Risultati e proposte dal confronto tra magistrati, politici, giornalisti e gente comune nel confronto organizzato a Caserta dalla Caponnetto
E’ stato un confronto serrato, non privo in alcuni momenti di toni aspri e di velate polemiche, quello che ha tenuto banco ieri pomeriggio, dinanzi ad un folto e partecipe pubblico, nella sala multimediale della chiesa Santissimo Nome di Maria, a Caserta, territorio prescelto per ‘seminare’ le esperienze della Caponnetto sui territori a più alto predominio mafioso, come ormai sua consuetudine da anni.
Condotti dalla giornalista della Caponnetto Rita Pennarola, i lavori sono stati aperti dalla emozionante testimonianza di due mamme della Terra dei Fuochi che hanno perso i loro figli per l’avvelenamento ambientale di queste terre.
Incalzante e appassionato, a seguire, il lungo intervento di Ida Teresi, magistrato di prima linea della DDA di Napoli, la quale ha inteso soffermarsi su vecchi e nuovi ostacoli che si frappongono sul non facile percorso di individuazione dei responsabili di crimini camorristici, come gli sversamenti tossici andati avanti per decenni, specie nell’attuale momento che vive la giustizia. Rispondendo a un’osservazione di Rita Pennarola sui magistrati dalla “denuncia facile” nei confronti dei giornalisti, soprattutto in sede civile, con relativo effetto intimidatorio sulla stampa, la dottoressa Teresi ha infatti affermato che addirittura tale fenomeno talvolta colpisce gli stessi esponenti delle forze dell’ordine incaricati delle indagini, tanto che il pm si trova qualche volta costretto ad indagare per reato connesso sullo stesso maresciallo che sta conducendo gli accertamenti sui clan. Un clima difficile, nel quale – ha aggiunto Teresi – il camorrista che personalmente si presenta dai negozianti per le estorsioni è molto spesso la stessa persona che apre un ristorante a Ibiza.
Corinna Forte, gip a Santa Maria Capua Vetere e per anni coordinatrice del Collegio Misure di prevenzione, dopo essersi soffermata a lungo proprio sulle diverse tipologie di personaggi connessi al binomio impresa-camorra, ha dichiarato dal canto suo che il giudice è un tecnico, deve applicare la legge e sfuggire alla notorietà, mettendo al bando le immagini di pm-sceriffo che troppo spesso si vedono attraverso i media.
Efficace l’intervento di Massimiliano Manfredi, esponente renziano della Commissione Parlamentare Antimafia e tra gli autori del Decreto Terra dei Fuochi, provvedimento che è stato da lui rivendicato con forza «perché – ha chiarito – prima che censissimo le aree inquinate, rivelatesi poi solo pari al 2% dei suoli potenzialmente agricoli, era passato nell’opinione pubblica internazionale il concetto che tutto il prodotto agricolo proveniente dalla Campania era inquinato, con gravissimi riflessi sull’export e sulla commercializzazione. Una visione errata, smentita dalle analisi scientifiche, tanto che ormai da tempo le nostre imprese del settore agroalimentare hanno ripreso vigore”. Significativi anche i primi effetti della nuova legge sugli ecoreati – “perfettibile, ma intanto c’è” – e soprattutto la proposta, che sta andando avanti, di inserire un soggetto pubblico con le necessarie competenze, quale è Invitalia, nella gestione dei beni confiscati, molti del quali finora, a livello di imprese, andavano in malora per diverse ragioni, compresa la mancanza di manager all’altezza di tale difficile compito.
