta quando Falcone sfilò distrattamente le chiavi dell’auto poco prima dell’esplosione: «Se fossi stato io al volante si sarebbe salvato»
10 dicembre 2021 | 17:23
«A Palermo avvertivo l’omertà, il disinteresse. Dopo quelle stragi il cittadino comune si è svegliato, c’è stata una reazione, ma perché aspettare tanto?». Giuseppe Costanza, autista di Giovanni Falcone, unico sopravvissuto alla strage di Capaci, ha fatto dell’educazione alla legalità una missione. «Il silenzio è mafia, quando vedete qualcosa che non va denunciate. E da grandi mantenetevi persone corrette, non scendete a compromessi», ha detto parlando agli studenti dell’istituto Vittorio Veneto – Salvemini di Latina, dove fa tappa per presentare la mostra «L’eredità di Falcone e Borsellino», realizzata dall’ANSA con la Direzione Generale dello studente e il ministero dell’Istruzione.
Costanza quel 23 maggio 1992 era seduto sul sedile posteriore, perché Falcone aveva voglia di guidare. L’ultimo scambio di battute con il magistrato è stato sulle chiavi della macchina: Costanza aveva detto a Falcone di ricordarsi di dargliele una volta arrivati, il magistrato distrattamente le sfilò, facendo rallentare la macchina di qualche secondo, ma non tanto da scampare all’esplosione. «Sono gli ultimi momenti che ho memorizzato, dopo… il buio. Non sapete – ha detto rivolto ai ragazzi – quanto mi hanno fatto pesare il fatto che io fossi seduto dietro, se avessi guidato io, lui si sarebbe salvato. Ne sarei stato felice, avremmo avuto un’Italia diversa, perché lui sapeva dove mettere mano».