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Convegno della nostra associazione a Formia del 3 Marzo 2008

RELAZIONE INTRODUTTIVA AL CONVEGNO DI FORMIA DEL 3 MARZO 2008

 

 

 

 

 

“I SINDACI DI FORMIA E DI FONDI SI COSTITUISCANO IN GIUDIZIO NEI PROCESSI IN CORSO PER REATI ASSOCIATIVI DI STAMPO MAFIOSO! “

 

 

 

 

 

 

Sono circa dieci anni che stiamo sostenendo che le nuove mafie hanno cambiato il loro modus operandi.

 

Esse, infatti, si sono dati connotati nuovi, dopo essersi trasformate in organizzazioni imprenditoriali, che comprano tutto ciò che fa business: terreni, immobili, alberghi, residenze di agriturismo, attività industriali, ludiche, del tempo libero, commerciali, campeggi, stabilimenti balneari, distributori di carburanti, creando banche e società finanziarie, costruendo palazzi, strade, ponti, aggiudicandosi gli appalti di opere pubbliche, infiltrandosi nelle istituzioni e nella politica, spesso condizionandole.

 

Sono circa dieci anni che stiamo denunciando i ritardi e le omissioni di taluni vertici istituzionali locali e della politica che ostinatamente si rifiutano di prendere atto di questa nuova realtà.

 

Ci vediamo costretti, purtroppo, a spendere buona parte del tempo a contestare la veridicità di quanti sostengono insistentemente che… denunciare gli insediamenti mafiosi sul territorio del Lazio significa… ”fare allarmismo perché la situazione è sotto controllo”.

 

La polemica che abbiamo dovuto sostenere con l’ex Prefetto di Roma Achille Serra che contestava pubblicamente-nei convegni e sulla stampa le dichiarazioni dei magistrati della DNA e, con questi, di quanti, come noi, documentavano la presenza mafiosa nel Lazio e nella Capitale- è durata più di un anno.

 

 

 

Ricordo a quanti hanno partecipato a quell’incontro, lo scontro

 

verbale che c’è stato al riguardo nell’aula consiliare del Comune di Nettuno fra noi e quel Prefetto.

 

 

Anche con l’ex Prefetto e l’attuale Procuratore Capo della Repubblica di Latina ci siamo visti costretti ad usare toni polemici per respingere ripetutamente la loro versione “minimalista” del fenomeno mafioso sul territorio pontino.

 

La stessa cosa abbiamo dovuto fare nelle scorse settimane nei confronti dell’attuale Prefetto di Frosinone e di altri vertici di istituzioni locali che, con dichiarazioni rilasciate ad alcuni organi di stampa, contraddicendo, in sostanza, tutto quanto era stato evidenziato in relazione alle attività delle mafie in Ciociaria dalla Direzione Nazionale Antimafia, dalle Commissioni Parlamentari Antimafia, dal Presidente della Corte di Appello di Roma, dalla DIA e dallo stesso Ministero dell’Interno, hanno cercato di “minimizzare” dimensioni e pericolosità di tali attività e presenze. Dopo pochi giorni dalle loro dichiarazioni, sono scoppiati i “casi” di Equitalia e dell’assassinio di Lorenzo Necci!!!…

 

Oggi, grazie a Dio, almeno nelle province di Roma e Latina, la situazione sta lentamente cambiando, dopo la nomina di due nuovi Prefetti- a Roma Mosca ed a Latina Frattasi- funzionari attivi e molto sensibili ai problemi della legalità e della lotta alle mafie. Il “caso Fondi”, città dove con decreto prefettizio è stata nominata una Commissione di accesso agli atti del Comune per verificare se ci siano stati condizionamenti mafiosi sugli atti del Comune e sta indagando la DDA di Roma, è emblematico.