Dopo gli interventi del testimone di giustizia Luigi Leonardi, cui Manfredi ha assicurato un interessamento per il rapido iter della nuova norma sui testimoni, già in itinere, e dell’avvocato Gerardo Tommasone, che assiste la Caponnetto come parte civile in numerosi processi di camorra, le conclusioni sono state affidate al presidente onorario della Caponnetto, il professor Alfredo Galasso. «La percezione della giustizia nel nostro Paese – ha affermato il docente ed avvocato palermitano – non è conforme a quanto chiedono i cittadini, che troppo spesso escono dalle aule di giustizia delusi, quando non disperati”. Ed ha chiarito: “il Paese chiede, come lo chiedeva al tempo di Giovanni Falcone e di Rocco Chinnici – che la magistratura faccia bene il suo lavoro, solo questo, ma purtroppo non è ciò che sempre accade”. “Anche il giornalismo – ha incalzato Galasso – dovrebbe mostrare maggiore senso di responsabilità, soprattutto in memoria dei colleghi che hanno perso la vita come Impastato o Siani. Ma si ricordava di tutto questo Bruno Vespa, quando ha portato sotto i riflettori di Porta a Porta il figlio di Totò Riina?», ha polemicamente aggiunto Galasso, che non ha risparmiato critiche anche alla politica. “Lei ha parlato – ha aggiunto rivolto a Manfredi – di ‘ravvedimento operoso’ per le imprese che lavorano ‘al nero’. Ma non sarebbe il caso che sia proprio la politica a mettere in atto su se stessa un salutare ‘ravvedimento operoso’, rispetto ad omissioni ed inefficienze andate avanti per decenni anche in queste Terre dei Fuochi?”.
Non meno dure le parole di Elvio Di Cesare, segretario nazionale della Caponnetto, intervenuto proprio su questo punto per ricordare “quel patto scellerato tra camorra e servizi segreti che ha garantito per anni l’impunità sugli sversamenti tossici, senza contare le centinaia e centinaia di denunce ‘insabbiate’ su tali fenomeni, con gravi responsabilità quindi non solo della politica, ma anche di una certa, consistente parte della magistratura”.
Dai lavori sono emerse alcune proposte concrete, rivolte principalmente alla Commissione Parlamentare Antimafia rappresentata a Caserta da Massimiliano Manfredi. Il professor Galasso ha esortato infatti la Commissione a non limitarsi a lunghe audizioni nelle quali i componenti sostanzialmente si sentono ripetere quanto già letto sui giornali, ma piuttosto a formulare concrete proposte di modifica dell’apparato legislativo nelle tante parti carenti, cominciando fra l’altro a cambiare il termine “misure di prevenzione”, perché non più di prevenzione si tratta, come era ai tempi in cui fu emanata la norma, bensì di “restituzione” allo Stato di quanto accumulato con metodi illeciti e mafiosi. E questo – ha aggiunto il professore – anche per amplificare l’effetto deterrenza sui criminali, oltre a fornire i beni confiscati di una più sicura destinazione a favore della collettività.
Rita Pennarola ha infine avanzato la richiesta alla Commissione Parlamentare presieduta da Rosy Bindi di aprire punti di ascolto protetti sui territori maggiormente infestati dalla criminalità organizzata, in primis Napoli e provincia, al fine di facilitare le denunce delle vittime, attualmente ostacolate da soffocanti burocrazie, oltre che condizionate dalla logica dei sospetti, che ricade anche su chi intende collaborare con lo Stato. “Ho personalmente seguito il dramma di tante madri che volevano strappare i figli al loro destino nelle fila dei clan, ma non hanno trovato la possibilità di farlo – ha aggiunto Pennarola – perché provenienti tutte da ambienti evidentemente già segnati da fatti criminali e quindi esposte non solo a possibili ritorsioni della camorra, ma anche a indagini a proprio carico da parte degli stessi inquirenti cui andavano a portare le loro disperate segnalazioni”.
Due ore prima che iniziassero i lavori del convegno, negli stessi locali si era riunito il Comitato Scientifico della Caponnetto presieduto dal giudice Antonio Esposito, che ha approvato numerose proposte dei suoi componenti, fra cui quella di un incontro pubblico a metà giugno per l’inaugurazione della nuova sede dell’associazione a Palermo, per la cui organizzazione è già in campo il professor Alfredo Galasso.
Roma, 8 maggio 2016 Ufficio stampa Associazione Antimafia Caponnetto
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