di Bernardo Bassoli
31 Luglio 2023
Tentato omicidio di Gustavo Bardellino: la DDA di Roma ha iscritto nel registro degli indagati da diversi mesi l’imprenditore insospettabile
Luigi Diana, 47 anni, ingegnere e imprenditore casertano trapiantato a Formia, è stato ascoltato dal Pm della DDA di Roma, Corrado Fasanelli (ora sostituto procuratore a Tivoli), diversi mesi fa in ordine al tentato omicidio del 43enne Gustavo Bardellino, nipote del fondatore del clan dei Casalesi. L’ingegnere formiano risulterebbe imparentato con i Mastronimico (estranei all’indagine), imprenditori vicino al clan dei Casalesi e destinatari di una maxi confisca da 40 milioni di euro. Questi ultimi sono a processo, per una inchiesta risalente al 2011, con l’ex sindaco di Villa Literno Enrico Fabozzi: secondo la DDA di Napoli, avrebbero stretto un patto col clan dei Casalesi, in particolare col gruppo che faceva riferimento a Domenico Bidognetti, che prevedeva l’appoggio elettorale in cambio di appalti a ditte vicine alla consorteria criminale. Secondo Nicola Schiavone ‘o russ, come riporta il giornale on line “cronachedi”, gli imprenditori Pasquale e Giuseppe Mastrominico erano intestatari di due immobili della famiglia di Francesco Schiavone detto “Sandokan”, situati a Caserta.
Tuttavia, non ci sono evidenze di rapporti illeciti di Diana con i Mastronimico, mentre è noto che l’imprenditore, nel settore edile, è nella cerchia dei sostenitori dell’attuale sindaco di Formia, Gianluca Taddeo, completamente estraneo all’indagine sugli spari a Bardellino, benché silente anche dopo la maxi operazione che ha coinvolto Polizia, Carabinieri, Ros e Dia lo scorso mercoledì 26 luglio. Anche dopo la scoperta del covo-bunker di Antonio Bardellino, la politica formiana, a cominciare dal Sindaco, non ha emesso un sibilo, se si eccettua la consigliera comunale d’opposizione ed ex sindaca, Paola Villa, da sempre sugli scudi rispetto a criminalità organizzata e alla famiglia Bardellino.
Sia Diana che il coetaneo Giovanni Lubello, anche lui di Formia e, come noto, ex marito di Katia Bidognetti – la figlia di Francesco Bidognetti detto “Cicciotto e’ mezzanotte”, uno dei capi storici del clan dei Casalesi – risultano indagati per tentato omicidio con l’aggravante mafiosa di Gustavo Bardellino, avvenuto dopo le ore 19 del 15 febbraio 2022 presso l’autosalone Buonerba, in Via Ponteritto, a Gianola, dove il rampollo della medesima famiglia Bardellino lavora in qualità di dipendente. Ad essere indagato per favoreggiamento con l’aggravante mafiosa anche l’81enne Vito Iacopino, l’uomo che risulta domiciliato a Formia nell’appartamento di Via dei Pini 7, presso il Villaggio del Sole, dove Carabinieri e Polizia hanno trovato il covo-bunker riconducibile al boss Antonio Bardellino, ufficialmente ucciso nel 1988, e per il quale la DDA di Napoli ipotizza un diverso destino: forse “zio Antonio” non sarebbe mai morto e avrebbe continuato a vivere, recandosi a Formia più volte. Peraltro la sua seconda moglie, Rita De Vita, con i figli, è stata avvistata più volte nell’appartamento in questi anni. La donna risulta essere stata proprietaria dell’appartamento che un tempo fu del manager legato ai Bardellino, Aldo Ferrucci, il gestore della discoteca formiana “Seven up”, esplosa nel 1985 quando il potere bardelliniano cominciava a vacillare.
