In aula bunker la testimonianza dell’imprenditore Marcello e le promesse degli Stillitani: «Offrirono un lavoro a mia figlia ma rifiutai»
Pubblicato il: 11/05/2023 – 16:59
di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME «Insieme alla mia famiglia ho deciso nel 1998 di aprire una nuova attività, uno stabilimento balneare, intestandolo a mia figlia. Ho chiesto tutti i pareri alla Capitaneria di Porto, alla Regione Calabria, ed ho ottenuto una concessione demaniale nel 1999. Nel 2000 mi danno questa concessione con all’interno una clausola: se la ditta avesse fatto ricorso contro il provvedimento, mi avrebbero rigettato la concessione». Inizia da qui la storia della famiglia Marcello e della loro ambizione di realizzare a Pizzo, in contrada Difesa, di uno stabilimento balneare. Un progetto rimasto nei sogni, di fatto stroncato da lungaggini burocratiche, permessi mai concessi, sotterfugi e pressioni.
La testimonianza
La vicenda è stata raccontata in aula bunker nel corso dell’udienza del processo “Imponimento”, nato dall’inchiesta della Dda di Catanzaro contro lo strapotere sulla costa tirrenica catanzarese delle consorterie criminali degli Anello-Fruci. Una storia già nota e raccontata qualche settimana prima, ancora in aula bunker, dal maresciallo Micale. Incalzato dalle domande del pm Antonio De Bernardo, il teste Michele Marcello, parte civile nel processo, ha illustrato le vicissitudini degli ultimi vent’anni. «Da quel momento – racconta al pm – ho avuto un po’ di difficoltà per ottenere il permesso a costruire dal Comune di Pizzo, quindi non riuscivo in nessuna maniera ad aprire questa attività». Perché, come ha spiegato Marcello in aula, l’Ente redige il piano spiaggia e inserisce anche il loro progetto, ma alla Regione Calabria non verrà mai inviato. «La mia concessione era stralciata, praticamente il piano spiaggia non era fin dove era stato configurato, ma era stato tracciato limitrofo, prima della mia concessione, cinquanta metri prima della mia concessione mentre rientravano all’interno della concessione solo quelli del Club Med, l’allora Garden Sud».
Dagli impedimenti all’incendio
L’imprenditore fa ricorso, presenta mille istanze, ma il risultato non cambia. «Dal 2002 subentra la nuova amministrazione» racconta al pm «l’amministrazione Falcone e l’Ingegnere Macrì mi rilasciano il permesso a costruire, il 303 del 2003. Faccio richiesta di inizio lavori e dopo il loro inizio ho cominciato ad avere altri problemi». E per “problemi” l’imprenditore Marcello intente veri e propri impedimenti nel prosieguo del progetto. «Una volta ho trovato la strada sbarrata con una sbarra di ferro. Poi, in una seconda fase, cercavo di bypassare questa sbarra ma mettevano dei detriti sulla strada, per non poter accedere alla concessione». Ma non solo: Marcello racconta in aula che un’altra volta «mi hanno asportato dei paletti della recinzione; poi una finestra e poi attrezzi della ditta dei lavori». Episodi avvenuti tra il 2003 e il 2005, puntualmente denunciati alle forze dell’ordine e alla Procura. Nel 2005 i lavori del nuovo stabilimento balneare vengono ultimati, per una spesa di circa 100mila euro, compresi i fondi regionali. Ma tutto cambia nella notte del 5 maggio. «Ci chiamano i carabinieri – racconta Marcello al pm – per dirci che praticamente che non c’era più niente, era rimasta solo la forma dello stabilimento, avevano dato fuoco degli ignoti, non so chi sia stato o meno».
