Botti usati come strumento estorsivo «È il racket delle forniture di petardi»
Domenica 29 Dicembre 2024, 22:20 – Ultimo agg. : 22:35 – Il Mattino
di Leandro Del Gaudio
Sono le intercettazioni a fornire una conferma investigativa: i botti illegali affare di camorra. I fuochi venduti a ridosso di Capodanno rappresentano una possibilità di guadagno per i clan che controllano il territorio: vengono imposti ai commercianti al minuto, che sono poi costretti a versare una parte degli introiti nelle mani del clan; e rappresentano anche un tentativo di taglieggiare i commercianti puliti, quelli estranei alla camorra. Clan, racket delle forniture dei fuochi di artificio, ecco cosa sta venendo fuori dalle indagini culminate pochi giorni fa in una retata firmata dalla Dda. Clan Amato-Pagano, 53 arresti, c’è un capitolo che riguarda il racket imposto con e sui fuochi di artificio. Inchiesta condotta dai pm Gianluca Caputo e Lucio Giugliano, riflettori puntati su uno dei business criminali più redditizi, perché intercetta la passione per i botti di gran parte dei cittadini napoletani. Al centro dell’inchiesta della Procura di Napoli, ci sono intercettazioni che risalgono alla fine di dicembre del 2022 e all’inizio del 2023.
Un periodo recente, nei giorni in cui le bancarelle abusive invadono strade e piazze cittadine, mentre nei negozi regolari – quelli che vendono rilasciando scontrini o ricevute fiscali – fanno registrare il boom degli affari. Ma sentiamo cosa si dicono al telefono due soggetti indagati, all’ombra del cartello degli Amato-Pagano: Luciano De Luca e Luigi Tutino discutono con un soggetto in merito alla organizzazione per la vendita dei fuochi di artificio presso i commercianti. Un passaggio che emerge dalla misura cautelare firmata dal gip Isabella Iaselli, che svela la tendenza – in alcune zone a ridosso dell’area nord di Napoli – di imporre il racket delle forniture. C’è chi è costretto ad accettare roba di pessima qualità (e non è detto che venga messa sul mercato, visto lo scrupolo di tanti esercenti) di fronte al pressing estorsivo. A parlare e a dare istruzioni è l’indagato De Luca, che suggerisce ai suoi interlocutori cosa devono dire agli inquirenti: «Stiamo facendo una cosa di soldi per i carcerati – è il senso logico della conversazione captata -, vedete di apparare qualcosa, apparate il 50 per cento». E ancora: bisogna dire (al commerciante di turno) che «state facendo un’opera di bene, prenditi una batteria, ti devi sparare una batteria… ecco qua, te la porto io e leviamo il bordello di mezzo». Ed è così che – secondo il gip – Tutino e De Luca danno l’incarico a un interlocutore per la consegna delle batterie da vendere ai commercianti. Ed è sempre in questo capitolo della misura cautelare che spunta una lista di negozi che sono stati visitati dai parassiti della camorra, quelli che piazzano roba invendibile in cambio di soldi incassati a titolo estorsivo. E non è finita. Sono ancora le intercettazioni telefoniche a confermare il giro di affari legato alla vendita del materiale pirotecnico: «Nappi afferma che era intervenuto il gruppo di Enrico “Benzemà”, nei confronti del gruppo di Mugnano e di altri comuni dell’asse mediano». Quindi: «Benzemà ha mandato ‘o russ a Melito a vedere chi ci stava», è la sintesi di una ambientale finita agli atti di questa inchiesta.
Su un altro versante, nel corso di un’altra inchiesta, la Procura di Napoli è al lavoro per accertare l’esistenza di una vera e propria fabbrica abusiva di fuochi illegali nella zona Vesuviana. È l’inchiesta aperta all’indomani dell’esplosione avvenuta lo scorso novembre e Ercolano, dove sono morti tre giovani impiegati in nero (Sara e Aurora Esposito e Samuel Tafciu). Sotto accusa Rosario Punzo (omicidio colposo, disastro, caporalato), che sta raccontando chi c’è dietro il business che il 31 dicembre infiamma le strade di Napoli.