Iacopino, residente nel Massachussets (Usa) a Lynfield, acquistò l’appartamento dai figli del fratello Antonio Iacopino, il quale l’aveva comperato tramite terza persona da De Vita ed è morto in un incidente stradale nel 1995. Come già noto, Vito Iacopino, originario del cosentino, ha riferito ai Carabinieri di Formia di aver acquistato la sua villa al Villaggio del Sole da “un criminale importante la cui moglie si chiama Rita De Vita”, conosciuto quando lo stesso Iacopino viveva a Santo Domingo e gestiva una discoteca. L’episodio è fortuito: Iacopino parla della compravendita a un militare dell’Arma dopo che, nella notte tra il 14 e il 15 luglio scorsi, tre ladri si erano introdotti al Villaggio del Sole e avevano viola la villa di Via dei Pini 7. Nel corso degli accertamenti in loco dei Carabinieri, Iacopino fa riferimento a “criminale importante”.
Tutto, ovviamente, porta alla figura di Antonio Bardellino, che in teoria avrebbe già dovuto essere morto. La discoteca sarebbe stata data da Iacopino in cambio dell’appartamento di Viale dei Pini 7 e un ingente somma di denaro. Lo stesso Iacopino viene considerato vicino ai Bardellino e in rapporti di rispetto con la De Vita.
Ad ogni modo, è sul tentato omicidio che la DDA romana sta lavorando. Ecco perché sia Diana che Lubello che Iacopino sono stati destinatari del decreto di perquisizione, ma non raggiunti da un provvedimento di arresto così come il 73enne Giuseppe Favoccia, vicino alla famiglia Bardellino da sempre e ristretto (ma poi rilasciato e messo ai domiciliari, su istanza dell’avvocato Fiorentino) per il possesso di una pistola alterata (semiautomatica priva di matricola) con relativo munizionamento calibro 7,65 che ha tentato di occultare nel corso della perquisizione.
Una indagine che, come è emerso in questi giorni, è doppia: da un lato la DDA di Napoli che ipotizza un nuovo cartello camorristico tra i cugini Calisto Bardellino e Gustavo Bardellino (quello attinto dai colpi d’arma da fuoco calibro 9×21) con membri dei Casalesi del nord casertano, e dall’altra la DDA di Roma che sta tentando, da tempo, di ricostruire cosa c’è dietro i due colpi (solo uno dei due lo prese all’altezza della spalla) che potevano uccidere il medesimo Gustavo Bardellino, il quale, dopo aver subito l’intervento chirurgico per l’asportazione del proiettile, nella giornata del 16 febbraio 2022, a 24 ore dall’agguato, tornò sul posto di lavoro, dicendo di non avere idea di chi avesse provato a ucciderlo.
Dapprincipio, Luigi Diana è stato indagato perché, secondo gli inquirenti, ce l’aveva con Gustavo Bardellino per via di un tradimento di natura sentimentale. Nel corso delle indagini, ascoltati sia Diana che la moglie, proprio in ragione di questo supposto tradimento, sono emerse altre risultanze e alcune contraddizioni, tanto è che l’inchiesta ha preso una piega diversa, arrivando a coinvolgere la DDA napoletana perché la figura di Gustavo Bardellino e dei suoi famigliari – da Calisto ad Angelo – dovevano essere approfondite. Viene ipotizzato che il tentato omicidio ha altre origini, diverse dal delitto passionale, ossia è maturato nel quadro dei contrasti tra clan camorristi rivali e legati a traffici illeciti controllati nel basso Lazio.
Una inchiesta che, però, si muove in un contesto di assoluta omertà quale è quello del sud pontino. Ecco perché le perquisizioni e i sequestri (pc, telefoni, materiale vario), disposti dai sostituti procuratori della DDA di Roma, Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri, hanno interessato tutta la famiglia formiana dei Bardellino, sia il ramo del capostipite Ernesto (l’ex sindaco socialista di San Cipriano D’Aversa) che quello del fratello Silvio. Perquisizioni che hanno interessato anche la concessionaria “Buonerba” e che hanno portato alla denuncia per spaccio della sorella di Gustavo Bardellino.