 

Al riguardo riteniamo doveroso esprimere al Prefetto di Latina Bruno Frattasi i sensi della nostra più profonda gratitudine e della nostra stima; come, anche, avvertiamo il dovere di esprimere gli stessi sentimenti al Comandante Provinciale dei Carabinieri Col. Leonardo Rotondi per l’eccellente lavoro che l’Arma sta facendo per rompere la rete di illegalità, di cointeressenze, di protezioni che legano i mondi della politica, degli affari e delle mafie in provincia di Latina, una provincia, insieme a quella di Frosinone, che il qui presente Dr. Ardituro, della DDA di Napoli, ha ricordato come “ritenuta dalla camorra parte integrante della provincia di Caserta”.

 

Ma come si fa a parlare di riforma delle istituzioni, di sviluppo, di lotta alla disoccupazione, di democrazia partecipata, se nei gangli delle istituzioni si è andato negli anni creando e solidificando un potere criminale che condiziona tutto e tutti?

 

Come si fa a tollerare ulteriormente il fatto che, come giustamente denuncia Nando dalla Chiesa nel suo ultimo saggio sull’assassinio del padre, le carriere politiche dei mafiosi dipendano solamente dall’opera di taluni magistrati ed appartenenti alle forze dell’ordine onesti e coraggiosi e non, al contrario, come dovrebbe essere, dal rispetto di regole etiche che i partiti politici dovrebbero darsi e rispettare?

 

Come si fa a sconfiggere le mafie se prima non si provvede a rompere la ragnatela delle mille solidarietà di cui queste dispongono a livello politico ed istituzionale?

 

E’, questa, la domanda che rivolgiamo alle persone presenti a questa manifestazione, ai rappresentanti della stampa che tacciono e fanno finta di non vedere quello che succede sui nostri territori ormai invasi e condizionati dalle mafie nella loro vita quotidiana, ai cittadini tutti, alla vigilia di una competizione elettorale decisiva per il Paese, convinti come siamo che solo una nuova strategia che abbia come presupposto il ricongiungimento fra etica e politica è la conditio sine qua non per la sconfitta delle mafie.

 

“Oggi, scrive “Antimafia duemila”, il grande latitante è la politica che conta pochissime eccezioni. I grandi vertici di governo e dell’opposizione ignorano la gravità del problema, la loro scelta di continua disattenzione e sottovalutazione sembra più voler appoggiare che non combattere le mafie. A parte qualche vivace intervento della Commissione Parlamentare Antimafia il governo Prodi appare del tutto disinteressato ed il nuovo Partito Democratico non ha nemmeno preso in considerazione la possibilità di rendere prioritaria l’endemica emergenza mafia: Per non parlare dei sinistri messaggi inviati da Berlusconi che oltre ad aver voluto lanciar il suo nuovo partito proprio da Palermo ha difeso, pubblicamente ed a spada tratta, l’amico Marcello Dell’Utri attaccando ancora una volta, i magistrati. Dell’Utri rappresenta, invece, proprio quel tipo di mafia che rafforza e sostiene Cosa Nostra.

 

Nessun partito sarà mai veramente innovativo se non avrà il coraggio di fare un’operazione di verità, se non avrà l’ardire di andare alle origini di questa cosiddetta Seconda Repubblica che sono da ricercare nel fumo delle stragi in cui morirono Falcone e Borsellino. Se non verranno smascherati i volti dei mandanti occulti delle stragi non sapremo mai chi comanda davvero in Italia”.

 

Un’analisi, questa, dura, spietata, ma che disegna bene il quadro della situazione in cui ci troviamo.

 

Mafie e politica. Durante un convegno svoltosi l’estate scorsa proprio a Formia, presso il Centro CONI, il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso ha detto che mafia e politica sono come i pesci ed il mare. Non ci sono gli uni se non c’è l’altro.

