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Così la mala nel Tarantino si infiltra nelle istituzioni

Così la mala nel Tarantino si infiltra nelle istituzioni

Leporano, Pulsano, Roccaforzata e San Giorgio: 4 Comuni scossi da inchieste giudiziarie

09 Ottobre 2022 – Francesco Casula

Leporano, Pulsano, Roccaforzata e San Giorgio Ionico. Sono i quattro comuni della provincia di Taranto travolti o scossi da inchieste giudiziarie negli ultimi due anni. Nelle carte delle diverse indagini si passa dalla mafia al voto di scambio, dalle mazzette alle promesse fino ovviamente agli appalti truccati. Un piccolo, ma inquietante drappello di candidati, consiglieri, assessori e sindaci sono finiti nel registro degli indagati o nel brogliaccio delle intercettazioni per ipotesi di reato o per i rapporti gelatinosi con questo o quel personaggio. Oppure per gli affari compiuti sottobanco grazie alle casse pubbliche. E al di là della rilevanza penale, su cui si esprimerà la magistratura, la vicenda nel suo complesso assume i contorni di una vera e propria emergenza democratica. Il malaffare assalta una piccola parte dello Stato con la compiacenza o l’indifferenza di chi si è proposto per amministrare. In una nota il coordinamento di Libera Taranto ha affermato che «non si possa lasciare al solo lavoro della magistratura e alle forze dell’ordine la vigilanza sulla democrazia del territorio, ma che spetti anche alle cittadine e ai cittadini fare la propria parte, facendo quotidianamente un esercizio di responsabilità». Che spetta prima ancora ai partiti che scelgono i candidati: nella provincia ionica, da destra a sinistra passando per le liste civiche, nessuno è al momento immune da responsabilità.

MAFIA E POLITICA A LEPORANO Il clan di stampo mafioso guidato dal pulsanese Maurizio Agosta ha sostenuto due candidati al consiglio comunale d Leporano alle amministrative 2019: Daniela Vestita e l’allora commissario di Forza Italia Antonio Azzolio entrambi condannati in primo grado a 2 anni e 8 mesi di reclusione. Il verdetto del 18 marzo 2022 e le motivazioni depositate pochi giorni fa e visionate dalla Gazzetta, hanno accertato che i due candidati avrebbero chiesto e ottenuto l’appoggio del clan e, in caso di elezione (non avvenuta), si sarebbero «messi a disposizione» del clan procacciando posti di lavoro o lavorando per aggiudicare appalti a ditte indicate dal gruppo. Gli uomini del clan, nella loro frenetica attività di raccolta di consensi puntavano «a non avere ostacoli burocratici alle loro mire espansionistiche» e chi come Azzolio aveva ricevuto l’aiuto, se fosse arrivato in Comune, «doveva “piegarsi“ totalmente alle richieste e agli interessi economici del sodalizio mafioso». I voti si acquistavano anche attraverso i buoni carburante «distribuiti gratuitamente per procacciare nuovi voti per i candidati sostenuti dal gruppo». L’inchiesta «Taros» dei carabinieri del Reparto Operativo e della Direzione distrettuale Antimafia di Lecce ha portato in primo grado a ben 22 condanne.

PULSANO, APPALTI E CONCORSI TRUCCATI La mattina del 9 marzo scorso, Pulsano si risveglia senza un sindaco. Francesco Lupoli, sindaco eletto nel 2018 con una coalizione composta da liste civiche e partiti di centro destra e poi divenuto esponente della Lega Nord, si è dimesso 24 ore dopo la visita dei finanzieri che gli hanno notificato un decreto di perquisizione firmato dai pm Enrico Bruschi e Antonio Natale. Ma tra gli indagati c’è anche il suo vice, Gigi Laterza, ex sindaco di Pulsano e anche lui esponente del Carroccio tarantino. Nell’indagine sono coinvolti anche dirigenti comunali, imprenditori, avvocati. Tra le accuse spunta la gara d’appalto indetta dal Comune di Pulsano per la gestione e la riscossione dei tributi: gli indagati secondo i finanzieri operavano affinché fosse assegnata a imprese «amiche». Ma non solo. Agli amici della giunta che amministrava Pulsano, i test per superare i concorsi pubblici sarebbero stati forniti in anticipo. Almeno quattro concorsi sono finitisotto la lente delle fiamme gialle e oltre al sindaco e al vice sindaco, anche tre assessori avrebbero avuto un ruolo attivo nella vicenda.

