Il 2021 della mafia in Italia tra processi, indagini e politica
LaPresse lapresse
GIOVANNI TIZIAN E NELLO TROCCHIA
31 dicembre 2021 • 19:30
Aggiornato, 31 dicembre 2021 • 21:28
- La sentenza sul processo Stato-Mafia, quella sul clan romano Casamonica, lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di Foggia.
- Ci sono fatti di mafia che hanno segnato il 2021 di cui si è parlato, altri, invece, sono stati pressoché ignorati. La maggioranza ricade in questa seconda categoria.
- Difficile sintetizzare un anno di mafia in un solo articolo. Per quanto possa sembrare incredibile ogni giorno del 2021 c’è stato un arresto, un’indagine o un segnale che rivelano quanto sia ancora tentacolare il potere della criminalità organizzata.
La sentenza sul processo Stato-Mafia, quella sul clan romano Casamonica, lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di Foggia. Ci sono fatti di mafia che hanno segnato il 2021 di cui si è parlato, altri, invece, sono stati pressoché ignorati. La maggioranza ricade in questa seconda categoria.
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Difficile sintetizzare un anno di mafia in un solo articolo. Per quanto possa sembrare incredibile ogni giorno del 2021 c’è stato un arresto, un’indagine o un segnale che rivelano quanto sia ancora tentacolare il potere della criminalità organizzata. La maggior parte di questi fatti però non finiscono sui giornali nazionali e a volte finiscono in trafiletti di edizioni locali. C’è una sorta di assuefazione al fenomeno mafioso che sempre più spesso cammina fianco a fianco con episodi di corruzione nella pubblica amministrazione. Si spara meno, certo, ma si spara ancora. Si corrompe molto di più e questo fa meno notizia.
Le mafie compiono molti più reati finanziari, alcune cosche si sono specializzate nella fatturazione per operazioni inesistenti che serve anche a riciclare il denaro sporco dei traffici illegali. Sono tutti cambiamenti che hanno portato a un crollo dell’allarme sociale rispetto all’azione delle mafie. Da questo deriva un’errata percezione: nell’immaginario il mafioso è un tipo alla Totò Riina, una belva disposta a seminare il terrore in giro per l’Italia. Tutto ciò che fuoriesce dal perimetro cinematografico di questo tipo di criminale, incarnazione di una mafia sconfitta dallo stato, è difficile da inquadrare come mafioso.
LE SENTENZE
Il 20 settembre 2021, è il giorno della sentenza sui Casamonica, il feroce gruppo mafioso di Roma. Quello dei Casamonica è un clan di mafia, hanno stabilito i giudici del maxi processo che portato alla condanna di oltre 40 imputati a pene complessive che superano i 400 anni di carcere.
Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Frascati, partono nell’estate del 2015 e documentando “l’esistenza di un’associazione mafiosa autoctona strutturata su più gruppi criminali, prevalentemente a connotazione familiare”, scrivono gli inquirenti. Il gruppo controlla lo spaccio di tutta l’area sud-est della città, ha nella zona di Porta Furba il suo quartier generale e forti legami con altri gruppi di mafia, a cominciare da Ndrangheta e Camorra. Il procedimento si è avvalso di una collaboratrice di giustizia, per anni parte della “famiglia”, ex cognata del boss Giuseppe, il cui apporto è stato fondamentale per ricostruire i traffici di droga, le attività di usura ed estorsione, le minacce del clan e i ruoli apicali e secondari al suo interno.
Il 24 settembre 2021 è il giorno della sentenza d’appello del processo Stato-Mafia. Verdetto che ribalta il primo grado. Assolti gli ufficiali dei Carabinieri coinvolti nel processo. Pena ridotta per il boss Leuluca Bagarella, confermata invece la condanna di primo grado per Antonino Cinà, medico fedelissimo di Totò Riina.
La corte d’assise d’Appello di Palermo ha parzialmente riformato le condanne di primo grado per minaccia a corpo politico dello Stato a carico dell’ex senatore Marcello Dell’Utri, degli ufficiali dei Carabinieri il generale Mario Mori, il colonnello Giuseppe De Donno, il generale Antonio Subranni tutti assolti e dei boss mafiosi Leoluca Bagarella (pena ridotta da 28 a 27 anni) e Antonino Cinà (pena confermata a 12 anni).
