Camorra/Grasso: Su controllo ortofrutta “federalismo mafioso”
In arresto imprenditori legati a clan di spicco di Cosa nostra
Un vero e proprio “federalismo mafioso” si era costituito tra gli esponenti di mafia, ‘ndrangheta e camorra per gestire il monopolio del trasporto ortofrutticolo nel Centro-Sud d’Italia. È quanto spiegato in conferenza stampa a Napoli dal procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso. Le bande criminali avrebbero, infatti, costituito un vero e proprio ‘cartello’ per poter gestire in modo monopolistico od oligopolistico per poter controllare il trasporto di frutta e verdura soprattutto nel Meridione d’Italia. Il procuratore Grasso ha spiegato, ad esempio, che le fragole prodotte a Vittoria, in Sicilia, venivano spedite a Fondi, nel basso Lazio, per essere impacchettate. A quel punto, la frutta veniva nuovamente inviata a Vittoria per poi essere distribuita non solo nel Sud d’Italia, ma anche a Milano. Un ‘giro’ che ha notevolmente aumentato i prezzi del prodotto. “Siamo molto felici della conclusione di questa indagine che va avanti da molti anni e che ha dimostrato come i Casalesi – ha detto il procuratore – avevano perpetrato una serie di collegamenti anche con mafia e ‘ndrangheta. Questa indagine principale si può dire conclusa, ma certamente ci saranno ulteriori sviluppi nelle realtà locali”. Grasso ha infatti messo in evidenza come oggi siano stati arrestati anche alcuni imprenditori siciliani, tra cui Antonio e Massimo Sfraga legati al boss latitante Matteo Messina Denaro oltre a Giuseppe e Vincenzo Ercolano, imparentati con la famiglia Santapaola. Grazie ai legami con questi personaggi di rilievo di Cosa nostra, i Casalesi sono anche riusciti a controllare i mercati ortofrutticoli della Sicilia orientale e di quella occidentale. Un monopolio gestito dai Casalesi che hanno anche sottomesso anche alcuni clan siciliani per porte accaparrarsi il trasporto dell’ortofrutta. Un controllo esercitato anche nei mercati ortofrutticoli di Aversa, Trentola Ducenta, Parete nel Casertano, Giugliano nel Napoletani, Pagani nel Salernitano, Fondi nel Lazio oltre a Palermo, Catania, Marsala e Gela in Sicilia, imponendo le ditte di autotrasporto e i prezzi di acquisto della merce dai produttori. Le indagini si sono avvalse anche delle intercettazioni telefoniche e ambientali attraverso le quali si è scoperto che alcuni commercianti avevano espresso il proprio disappunto per i prezzi troppo alti della merce e per i ritardi nell’arrivo dei prodotti. Lamentele che, però, non hanno minimamente scalfito l’andazzo perpetrato dai clan. Fondamentali anche le confidenze di due collaboratori di giustizia, Felice Graziano, capo dell’omonimo clan di Quindici (Avellino) e di Carmine Barbieri, uomo d’onore della famiglia Madonia di Gela e definito dagli investigatori elemento di “elevatissimo spessore”.
(Tratto da Virgilio Notizie)