Maggioranza – La coppia condivideva la segreteria: lui è Sammartino, già n. 2 della Regione Siciliana. Il caso di Silvestro (FI)
Di Giuseppe Pipitone – Il Fatto Quotidiano
17 Ottobre 2024
È da almeno un anno che alcuni componenti della Commissione Antimafia vorrebbero escludere Roberto Scarpinato dalle indagini sulla strage di via D’Amelio. “Già in ufficio di presidenza avevo paventato il rischio del conflitto di interessi del senatore Scarpinato in questa audizione”, diceva il 6 ottobre 2023 il leghista Gianluca Cantalamessa, spalleggiato dal berlusconiano Pietro Pittalis. I due contestavano al senatore M5S di essere stato “citato più volte” dall’avvocato Fabio Trizzino e da sua moglie Lucia Borsellino, figlia di Paolo. Menzioni dovute alla carriera da pm antimafia di Scarpinato. Un anno dopo, le intercettazioni con Gioacchino Natoli rischiano di diventare l’occasione per allontanare sia l’ex pg di Palermo che Federico Cafiero De Raho dai lavori di San Macuto. La presidente Chiara Colosimo, infatti, ha proposto una modifica al regolamento della Commissione per escludere i componenti in conflitto d’interessi. Quando sussiste una situazione di conflitto? E chi dovrà essere a stabilirlo? Bisognerà aspettare le modifiche annunciate dalla presidente per capirlo. A San Macuto, però, c’è chi fa notare come le nuove regole potrebbero colpire anche altri parlamentari. Soprattutto se tra le situazioni di conflitto dovessero essere inclusi i legami affettivi. Per esempio: cosa farà la leghista Valeria Sudano se la commissione dovesse occuparsi delle inchieste sulle infiltrazioni mafiose in provincia di Catania? La deputata è la compagna di Luca Sammartino, già vicepresidente della Sicilia, sospeso dall’incarico dopo essere finito accusato di corruzione in un’inchiesta per scambio elettorale politico-mafioso nel comune di Tremestieri etneo. Sammartino è già imputato in due processi per corruzione elettorale: in un caso è accusato di aver promesso utilità in cambio di voti a Girolamo Brancato, considerato esponente del clan mafioso dei Laudani. Il Fatto ha chiesto un commento a Sudano, che però non ha risposto. Poche settimane fa, la deputata ha denunciato alla Giunta per le Immunità presunti abusi nelle intercettazioni ambientali effettuate a carico del compagno. In pratica gli inquirenti avevano piazzato una cimice nella segreteria condivisa da Sammartino e Sudano a Catania: la commissaria antimafia, dunque, rivendica le sue guarentigie costituzionali.
La questione delle presunte incompatibilità avrebbe potuto riguardare decine di parlamentari che hanno fatto parte della Commissione in passato. Come Francesco Silvestro, senatore di Forza Italia, che ha lasciato l’Antimafia nell’ottobre del 2023, pare dopo il pressing della stessa Colosimo. Alle Regionali campane 2020, il “principe della notte” (l’azienda di famiglia produce materassi) era stato bollato come “impresentabile” dalla stessa commissione di San Macuto: da presidente del consiglio comunale di Arzano è finito sotto inchiesta per tentata concussione. Due anni dopo, il comune era stato sciolto per infiltrazioni della Camorra. Era il 2014, invece, quando il commissario antimafia Carlo Giovanardi veniva intercettato mentre cercava di ottenere la riammissione dell’impresa di Augusto Bianchini nella “White List” della prefettura di Modena, in modo da farla accedere ai lavori della ricostruzione post sisma. Bianchini sarà poi condannato a 9 anni per concorso esterno al processo Aemilia, quello sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta. Dopo una lunga battaglia sull’uso delle intercettazioni, Giovanardi è finito a processo per minacce. Andando indietro nel tempo i casi di commissari a rischio conflitto si sprecano. Amedeo Laboccetta approfittò dello status di parlamentare per portare con sé un pc che la Finanza voleva sequestrare negli uffici di Francesco Corallo, il “re delle slot”: venne poi assolto dall’accusa di favoreggiamento. Fu prescritta, invece, Elvira Savino, deputata di Forza Italia, che la Procura antimafia di Bari accusava di trasferimento fraudolento di beni: le veniva contestato di essere intestataria di un conto corrente utilizzato dal presunto cassiere del clan Parisi. Era una fedelissima di Silvio Berlusconi, che quando c’era da scegliere i parlamentari per l’Antimafia era particolarmente attento: nel 2009 designò Alfonso Papa, arrestato due anni dopo con l’ok della Camera perché coinvolto nello scandalo P4. Sarà poi prescritto da tutte le accuse e radiato dall’ordine giudiziario. Sta scontando una condanna a 6 anni per concorso esterno a Cosa Nostra, invece, Antonio D’Alì, ex sottosegretario: nel ’94 era tra i componenti di Forza Italia a San Macuto. All’epoca, secondo i giudici, aveva già rapporti consolidati con Messina Denaro: l’uomo giusto al posto giusto.