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“Così il generale Screpanti ‘insabbiò’ l’inchiesta Mafia-Appalti”, l’accusa della procura di Caltanissetta

In pole per diventare il numero 1 delle Fiamme gialle e stretto collaboratore del ministro Fitto, nel 1992 da capitano avrebbe aiutato i boss Francesco Bonura e Antonino Buscemi (ex braccio destro di Riina) ad eludere le indagini nei loro confronti

EDITORIALI – di Paolo Comi – 5 Luglio 2024

Il prossimo comandante della guardia di finanza, il generale Stefano Screpanti, avrebbe aiutato da capitano i boss mafiosi Francesco Bonura e Antonino Buscemi, quest’ultimo ex braccio destro di Totò Riina, ad eludere nel 1992 le indagini nei loro confronti. In particolare, Screpanti non avrebbe trascritto diverse intercettazioni telefoniche che dimostravano il coinvolgimento dei due boss corleonesi in un filone dellinchiesta “Mafia e appalti” condotta dai carabinieri del Ros comandati all’epoca dal colonnello Mario Mori. Screpanti, scrivono i pm di Caltanissetta, per occultare” ogni rilevante esito dell’inchiesta avrebbe poi provveduto anche alla completa smagnetizzazione delle bobine, su indicazione dell’allora pm palermitano Gioacchino Natoli. Il coinvolgimento di Screpanti emerge dalla lettura del capo d’imputazione a carico di Natoli firmato la settimana scorsa dal procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca.

Quando la notizia dell’indagine è diventata di pubblico dominio lo scorso mercoledì, nessuno, ad iniziare dall’Unità, ha dato importanza al nome di Screpanti, pensando che nel frattempo fosse andato in pensione. Invece Screpanti ha fatto in questi anni una carriera mirabolante, raggiungendo il massimo grado, quello di generale di corpo d’armata, e quindi ora in pole per diventare il numero uno delle fiamme gialle dopo Andrea De Gennaro. Al momento Screpanti ricopre comunque un incarico di primissima importanza. L’alto ufficiale, infatti, è il più stretto collaboratore del ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto, in procinto quest’ultimo di essere nominato Commissario europeo su proposta della premier Giorgia Meloni. Come si legge sul sito del Ministero degli affari regionali, a Screpanti è affidato il compito di reprimere le frodi nei confronti dell’Ue e verificare la corretta gestione dei fondi del Pnrr. Ad egli spetta anche il coordinamento, su input della Commissione europea, di tutte le attività di contrasto riguardo le truffe ai fondi strutturali. Nel rispetto della presunzione di non colpevolezza del generale Screpanti, è utile ricordare i contorni di questa vicenda, iniziata nel 1990 a seguito di una informativa del pm di Massa Carrara Augusto Lama.

Il magistrato aveva scoperto che due aziende, la Sam (Società apuana marmi) e la Imeg (Industria marmi e graniti) erano legate alla Calcestruzzi Ravenna Spa del gruppo Ferruzzi-Gardini, di cui amministratore unico era il geometra Girolamo Cimino, cognato di Antonino e Salvatore Buscemi, fedelissimi di Riina. Lama inviò una nota alla Procura di Palermo affinchè approfondisse la circostanza, chiedendo anche di effettuare intercettazioni telefoniche ad iniziare proprio dai Buscemi. Le intercettazioni “per indisponibilità di linee” furono però attivate tardivamente e, a giugno del 1992, la Procura di Palermo chiese l’archiviazione del fascicolo, disponendo nel contempo la smagnetizzazione dei nastri, l’eliminazione degli ascolti e la distruzione dei brogliacci. L’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia di Paolo Borsellino e marito della figlia Fiammetta, audito lo scorso anno in Commissione parlamentare antimafia aveva collegato l’indagine sui Buscemi a quella dei carabinieri del Ros, indicandole come il movente della strage di via D’Amelio.

Natoli sul punto si è sempre giustificato affermando che il provvedimento di distruzione delle bobine gli venne portato dall’Ufficio intercettazioni: “Di mio c’è solo la firma. Il resto non è la mia calligrafia. Inoltre eravamo in epoca di forte deficit per lo Stato: le bobine erano costose e il Ministero chiedeva di smagnetizzarle e riutilizzarle e la Procura aveva un grave problema di spazi”. Proprio per tale motivo i pm nisseni gli hanno adesso contestato una indagine apparente”, “richiedendo, tra l’altro, l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini”, e di aver disposto, d’intesa con l’ufficiale della guardia di finanza Screpanti che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato”. Oltre, prosegue l’imputazione a carico di Natoli, ad aver archiviato l’inchiesta “senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti che venivano dal pm Lama”. Oggi, comunque, Natoli dovrebbe presentarsi a Caltanissetta per essere interrogato dai suoi ex colleghi. Da ciò che dirà dipenderà sicuramente il futuro di Screpanti.

Fonte:https://www.unita.it/2024/07/05/cosi-il-generale-screpanti-insabbio-linchiesta-mafia-appalti-laccusa-della-procura-di-caltanissetta/