 

 

 

Vi risparmio la narrazione dei tanti fatti che ci vedono quotidianamente osservatori di episodi di commistioni, più o meno palesi, fra mafia e politica in tanti comuni delle nostre province e della nostra Regione: da Tarquinia, in provincia di Viterbo -dove saremo il 17 prossimo insieme al Dr. De Fichy -, nella Capitale, ad Ardea, Fiumicino, Ostia, Nettuno, in provincia di Roma, a Fiuggi, Sora, Cassino e nel resto della provincia di Frosinone, a Fondi, Terracina, San Felice Circeo, Sabaudia, Minturno, Ss. Cosma e Damiano, Gaeta, Formia, Latina, Aprilia e nel resto della provincia pontina.

 

Ma quello che maggiormente preoccupa è l’affermazione – fra cittadini il cui impianto morale è stata demolito da una campagna di stampa e televisiva tesa ad eliminare i valori del bene comune – di una subcultura del “pecunia non olet “, in virtù della quale, in una situazione di emergenza economica qual’è quella che stiamo attraversando, ”non interessa “ chi” crea attività economiche che danno lavoro; basta che queste vengono realizzate “. Come a dire, come fece il Ministro Lunardi del governo Berlusconi: conviviamo con la mafia e facciamole investire i suoi miliardi di capitali illeciti.

 

Così facendo, è, con il passare degli anni, l’intera economia che diventerà criminale e, con l’economia, la politica e le istituzioni.

 

Il dilagare di tale devastante subcultura non trova alcuna diga, purtroppo, neanche da parte di coloro, almeno su questo territorio, che dovrebbero essere in prima linea in una battaglia di contrasto: organizzazioni sociali, Chiesa, Scuola, partiti della sinistra, strutture che, ad eccezione di qualche iniziativa di singole persone, colpevolmente tacciono.

 

Recentemente la segretaria nazionale di un partito, parlando delle mafie esistenti nella Capitale, ha detto che “intorno al Palazzo… si parla troppo napoletano”.

 

 L’ha corretta un Ministro dell’attuale governo-Antonio Di Pietro-, che ha detto: ”non è “intorno” al Palazzo che… si parla napoletano, ma… “dentro” il Palazzo”.

 

Oliviero Beha ha scritto recentemente un saggio dal titolo “Come resistere nella palude di Italiopoli”. A pagina 111 della terza edizione, citando Andrews, egli ha scritto testualmente:

 

“Ci sono stati molti malintesi sul significato della mafia per l’Italia. Pur essendo un organizzazione spesso romanzata al cinema e nella mitologia popolare, ha forti radici nella struttura della società siciliana (leggi “italiana” nda)… E’ dunque fuorviante vederla semplicemente come un’organizzazione criminale in conflitto con lo Stato. Né è esatto vederla come una forma estrema di massoneria, una società segreta che vive lontano dalla massa (di nuovo perfetto tale riferimento senza dover nulla sostituire anche ai massoni del club Italia, nel centrodestra, nel centrosinistra, nel centro, tra gli imprenditori, i grandi banchieri, i giornali, le tv, la vecchia P2, la nuova P3 ecc. nda). Piuttosto la mafia-termine ritenuto di origine araba e usato per la prima volta in senso moderno nel diciassettesimo secolo a significare “audacia”, ”ambizione”, ”arroganza” (che mi dite?Riconoscete qualcosa della nostra classe dirigente?, nda) – è profondamente radicata nelle gerarchie della Sicilia (prego sostituire con “Italia”, nda). ”

 

Ha scritto il Procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato:

 

“Tranne poche eccezioni, a tutt’oggi i discorsi sulla mafia continuano ad incentrarsi-esattamente come accadeva venti o trent’anni or sono-su Provenzano, su Riina, su altri capi militari, sulla problematica del concorso esterno, sulla diffusione del racket, sulla mancanza di collaborazione dei cittadini, sul traffico degli stupefacenti…

 

Una massima di saggezza popolare insegna che le cose più importanti non sono quelle che si dicono, ma quelle che si tacciono…

 

