COMUNICATO STAMPA
Testimoni di giustizia: Bubbico, terminato rapporto Gruppo di lavoro per nuova frontiera in materia di protezione
“Il Gruppo di lavoro in materia di misure di protezione dei testimoni e collaboratori di giustizia ha portato a termine il proprio impegno. Il Rapporto “Per una nuova frontiera in materia di testimoni e collaboratori di giustizia” sarà presentato ufficialmente il prossimo 28 ottobre”. Lo afferma il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico, che nei mesi scorsi ha istituito un gruppo di lavoro che si è impegnato a elaborare un rapporto contenente proposte di riforma in materia di testimoni e collaboratori di giustizia.
“Si è trattato di un lavoro delicato e proficuo. Era necessario confrontarsi su questa materia che ha bisogno di essere adeguata ai cambiamenti intervenuti negli anni e di risposte nuove rispetto alle criticità evidenziate nell’applicazione. Tra i punti salienti: il rafforzamento dell’assistenza personale e psicologica di quanti si motivano ad una scelta di legalità così rilevante e una maggiore efficienza nell’uso delle risorse dedicate attraverso il sostegno mirato al reinserimento sociale e lavorativo, delle persone protette”.
Il rapporto sarà presentato il prossimo 28 ottobre in un seminario all’Accademia dei Lincei, alla presenza del ministro Alfano, del ministro Orlando, del presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi e del Procuratore Nazionale Antimafia Roberti
Per giungere alla stesura della Carta, il Viminale ha creato una commissione ad hoc, un gruppo composto da sociologi, avvocati, magistrati e funzionari del Servizio centrale di Protezione, che nei prossimi sei mesi avrà il compito di studiare le normative vigenti e proporre le modifiche necessarie. Bubbico promette una svolta in tempi certi.
Perché è necessario cambiare le regole?
“Perché manca un quadro di certezze giuridiche ed operative che valga per tutti. Non ho alcuna difficoltà ad ammettere che sia necessaria un’azione di trasparenza. E spiego perché: i testimoni inseriti nei programmi di protezione non hanno ben chiari i propri obblighi e propri diritti. Così, è necessario per lo Stato rivalutare misure e strumenti, garantire condizioni di sicurezza e risarcire questi cittadini esemplari per i disagi che vivono. Ecco, la Carta dei diritti del testimone di giustiziadovrà creare un quadro di certezze giuridiche ed operative”. La stileremo in sei mesi, non un giorno di più”.
Cosa non ha funzionato?
“Dalla legge del 1991 alle successive modifiche, abbiamo costantemente aggiornato i profili di intervento. Ci siamo adeguati al contesto di volta in volta, creando un modello di risposta in progress che, magari avrà sortito delle soluzioni tampone, ma proprio per la sua natura sperimentale ha causato episodi discrezionali. Non tutti sono stati trattati allo stesso modo. E questo non è più accettabile. Servono regole eguali per tutti, principio caposaldo per una concreta azione legalitaria. Non è più possibile procedere con un quadro normativo che si è consolidato per successive approssimazioni”.
I testimoni come vivono il loro status?
“Stiamo vivendo un paradosso. Lo Stato impegna notevoli fondi sul piano finanziario (per collaboratori e testimoni di giustizia il budget del Servizio centrale Protezione sfiora gli 80 milioni di euro l’anno,ndr) ma anche in termini di risorse umane e strumentali. Ma dai testimoni di giustizia registriamo una insoddisfazione crescente. Ed è comprensibile, purtroppo. Così come è comprensibile il sacrificio silenzioso di migliaia di operatori di giustizia, uomini delle forze dell’ordine e della magistratura, che offrono il loro apporto in condizioni complesse. Con la Carta metteremo mano anche a queste situazioni”.
Perché i testimoni di giustizia si lamentano?
“E’ necessaria una premessa. Chi decide di testimoniare offre un contributo determinante nella lotta al crimine organizzato ed espone se stesso e la sua famiglia a rischi nella sicurezza personale ed a disagi profondi che segnano l’esistenza. La loro vita viene sconvolta perché, in ossequio al dovere di cittadinanza, hanno testimoniato di fatti illeciti o atti violenti. C’è chi ha cambiato città, chi ha deciso di utilizzare nuove identità e chi, infine, ha scelto di restare in trincea, nei luoghi dove ha denunciato le cosche mafiose”.
Tra i testimoni di giustizia che hanno deciso di non lasciare la sua terra e non cambiare identità c’è Ignazio Cutrò. Ora, però, l’imprenditore di Bivona sembra sul punto di arrendersi?
“Chi ha deciso di continuare a vivere nei luoghi dove sono avvenuti i fatti che ha denunciato è più di un testimone di giustizia. Diventa un testimone di legalità. Lo Stato deve saper cogliere queste risorse strategiche, perché la libertà si conquista restando in trincea. Se mi metto nei panni di chi ha scelto di restare, mi rendo conto di quanto difficile sia la sfida. C’è il rischio di essere isolati da una comunità, le persone che prima ti salutavano non ti rivolgono più lo sguardo, non ti degnano di una parola. In queste condizioni è quasi impossibile immaginare un reinserimento a pieno titolo. Come fa un imprenditore a lavorare in un contesto simile? Questa per noi è una sfida anche culturale, da vincere a tutti costi, perché le mafie si sconfiggono nei tribunali ma anche giorno dopo giorno, grazie al coraggio di chi, essendone stato vittima, ha denunciato”.
Quali misure saranno introdotte?
“Bisogna lavorare su più fronti. In primis, si deve garantire la sicurezza e il benessere psicofisico dei testimoni di giustizia. Abbiamo monitorato la situazione e non posso nascondere che sono tante le persone che soffrono. Poi, si deve puntare a ricostruire la vita economica e sociale di questi cittadini modello, con misure economiche che siano eguali per tutti. Sino ad oggi esistono due linee di ristoro economico: il fondo nazionale antiracket e quello della commissione centrale per la protezione. E’ successo che casi analoghi siano stati trattati in maniera diversi per aspetti puramente formali. Brutalmente, c’è chi ha preso di più e chi meno. E questo non è giusto. Ma ci saranno altre novità sul piano legislativo. E’ in dirittura d’arrivo la norma che consente l’assunzione nella pubblica amministrazione dei testimoni di giustizia. Il decreto attuativo è frutto di uno studio congiunto tra il Ministero dell’Interno e la Funzione pubblica. Abbiamo dovuto superare scogli giuridici non indifferenti: da una parte sancire il diritto all’assunzione, dall’altra la necessità di non svelare i nomi di chi ha assunto una nuova identità. Ostacoli superati”.