L’accusa, rappresentata dai sostituti procuratori generali Sergio Barbiera e Giuseppe Fici, alla fine della requisitoria aveva chiesto il rigetto dei ricorsi e la conferma delle condanne di primo grado.
La sentenza ha scatenato le reazioni della politica, chi contro, chi a favore, l’antimafia trasformata in una faccenda da ultras dello stadio.
Il 30 settembre 2021 in Emilia Romagna è il giorno della sentenza sugli omicidi compiuti dalla ‘ndrangheta nel lontano 1992. Un processo importante perché frutto del lavoro di ricostruzione fatto sulla scia della maxi inchiesta Aemilia, che ha portato a centinaia di condanne e al riconoscimento della ‘ndrangheta emiliana. Nel processo sugli omicidi sono stati condannati all’ergastolo tutti e quattro gli imputati, tra cui il capo supremo Nicolino Grande Aracri.
19 luglio 2021, i giudici della corte di appello di Torino riconoscono che in Valle d’Aosta esiste la ‘ndrangheta e ha fatto grandi affari. In questo processo erano emersi molte connessioni con la politica locale.
Il 21 ottobre la sesta sezione del tribunale di Roma ha condannato 16 imputati a 120 anni di carcere per usura, estorsione, riciclaggio, aggravati dal metodo mafioso. Un pronunciamento che porta alla sbarra il clan Senese, guidato da Michele, detto ‘o pazzo, condannato insieme ai suoi uomini per le attività illecite svolte a Roma, ma con affari anche a Napoli, Milano e in Svizzera. Senese è considerato uno dei boss più importanti nel panorama criminale capitolino.
Il 28 ottobre 2021 in Calabria è stato condannato in primo grado l’assessore regionale uscente Francesco Talarico (Udc): cinque anni di reclusione per il reato di scambio elettorale politico-mafioso. Talarico, che è stato invece prosciolto dall’accusa di associazione per delinquere semplice aggravata dal metodo mafioso, è stato inoltre interdetto in perpetuo dai pubblici uffici. Nella stessa indagine era stato indagato Lorenzo Cesa, il leader Udc, poi archiviato.
Indagini e processi
L’indagine che ha fatto più clamore, seppure poco raccontata dai media, è quella sul contrabbando di petrolio e carburanti, l’affare che negli ultimi cinque anni è il più quotato negli ambienti criminali. ‘Ndrangheta e camorra coinvolte, insieme a una miriade di imprenditori di ogni parte d’Italia. L’operazione era stata ribattezzata “Petrolmafie” e coordinata dalla procura antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri.
Nell’ambito di questa indagine è emerso il ruolo della cosca Mancuso, all’apice delle gerarchie mafiose della ‘ndrangheta. Indagando su di loro però gli investigatori raccolgono indizi anche su degli importanti imprenditori calabresi, i proprietari del famoso Amaro del Capo, che come raccontato da Domani risultano indagati per concorso esterno in associazione mafiosa. La replica dei titolari è stata netta e sono convinti che l’inchiesta verrà archiviata presto.
Oltre alle inchieste che hanno fatto più rumore di altre ci sono una serie di operazioni antimafia quotidiane che hanno portato in carcere capi clan e loro sodali per estorsioni, usura, corruzione, evasione fiscale. Da Palermo a Milano, dal sud al nord. In una di queste, condotta dalla procura antimafia di Milano, è emerso il legame tra imprenditori lombardi e boss, con la particolarità che i primi hanno insegnato ai secondo a evadere il fisco.
In Trentino, invece, è iniziato il processo alla ‘ndrangheta alpina: una vasta operazione dell’anno prima aveva svelato la presenza di una cellula radicata della mafia calabrese, che aveva stretto alleanze con imprenditoria locale, professionisti e politici.
In Calabria è in corso il maxi processo Rinascita Scott con oltre 300 persone alla sbarra. É il processo su cui Nicola Gratteri ha scommesso moltissimo in termini di immagine e già un filone gli ha dato ragione.
OMICIDI
L’11 ottobre a Buccinasco, hinterland milanese, un boss del narcotraffico viene ucciso. Buccinasco è un territorio ad alta densità di ‘ndrangheta. Feudo di potenti famiglie della mafia calabrese. Per questo il delitto ha allarmato, seppure non abbia trovato moltissimo spazio sui giornali nazionali. Tutti temevano una guerra di mafia, ma al momento il pericolo sembra scongiurato.