Ma è forse sul terreno della criminalità mafiosa, che viene adottata la tecnica più raffinata di manipolazione della memoria e dell’opinione collettiva. La tecnica consiste nel veicolare un’immagine della mafia unidimensionale appiattita solo sull’ala militare, lasciando in ombra le connessioni sistemiche tra l’ala militare e quella politica…

 

L’ininterrotto spot mediatico-culturale su Provenzano e su altri capi militari, è come un faro puntato solo su una parte del pianeta mafioso che sortisce l’effetto di oscurare l’altra faccia del pianeta: quella del ritorno dell’egemonia di una borghesia mafiosa che –chiusa la parentesi decennale del delirio di onnipotenza corleonese- sembra aver ripreso il controllo di un sistema di potere nel quale -dall’Unità d’Italia ad oggi –alla mafia militare è stato sempre assegnato un ruolo servente.

 

Un collaboratore di giustizia una volta commentò che se Provenzano non esistesse bisognerebbe inventarlo, quasi si trattasse di una formidabile arma di distrazione di massa “…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un quadro, quello appena descritto, veramente drammatico, di fronte al quale si capiscono le ragioni per cui NON SI FA UN’AZIONE EFFICACE DI CONTRASTO ALLE MAFIE.

 

Abbiamo monitorato a fondo, da un paio di anni in qua, particolarmente nelle province di Latina e Frosinone, la situazione ed abbiamo individuato una serie di investimenti “sospetti” fatti da soggetti per lo più provenienti dalla Campania e dalla Calabria. Abbiamo chiesto a gran voce di indagare a fondo sulla “provenienza” e sulla “tracciabilità” delle montagne di capitali investiti sul nostro territorio. Abbiamo chiesto e chiediamo indagini patrimoniali e sui collegamenti fra mafia e politica. Sempre inascoltati, se non minacciati ed anche denunciati con richieste di risarcimento danni milionari, come ci è capitato recentemente a Fondi, dove solo ora, con l’ attuale opposizione di centrosinistra quasi sempre inerte e silenziosa, grazie esclusivamente al Prefetto Frattasi, alla DDA, alla DIA ed al Colonnello dei Carabinieri Rotondi, si comincia a scoprire quanto siano radicate la presenza mafiosa e l’illegalità. A Fondi- non dimentichiamolo mai- l’anno scorso, in circostanze e con motivazioni rimaste finora misteriose, si è suicidato il Comandante della Compagnia della Guardia di Finanza, Capitano Fedele Conti, un brillante Ufficiale ligio ai suoi doveri ed al giuramento di fedeltà allo Stato. Qualcuno ha ipotizzato che tale evento luttuoso sia riconducibile ad una storia di “ campeggi”.

 

Ma Fondi è una goccia nell’oceano, perché, più o meno, la stessa situazione riguarda altri comuni, da Itri, a Ventotene, a Terracina, a Minturno, a Formia, a Gaeta, a Latina, Aprilia, San Felice Circeo, Sabaudia, Fiuggi, Cassino, Sora, Frosinone, Tuscania, Civitavecchia, Ardea, Roma e così via.

 

Non a caso abbiamo voluto dare come tema a questo Convegno “Mafie nel Lazio. Punto di non ritorno?”

 

Non c’è speranza alcuna che si riesca ad uscire da questo tunnel???…

 

Noi riteniamo che si può uscire, ma ad una sola condizione:

 

con un sussulto di orgoglio di tutti i cittadini onesti, i quali debbono rendersi conto della necessità di un loro impegno personale nella battaglia contro l’illegalità e le mafie.

 

Non si può addossare tutto il peso di questa battaglia alle sole forze dell’ordine ed alla magistratura, rimaste finora sole a combattere contro un nemico che è molto più potente e temibile.

 

Con la politica, in parte, ”disattenta”, se non “collusa”.

 

E, a proposito di politici, dimostrino, almeno quelli che operano su questo territorio, che non è così, costituendosi in giudizio come parte civile nei processi in corso per reati associativi di stampo mafioso.

 

Ci riferiamo, in particolare, ai Sindaci di Formia e di Fondi.