Nessuna richiesta di estorsione
L’imprenditore racconta di non aver mai ricevuto alcuna richiesta di estorsioni, ma solo incontri istituzionali a cominciare dall’allora sindaco di Pizzo, Francescantonio Stillitani. «Con loro avevo rapporti di amicizia, fino al 2003, 2004, dal 1999. Ha fatto il sindaco a Pizzo, ha fatto due amministrazioni, già da allora c’erano rapporto di amicizia, anche con il fratello, ma della concessione ho sempre parlato con Francescantonio Stillitani». «Io ne parlavo con lui, ma lui mi diceva: “Non ti preoccupare che risolviamo il problema. Facciamo assieme questo lido, vediamo se te lo posso fare io, se lo vuoi fare tu. Parlo io, perché sono una persona referente del Club Med”, prima ancora però, “Posso fare assumere tua figlia là”, e quant’altro. Ed io mi cullavo ed andavo sempre dietro a lui, oltre che a fare tutti questi esposti (…) e mi diceva di non preoccuparmi e di vedere con la voltura della concessione, perché sennò diversamente non avrei fatto nulla di buono, di fare la voltura della concessione ed intestarla alla Promeria». «Perché – ha spiegato al pm l’imprenditore – facendo forza alla Promeria, avrebbe realizzato questo lido e me lo avrebbe fatto gestire a me, non lo so, perché anche questo mi diceva». Alle domande sul perché Stillitani gli dicesse di non preoccuparsi, Marcello ha spiegato: «Lui, con la voltura, poteva realizzare il lido, mentre io non lo potevo realizzare, perché non era nel piano spiaggia». Così come ha spiegato in aula l’imprenditore, infatti, la Regione Calabria aveva fatto delle delibere di giunta che prevedevano che, in assenza del piano spiaggia, chi aveva una struttura ricettiva poteva realizzare comunque uno stabilimento balneare.
Le promesse di Stillitani
Il pm chiede poi a Marcello se ha mai parlato della concessione non inserita nel piano spiaggia del Comune di Pizzo con Stillitani. «Ne parlavo con Emanuele (Stillitani ndr), ho chiesto diverse volte e lui mi diceva: “Ma là la concessione non la vediamo, la vedo più dalla parte interna, come si entra nel villaggio”. E mi prometteva: “Se vuoi, io devo realizzare qui un ristorante, proprio all’ingresso del Club Med, ti do da gestire quello là”. E poi sento che questo ristorante lo aveva promesso ad altre tre o quattro persone». Francescantonio Stillitani, invece, «mi prometteva che mia figlia avrebbe avuto un posto di lavoro all’interno del Club Med se gli avessi fatto la voltura della concessione, mi diceva se volevamo farlo assieme, che lui parlava con il Club Med per realizzare lo stabilimento». Così come ha raccontato il teste in aula, la voltura viene preparata, depositata al Comune e alla Regione Calabria. «Poi mia figlia mi disse “papà, non lo fare perché io non voglio fare la dipendente, io voglio fare un’attività mia, tutta mia personale, per cui non accettare questa proposta. Non regolarizzare questa voltura”. E non la feci più». Scatenando, però, la reazione di Stillitani. «Glielo comunicai e si arrabbiò – racconta Marcello – si arrabbiò dicendo che di me non si poteva fidare, perché non mantenevo quello che avevamo detto. Addirittura, lui, in un primo momento mi voleva far firmare la cessione della concessione, ma il dottor Betrò disse: “No, non firmare, che questo non è corretto, non firmare la decadenza della concessione”».
Il lido “fantasma”
Poi nel 2006 arriva direttamente la richiesta della concessione da parte di Club Med. «Volevano presentassi per iscritto la richiesta in denaro, noi chiedemmo 100mila euro. Abbiamo presentato una raccomandata al dottor Palmucci, all’epoca amministratore delegato di Club Med ma non ha mai risposto». Il lido della famiglia Marcello, dall’incendio, è rimasto sempre fermo «perché – spiega il teste – l’amministrazione comunale, c’era sempre l’architetto Stuppia, non mia ha dato mai il permesso a costruire, quindi non ho potuto mai fare niente. Non si poteva nemmeno accedere perché, dopo il 2006, c’erano ancora impedimenti per arrivare pure alla concessione e in più il permesso a costruire non me lo davano, quindi io non potevo fare niente, non ho potuto mai usufruire dell’area».
La testimonianza del maresciallo
A far luce sull’episodio era stata anche la deposizione in aula bunker il maresciallo Micale nel corso della quale ha parlato degli atti acquisiti al Comune di Pizzo. Documentazione dalla quale, durante l’indagine, era emerso come la società “Club Med” che gestiva il lido di Pizzo avesse ostacolato in tutti i modi la costruzione del lido dei Marcello. «Questo anche in virtù, penso, – spiega Micale – di un pregresso dibattito che c’era stato sul rilascio della concessione demaniale che interessava anche i fratelli Stillitani. Loro in quella zona avevano il villaggio turistico e quindi sia per non avere dei vicini inopportuni, come potevano essere i Marcello, con la costruzione del loro lido, e sia per ampliare anche la loro attività verso la spiaggia». (g.curcio@corrierecal.it)