di Anna Cane — 28 Gennaio 2023
A due giorni dall’anniversario dell’uccisione del giornalista Mario Francese, il figlio Giulio porge un ringraziamento al presidente del Tribunale di Palermo, Antonio Balsamo, per aver pubblicato nel sito del Tribunale, nel giorno del 44esimo anniversario dell’omicidio, le sentenze della Corte di Assise di Appello e della Corte di Cassazione che «ricostruiscono il suo coraggioso impegno nel giornalismo di inchiesta, il suo fondamentale contributo alla conoscenza del fenomeno mafioso, e le ragioni che indussero Cosa Nostra a decretarne la eliminazione». E a conferma di quel suo coraggio ed esperienza, Giulio Francese riporta «cosa scriveva mio padre nel 1978 sul Giornale di Sicilia». Nell’articolo, dal titolo J’accuse. La chiave per capire cos’è la mafia, Francese scriveva che «la mafia è come una congregazione di mutua assistenza che ha suoi uomini in ogni struttura dell’apparato dello Stato e della società dove li infiltra, nell’apparente rispetto della legalità, per ricavarne vantaggi puntando sulla corruzione, sull’omertà, sul rispetto. Attraverso il suo sviluppo, la mafia ha fornito negli anni possibilità di lavoro illegale o legalizzato, solidarietà, assistenza, collaborazione in ogni iniziativa le cui finalità non sono in contrasto con i principi dell’organizzazione».
Mario Francese scriveva anche che «pur assicurando collaborazione ed assistenza ad uomini inseriti nella malavita, la mafia non si identifica con nessuna delle associazioni a delinquere che proliferano nei quartieri popolari della città. Ogni gruppo può agire nell’ambito di una zona limitata in modo autonomo, purché non infranga le regole dell’onorata società e non ostacoli i piani delle famiglie che comandano».
La mafia, aggiungeva il cronista del Giornale di Sicilia nel 1978, «protegge questi gruppi così come alimenta ogni iniziativa parassitaria ed antisociale non allo scopo di demolire le istituzioni dello Stato ma, piuttosto, per penetrare meglio nel tessuto sociale e trarne vantaggi sempre più grandi. Nel corso degli anni, c’è stata una vistosa evoluzione all’interno dell’organizzazione, rappresentata come una piramide il cui vertice è costituito da persone non sempre facilmente identificabili che, con criteri manageriali, manovrano le fila di complessi interessi economici a livello nazionale e internazionale. Al vertice esecutivo dell’organizzazione si giunge per meriti propri, per capacità organizzativa, forte personalità, spregiudicatezza, coraggio».
«Come si vede – commenta il figlio 45 anni dopo, siamo davanti ad una moderna concezione dell’organizzazione che è un superamento della mafia di città (preceduta dalla mafia delle campagne e delle borgate), peraltro non in contrasto con le cosche mafiose operanti nelle varie zone. Le cosche cittadine e provinciali in fondo costituiscono le basi di quella che abbiamo definito “una piramide”. E ogni cosca da questa moderna organizzazione, come ha sottolineato Henner Hess, trae vantaggi, impensabili in potenza, immunità e nei suoi traffici. Più in generale, l’onorata società è riuscita a darsi strutture e mezzi adeguati per un inserimento nei commerci tra Nord e Sud, tra l’Italia e i paesi della Comunità europea».