Paolo Salvaggio, 60enne di origini siciliane, è stato ucciso con tre colpi di pistola. Era ai domiciliari per una precedente condanna per traffico di droga. Ma aveva il permesso di poter uscire da casa tra le 10 e le 12 del mattino. Salvaggio era considerato un riferimento per il narcotraffico a Milano.
MAFIA E POLITICA
Ad agosto 2021 il comune di Foggia è stato sciolto per mafia. È il secondo comune capoluogo di provincia, dopo Reggio Calabria, a subire un provvedimento di questo tipo. Il sindaco fino alle dimissioni era il leghista Franco Landella.
Se Foggia è il caso più eclatante, è solo uno dei 27 enti locali sciolti per mafia nel 2021.
Un dato che indica quanto ancora sia forte e intatto il rapporto tra la politica e le cosche. Seppure non se ne parli più, la questione resta irrisolta.
Oltre ai consigli comunali infiltrati dalle mafie a rivelare la complicità tra chi rappresenta le istituzioni e i clan sono le numerose inchieste per voto di scambio. Anche nell’ultimo anno sono state numerose le indagini che hanno fatto emergere di quanto sia richiesta la manodopera criminale per fare incetta di voti e consenso.
Il più eclatante è a Latina. Indagato l’europarlamentare della Lega Matteo Adinolfi. I voti li avrebbero raccolti per lui un gruppo legato alla cosca Di Silvio. Nella provincia laziale le indagini sono ancora in corso e sono numerosi i pentiti che hanno parlato dei leghisti che fanno capo a Claudio Durigon, ras del partito a Latina. Lo stesso Durigon ha intrattenuto rapporti, come raccontato da Domani, con uomini sospettati di essere vicini ai Di Silvio.
I BOSS MORTI
Il 17 febbraio è morto uno dei più pericolosi boss mai esistiti: Raffaele Cutolo, fondatore della nuova camorra organizzata, è deceduto nell’ospedale Maggiore di Parma dove era stato trasferito per l’aggravamento delle sue condizioni di salute. Cutolo ha rivoluzionato la camorra, trasformandola in imprenditrice.
Cutolo si definiva così: «Io non sono un pazzo scemo, sono un pazzo intelligente». Camorrista, ideologo oltre che spietato e crudele. Un boss feroce e visionario. In una delle sue ultime rivelazioni, ha raccontato che avrebbe potuto salvare Aldo Moro, lo statista democristiano ucciso dalle Brigate Rosse. «Per Ciro Cirillo (assessore dc campano rapito e poi liberato grazie all’intercessione di Cutolo e al pagamento di un riscatto alle Br, ndr) si mossero tutti, per Aldo Moro nessuno, per lui i politici mi dissero di fermarmi, che a loro Moro non interessava», disse Cutolo.
A luglio, il 31, è scomparso Angelo Siino, ribattezzato il ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra. Collaboratore di giustizia che aveva diverse patologie, aggravatesi dopo il suicidio del figlio. Il pentito per anni è stato il braccio economico del boss Totò Riina e ha gestito gli appalti pubblici per conto della mafia. Amante dell’automobilismo, gareggiava soprattutto nei rally usando lo pseudonimo di “Bronson”.
Il 29 dicembre è morta Pupetta (Assunta) Maresca, donna di camorra, madrina della malavita partenopea. Moglie Pasquale Simonetti, detto Pascalone ‘e Nola. Nel 1955 si erano sposati, al matrimonio c’erano 500 invitati. Poco dopo Simonetti però è stato ucciso da Gaetano Orlando, legato al rivale storico Antonio Esposito.
Esposito e Simonetti erano tra i rappresentanti di una camorra rurale che taglieggiava e imponeva il pizzo sui mercati ortofrutticoli.
A vendicare Simonetti è stata la moglie, Pupetta Maresca, che in strada, impugna pistola e uccide Esposito, ritenuto il mandante dell’omicidio del marito. Era incinta e ha partorito in carcere. A Maresca è stata dedicata anche una fiction. Ha sfidato il camorrista Raffaele Cutolo, capo della nuova camorra organizzata, e ha avuto anche alcune esperienze da attrice. Processata, poi assolta, per l’omicidio del professore Aldo Semerari.
Fonte:https://www.editorialedomani.it/fatti/mafia-camorra-ndrangheta-notizie-news-2021-pv0vbr81