ROCCAFORZATA, DALLO ZAR PASTORE AL COMPAGNO IACCA Il 4 agosto scorso, quando a Roccaforzata si è diffusa la notizia dell’arresto del sindaco Roberto Iacca, forse per i cittadini non è stato sconvolgente. Anche il suo predecessore, Vincenzo Pastore, era stato arrestato per turbativa d’asta: era stato in carcere, poi ai domiciliari e una volta libero aveva infilato la fascia tricolore per andare alla processione della Madonna della Camera. Come se nulla fosse. È rimasto in carica fino a quando la Prefettura, dopo una sentenza di patteggiamento, lo ha tirato via dalla poltrona. Era l’estate 2018 e in quei giorni, Iacca era all’opposizione: attaccava Pastore e la sua politica. È diventato sindaco a maggio 2019, ma l’esperienza è durata poco: un’inchiesta condotta dalla Squadra Mobile e coordinata dal sostituto procuratore Francesco Ciardo e dall’aggiunto Maurizio Carbone, avrebbe svelato la presunta trattativa tra il sindaco e un’azienda locale per l’affidamento della gestione del campo sportivo in cambio dell’assegnazione della gestione degli spazi pubblicitari a Salvatore Di Molfetta, 59enne pregiudicato orbitante in circuiti criminali considerati «di alto profilo», con un apparente rapporto «simbiotico» con il sindaco, tanto da provocare la protesta di dipendenti comunali e di alcuni consiglieri comunali che mal sopportavano la sua presenza costante negli uffici.

BRUCE LEE, DA SAN GIORGIO CON FURORE Alcuni lo chiamano «Bruce Lee» altri «Pupetta». Al di là del soprannome, però, tutti sapevano chi era Marcello Lucchese. Per la Dda di Lecce e il carabinieri del Ros, che pochi giorni fa nel blitz «taros 2» hanno arrestato 15 persone, Lucchese è il capo di una gruppo criminale impegnato nel traffico di droga: uno dei migliori nel traffico di eroina al punto da vantarsi di aver trasformato San Giorgio Ionico in una seconda Scampia. Chi era e cosa faceva Bruce Lee lo sapeva bene anche Mina Crocifissa Farilla, ex assessore ai servizi sociali del comune di San Giorgio a cui il boss aveva fornito sostegno elettorale nelle amministrative 2020. Al telefono è lo stesso Bruce Lee che alla donna racconta idee, progetti, propositi. Anche quelli non ortodossi. Come l’idea di incendiare il chiosco della Villa comunale se non gli avessero assegnato nuovamente la gestione. Oppure i contrasti con il mafioso ex socio Giorgio Tocci. A lei, Lucchese chiede assunzioni, favori, interventi. Farilla ricambia persino con consigli sull’amministrazione del denaro. Pochi giorni fa, pur non essendo indagata, Farilla ha rassegnato le dimissioni da consigliera comunale. Anche Mauro Sessa, vice sindaco di San Giorgio si è dimesso: anche lui, secondo gli investigatori, aveva rapporti stretti con Bruce Lee. Sessa non è indagato e ha sempre negato di aver avuto rapporti con Lucchese.

LIBERA E L’ANTIMAFIA «Nel contesto territoriale provinciale si riscontra la cristallizzata presenza di alcuni elementi criminali che dimostrano in modo particolare aspirazioni imprenditoriali finalizzate all’infiltrazione nel tessuto economico e sociale». La Direzione Investigativa Antimafia fotografa così nella sua relazione semestrale la provincia di Taranto. Sottolinea che la criminalità, organizzato o meno, nel tarantino sta provando a entrare nel circuito legale che, come spesso accade, serve come «lavatrice» per riciclare i soldi che arrivano dal mercato della droga. E per farlo ha bisogno dell’appoggio politico: perché ciò non accada è necessaria «una consapevolezza diffusa, condivisa – scrive Libera Taranto – da tutte le forze politiche, che tenga fuori mafia e corruzione dai momenti di confronto elettorale, dall’amministrazione e dal governo del territorio. Deve essere chiaro, però, che esiste un principio etico e morale davanti al quale non ci possono essere opacità, compromessi, opportunismi e convenienze ispirate alle logiche del fine che giustifica i mezzi».

Fonte:https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1361185/cosi-la-mala-nel-tarantino-si-infiltra-nelle-istituzioni.html