Sono trascorsi 33 anni da quando l’ingegnere venne assassinato insieme al suo amico medico Nicola Soverino
Pubblicato il: 28/09/2024 – 15:01
REGGIO CALABRIA Non era un magistrato impegnato nella lotta alla ‘ndrangheta e neanche un attivista, Demetrio Quattrone era un ingegnere e ispettore del lavoro ma le sue denunce nei confronti dei “palazzinari di Reggio Calabria” gli costarono la vita. Sono trascorsi 33 anni da quella sera del 28 settembre 1991, quando il professionista convinse un suo amico medico 30enne, Nicola Soverino, a provare la sua nuova auto: una Bmw 520. Un giro e poi tutti a casa, nessuno immaginava il tragico epilogo di quella uscita tra amici.
La vettura svolta in Via Mulino, a Reggio Calabria, e il silenzio viene interrotto da una scarica di proiettili sparati da un fucile caricato a pallettoni. Il medico alla guida viene freddato e muore sul colpo, Demetrio Quattrone riesce a lanciarsi dall’auto e tenta una disperata fuga ma i killer non gli danno scampo e lo finiscono con una pistola calibro 7,65. Ancora oggi non si ha verità sul duplice omicidio, sono ignoti sia gli esecutori che i mandanti. Il vero obiettivo dei sicari, questa l’unica certezza, era Quattrone “colpevole” di aver denunciato le presunte commistioni tra politica, imprenditoria e ‘ndrangheta nel settore edilizio della sua città.
Il ricordo del figlio
Sposato con Domenica Palamara, Quattrone lasciò tre figli (Rosa, Antonino e Maria Giovanna). Proprio Nino ha partecipato ad una giornata in ricorda delle vittime della ‘ndrangheta sottolineando come «ricordare ogni anno quanto accaduto per noi familiari significhi riaprire ferite che non si rimarginano, ma occorre farlo perché quelle storie vanno a comporre il mosaico della storia del Paese, pezzi di specchi rotti che riflettono dei pezzi di realtà e ci permettono di capire cosa è successo nel corso dei decenni». «Dopo 33 anni – ha aggiunto – non conosciamo né chi né il perché dell’uccisione di nostro padre, famoso per essere una persona estremamente rigorosa e inflessibile sul lavoro. Aveva studiato a Torino ed era tornato in Calabria sperando che la sua attività potesse far crescere quei territori».
Le indagini
Il 28 settembre 2019 il Comune di Reggio Calabria ha intitolato un Largo all’ingegnere ucciso dalla ‘ndrangheta nei pressi di Piazza Castello. Una delle tante vittime innocenti della ‘ndrangheta, la cui resta un giallo. I sostituti procuratori dell’epoca Vincenzo Pedone e Santi Cutroneo, titolari dell’inchiesta, provarono a battere diverse piste: quella che conduceva ai controlli sui cantieri edilizi coordinati da Demetrio Quattrone, il ruolo della vittima nella società di consulenza Aurion, dove deteneva una piccola quota e da cui aveva manifestato più volte l’intenzione di andar via. Ed ancora, la costruzione di due palazzi nelle zone di Arghillà e Pentimele attraverso le cooperative. Nessun indizio utile alle indagini, nessuna prova, un nome o un volto. Quello di Demetrio Quattrone e Nicola Soverino resta un fatto di sangue senza colpevoli. (f.b.)