11 LUGLIO 2024 – 12:30
Eliminazione del reato di abuso d’ufficio, riformulazione del reato di traffico di influenze illecite, forte stretta all’utilizzo e alla pubblicazione delle intercettazioni. In poche parole, un “salva-colletti bianchi”. È questo il succo del ddl Nordio, approvato in via definitiva ieri alla Camera dei Deputati dalla maggioranza di governo, che ha incassato – come quasi sempre accade quando si discutono le leggi sulla giustizia – anche il sostegno di Italia Viva e Azione. Nel pacchetto di riforme che hanno ottenuto il semaforo verde spicca l’abolizione del reato di abuso di ufficio, ossia l’articolo specifico con cui si sanzionava “un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle sue funzioni, compie un atto in violazione di leggi o regolamenti, con l’intenzione di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale oppure di arrecare ad altri un danno ingiusto”. Potranno dunque chiedere la revoca della loro condanna tutte le persone riconosciute colpevoli di aver commesso questo reato: oltre 3.600 dal 1997. Il ddl prevede inoltre norme che mettono paletti al lavoro giornalistico, impedendo ad esempio di pubblicare il testo di intercettazioni se non relativamente alle soli parti utilizzate nel processo.
Il testo è passato con 199 voti a favore sui 301 deputati presenti, mentre i voti contrari sono stati 102 (M5S, PD e AVS). Con l’approvazione del ddl Nordio è stata formalmente abolita la norma del codice penale (art.323) che punisce il pubblico ufficiale che, attraverso una consapevole violazione di leggi e regolamenti o obblighi di astensione, procura un danno ad altri o ottiene vantaggi per sé o altre persone. Nel 2020 il testo era già stato livellato al ribasso, con la specificazione che il reato non si potesse configurare ove sussistessero margini di discrezionalità amministrativa nell’adozione di un provvedimento. Ora, invece, l’abuso d’ufficio è stato del tutto cancellato, e l’effetto primario che scaturirà dal via libera parlamentare al ddl sarà la possibilità, per chiunque sia stato punito per tale reato, di chiedere la revoca della condanna. Al contempo, occorrerà però comprendere quanto peso avrà la nuova norma, nel frattempo introdotta dall’esecutivo nel decreto carceri, che reintroduce il reato di “peculato per distrazione”, che andrà a punire con una pena da 6 mesi a 3 anni chi – sempre che non residuino margini di discrezionalità amministrativa nel provvedimento – danneggia terzi o si procura vantaggi indirizzando somme di cui è in possesso per finalità diverse da quelle previste dalla legge. Con l’ok al ddl Nordio si mette inoltre mano al reato di traffico di influenze: se la pena edittale è stata alzata – nello specifico da 1 anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi – è stato considerevolmente ristretto il suo ambito di applicazione, limitandolo solo a condotte particolarmente gravi. Per essere punibili, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale dovranno infatti essere “utilizzate” e non solo “vantate”; inoltre, l’eventuale utilità data o promessa dovrà essere “economica“, non bastando la sussistenza di favori diversi da quelli che hanno valore monetizzabile.
La legge Nordio ha introdotto novità rilevanti anche sul fronte delle misure cautelari. Una delle questioni più discusse riguarda infatti la norma che impone al giudice di procedere all’interrogatorio dell’indagato prima di disporre il suo arresto. Tranne nei casi in cui “il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire”, l’indagato dovrà essere addirittura informato “almeno cinque giorni prima”. Il vincolo all’interrogatorio preventivo decade solo quando vi sia pericolo di fuga, inquinamento delle prove o rischio di reiterazione dei reati più gravi come mafia, terrorismo, violenze sessuali o stalking. Se attualmente a disporre le misure cautelari è il giudice monocratico, con le nuove norme la decisione sulla loro adozione sarà in capo a un organo collegiale formato da 3 giudici. Novità anche sugli avvisi di garanzia, all’interno dei quali dovrà essere contenuta una descrizione solo sommaria del fatto su cui si sta indagando. Si stabilisce poi che la consegna dell’atto avvenga in modalità tali da garantire la riservatezza del destinatario. È inoltre tornato “dalla finestra” il divieto per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di assoluzione di primo grado. Era una delle più note leggi “ad personam” partorita dal governo berlusconi, già giudicata incostituzionale dalla Consulta: per questo motivo, nell’ultima versione, il divieto è stato circoscritto ai reati non gravi.
Ma non è finita qui. Con l’ok al ddl Nordio si modifica pesantemente anche la normativa sulle intercettazioni. Si è infatti stabilito che pm e giudici avranno l’obbligo di stralciare dai brogliacci e dai loro provvedimenti ogni riferimento alle persone terze estranee alle indagini. È stato inoltre introdotto un nuovo bavaglio alla stampa. Gli organi di informazione potranno infatti pubblicare soltanto le intercettazioni il cui contenuto venga “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. Il governo è però intenzionato a intensificare ulteriormente la “stretta”: approderà presto in aula la proposta di legge firmata dal senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin attraverso cui si intende introdurre il divieto delle intercettazioni oltre la durata di 45 giorni (a esclusione di quelle legate ai reati di criminalità organizzata e terrorismo). Il testo va infatti a modificare l’articolo 267 del codice di procedura penale, in base a cui attualmente le intercettazioni sono invece prorogabili illimitatamente dal Gip su richiesta del pubblico ministero. Siamo, insomma, solo all’inizio di una lunga offensiva. E le associazioni di categoria di giornalisti e magistrati sono già sulle barricate.
[di Stefano Baudino]