Federico Cafiero de Raho
Procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia, è soprattutto la memoria storica della lotta all’ impero dei casalesi e coordina il pool di magistrati che indaga sulle cosche del Casertano. Un esperto, dunque, un pm in prima linea, uno che la scorta ce l’ha da 19 anni (in seguito a minacce ricevute dal clan Mariano dei Quartieri Spagnoli).
All’alba degli anni Novanta aprì – con Lucio di Pietro – quel fascicolo giudiziario che poi diventò il maxi processo che ha inflitto, in via definitiva, ergastoli a boss come Francesco Schiavone, Cicciotto Bidognetti, Antonio Iovine, catturato nel 2010 dopo quindici anni di latitanza, e Michele Zagaria, l’unico, ancora latitante.
Il nome di questo processo è Spartacus: porta il nome dello schiavo che si ribellò a Roma. Spartacus fu l’unico uomo che sia mai riuscito, insieme a un manipolo di schiavi, ad arrivare alle porte della capitale dell’impero, con il solo obiettivo di riacquistare la libertà. É cosa bizzarra per un processo, prendere il nome da un ribelle. Forse al sud la vera ribellione è la legalità. La legalità contro l’impero, “la dittatura armata della camorra” come la chiamava don Peppino Diana.
L’indagine fu condotta da Cafiero de Raho e dai pubblici ministeri Lucio di Pietro, Francesco Greco, Carlo Visconti, Francesco Curcio, e in seguito Raffaele Cantone e Raffaello Falcone; oltre 1300 furono gli indagati. Prima di questa indagine quasi non esisteva documentazione sul clan dei casalesi.
Cafiero de Raho è stato il pubblico ministero del maxi processo Spartacus, iniziato innanzi alla Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere nel 1998 e concluso nel settembre 2005 con 27 condanne all’ergastolo dei capi del clan dei casalesi e a 844 anni di carcere degli altri numerosi imputati, accusati di associazione mafiosa. Il processo, in primo grado, si sviluppò in 626 udienze, in cui furono ascoltati 508 testimoni ed esaminati 23 collaboratori di giustizia. La complessa requisitoria del pubblico ministero Cafiero de Raho impegnò 52 udienze dibattimentali dal febbraio al luglio 2004. Le condanne all’ergastolo sono divenute definitive.
Cafiero de Raho è stato il pubblico ministero del processo sull’omicidio del fratello del giudice Ferdinando Imposimato, concluso con la condanna all’ergastolo di Pippo Calò e degli altri correi.
Con Lucio di Pietro, Cafiero de Raho condusse le indagini sull’omicidio di Don Peppe Diana, sfociate nella sentenza di condanna degli autori.
Federico Cafiero de Raho ha coordinato numerose indagini sul clan dei casalesi, tra le quali, più recentemente, quelle che hanno condotto all’arresto di Zagaria Michele, il 7 dicembre 2011, l’ultimo dei capi del clan dei casalesi,latitante dal 1995.
“Quando iniziammo l’inchiesta Spartacus – racconta il magistrato – il clan dei casalesi non era per nulla noto e noi non avevamo alcuna informazione. Solo nel 1993 con l’inizio della collaborazione di Carmine Schiavone riuscimmo a capire la loro potenza e, soprattutto, le numerose ramificazioni economico-imprenditoriali. Il processo è durato sette anni al ritmo di tre udienze settimanali senza mai fermarci, basti pensare che molto spesso celebravamo le sedute in concomitanza anche di altri processi. Ed il tutto è passato sotto silenzio. Solo con l’uscita di ‘Gomorra’ c’è stato del clamore intorno alla vicenda che prima di allora ai più era sconosciuta. Così com’era sconosciuta la forza dirompente del clan dei casalesi considerati dai media un gruppuscolo operante limitatamente all’agro aversano.
Casale è un territorio in cui la camorra non si impone con la forza e la violenza ma con la ricchezza, con il denaro illegale che i casalesi sono riusciti a guadagnare svolgendo attività criminose. Accendere i riflettori sul meccanismo di reinvestimento dei casalesi: è questa la grossa minaccia per il clan.
Noi magistrati non siamo degli eroi. Siamo dei dipendenti statali e facciamo il nostro lavoro ed il nostro dovere. I veri protagonisti , i veri eroi, sono i cittadini di questo territorio, la parte sana di questi paesi che devono sottostare alla violenza. I veri protagonisti sono, tra gli altri, Domenico Noviello, Raffaele Granato, Federico del Prete e tutti quelli che hanno fatto la scelta di non cedere ed hanno pagato con la vita le loro scelte”.