Ruolo preminente per l’indagine dell’Antimafia, oltreché alla vecchia indagine deniminata “Golfo” (una inchiesta che nel 2011 vide gli arresti di Angelo e Calisto Bardellino più altri, compreso un sequestro milionario, poi finita in una bolla di sapone) lo ha fornito il marito di Teresa Bidognetti, Vincenzo D’Angelo, diventato collaboratore di giustizia dopo l’arresto di novembre 2022. Il clan Bidognetti è a Formia da tempo (le sorelle Katia e Teresa sono residenti in città) e, nel quadro degli equilibri camorristici, è la fazione vincente: i Bardellino furono costretti a riparare a Formia negli anni Ottanta, dopo essere stati detronizzati dai Casalesi di Schiavone/Zagaria/Bidognetti.
D’Angelo conferma tutto questo agli inquirenti, arrivando a dire che i Bardellino sono “utilizzabili” dagli Schiavone ancora oggi e questi ultimi sarebbero a conoscenza di accertamenti sulla vigilanza dei locali formiani proprio per le conoscenze dei suddetti Bardellino. Secondo D’Angelo “i Bardellino potevano rilevare attività economiche nei territori di Formia, Sperlonga, Gaeta, Scauri, Minturno ma solo se se tali attività non erano di interesse degli Schiavone. Il basso Lazio da sempre è stato considerato un territorio di “esilio“. Il pentito va oltre e spiega: “Quanto alla struttura della famiglia Bardellino so che il più di rilievo è Calisto, figlio di Ernesto. Calisto avrebbe dovuto vendicare la sua famiglia, se avesse voluto riaffermare il suo potere…Katia Bidognetti e Carlo D’Angiolella, vivendo a Formia, avevano rapporti di amicizia con i Bardellino. Mi dicevano che Calisto Bardellino teneva un tenore di vita sproporzionato rispetto alle sue entrate formali“.
Tuttavia, D’Angelo ha detto agli inquirenti cose giudicate molto interessanti sul tentato omicidio. Dichiarazioni che non sono dirette in quanto il pentito riporta ciò che gli avrebbe detto il marito attuale di Katia Bidognetti, Carlo D’Angiolella finito agli arresti anche lui per via della stessa indagine della DDA di Napoli e dei Carabinieri di Caserta sfociata nell’ordinanza del novembre 2022.
Secondo D’Angelo, l’unico a sapere dell’ingresso posteriore del salone Buonerba, da dove sono entrati gli attentatori o l’attentatore di Gustavo Bardellino, sarebbe il primo marito di Katia Bidognetti, per l’appunto Giovanni Lubello. Per quanto raccontato da D’Angelo, Lubello sarebbe peraltro titolare a metà dell’autosalone Buonerba. Ecco perché anche Lubello finisce nel registro degli indagati per il tentato omicidio.
A parlare della presenza in attività illecite dei Bardellino su Formia, c’è anche un altro collaboratore di giustizia, Antonio Lanza. Quest’ultimo ha spiegato che nel 2022, volendo organizzare una piazza di spaccio, chiese a Katia Bidognetti di predisporre un incontro con i Bardellino per avere il lasciapassare. L’incontro non si fece più per l’arresto di Lanza. Insomma, i Bardellino, come risultava anche dall’operazione Golfo, sarebbero ben attivi sul territorio, soprattutto nel settore della rivendita di auto (e non solo). D’altra parte anche un altro collaboratore, Giuseppe Basco, ex affiliato ai Bidognetti, aveva parlato nei suoi verbali di Gustavo Bardellino, della sua famiglia e di un giro di estorsioni. Ma soprattutto aveva spiegato della loro presenza e di come i clan rivali dovessero rapportarsi nel caso in cui avessero interessi sul territorio.
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fonte:https://latinatu.it/bardellino-indagati-per-il-tentato-omicidio-lex-bidognetti-e-limprenditore-insospettabile/