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Il boss dei Casalesi disse: “Fate votare Cosentino, è lui il nostro candidato”

NAPOLI – Un politico che ha contratto un «debito di gratitudine» con il clan camorristico dei Casalesi. A questa organizzazione «deve, almeno in parte, le sue fortune». È il ritratto di Nicola Cosentino disegnato nell´ordinanza con la quale il gip di Napoli Raffaele Piccirillo chiede al Parlamento l´arresto del sottosegretario all´Economia e leader regionale del Pdl. Cosentino, accusa il giudice, è stato «sostenuto» dalla cosca di Gomorra «in una pluralità di competizioni elettorali» ricevendo «un contributo di lungo termine e rilievo strategico» e contribuendo così «al permanere dei rapporti tra imprenditoria mafiosa e amministrazioni pubbliche e comunali». Non solo: a metà degli anni ´90, Cosentino avrebbe assicurato ai Casalesi che Forza Italia avrebbe ridimensionato «i giudici di sinistra».

Le toghe rosse

In un verbale del 1996 il boss pentito Dario De Simone rivelò di aver commentato con l´allora consigliere regionale Nicola Cosentino il difficile momento giudiziario attraversato dai Casalesi a seguito dell´inchiesta “Spartacus”. «Cosentino mi riferì che la vittoria della coalizione di Forza Italia avrebbe sicuramente comportato un alleggerimento della pressione nei nostri confronti. In particolare si riferiva alle disposizioni di legge sui collaboratori di giustizia. Parlavamo anche degli orientamenti politici dei giudici che si occupavano delle nostre vicende, in particolare del dottor Greco e del dottor Cafiero (entrambi oggi procuratori aggiunti a Napoli, ndr) che ritenevamo particolarmente agguerriti nei nostri confronti. Arrivammo alla conclusione – sostiene ancora De Simone – che l´affermazione di Forza Italia avrebbe potuto mutare la situazione, nel senso che i giudici di sinistra sarebbero stati ridimensionati, non avrebbero avuto più quel potere che avevano alla Procura di Napoli».

Il business rifiuti
L´impianto centrale dell´inchiesta condotta dai pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci riguarda il rapporto fra Cosentino e l´attività imprenditoriale nel settore dei rifiuti dei fratelli Sergio e Michele Orsi (quest´ultimo assassinato dall´ala stragista del clan nel giugno 2008, poco dopo aver iniziato a rendere dichiarazioni ai magistrati). Imprese, quelle degli Orsi, come la società mista Eco4, ritenute dal gip «geneticamente connesse e funzionali alla camorra casalese» e nelle quali, secondo il pentito Gaetano Vassallo, Cosentino avrebbe esercitato un controllo assoluto di «assunzioni, nomine e incarichi». Al punto da sostenere: «L´Eco4 song´ io». Per Michele Orsi il 70 per cento delle assunzioni nella società furono «effettuate in concomitanza con le scadenze elettorali».

Il termovalorizzatore

Viene ritenuta esemplare la vicenda dell´impianto di Santa Maria la Fossa, nel Casertano. Dice Vassallo: «Cosentino e gli Orsi, per realizzare il progetto, lasciarono il gruppo Bidognetti e passarono con gli Schiavone (le due famiglie della confederazione criminale dei Casalesi n.d.r.). Passaggio incruento perché rispondeva a dinamiche di controllo territoriale». Quando Vassallo chiese conto a Cosentino della sua estromissione dall´iniziativa, il politico gli rispose «che aveva dovuto adeguarsi alle decisioni prese a monte dagli Schiavone».Il boicottaggio contro Fisia

Il magistrato rileva un altro, delicatissimo, nodo: quello della «strategia di creazione di un ciclo integrato dei rifiuti» teso a estromettere, nel 2001-2002, gli originari affidatari di Fisia Italimpianti. I «momenti cruciali» di questa strategia sono stati «tutti patrocinati da Cosentino», argomenta il gip che individua nella «politica di boicottaggio del sistema affidato a Fisia Italimpianti», nella promozione del consorzio Impregeco nel quale erano interessati gli Orsi e nella monopolizzazione dei servizi di raccolta dei rifiuti condotte che «obbediscono obiettivamente a una strategia convergente con quella del clan dei Casalesi». Sulla convenzione con Impregeco è stato sentito come teste il governatore Antonio Bassolino, all´epoca commissario rifiuti il quale, rileva il gip, «non sapeva fornire ragioni sull´ordinanza e la convenzione che pure ebbe a firmare» indicando come uno degli autori principali dell´atto l´allora subcommissario Giulio Facchi. (continua)

(Tratto da Repubblica – Napoli)