Il Manifesto, Sabato 23 Novembre 2024
Il progetto di legge che la maggioranza sta portando avanti è sbagliato pertanto sin dalle prime righe della relazione introduttiva. Per migliorare la produttività del settore pubblico bisogna intervenire sui processi
Depotenziare il controllo imparziale della Corte dei conti per aggredire la cosiddetta «paura della firma» non migliorerà le performance della pubblica amministrazione. Il progetto di legge che la maggioranza sta portando avanti è sbagliato pertanto sin dalle prime righe della relazione introduttiva. Per migliorare la produttività del settore pubblico bisogna intervenire sui processi, superare l’approccio gerarchico, ampliare la formazione permanente, ripensare le forme di reclutamento, introdurre nuove professionalità, legare retribuzioni e responsabilità. È, per riassumere, una questione di governance, che è il vero rimedio contro l’inerzia.
Per approssimare meglio questi effetti virtuosi si potrebbero semmai accentuare le disposizioni (peraltro già esistenti) tendenti a penalizzare l’inazione amministrativa. Si darebbe in questo modo una freccia in più alla magistratura contabile, che abbiamo ereditato da Cavour, per svolgere meglio ciò che già fa. Che non si misura solo nei milioni recuperati all’erario (non pochi), ma nell’impulso che la sua presenza (soprattutto sul territorio) imprime alle pubbliche amministrazioni. Tanto più il policy maker riuscirà a far prevalere gli obiettivi sugli adempimenti, tanto più il controllo sarà efficace, penetrante, funzionale al miglioramento della produttività.
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Altro errore del progetto di legge a prima firma Foti è l’idea di attribuire alla «Corte dei conti un nuovo ruolo di supporto agli amministratori pubblici, affinché questi possano trovare in via preventiva una concreta assistenza». Sarebbe un pasticcio. Non si può essere, allo stesso tempo, consulenti e controllori. Già in passato alcune disposizioni si sono spinte su questo terreno, con effetti negativi. Come può la Corte fornire un parere preventivo (esimente rispetto a profili di responsabilità) su un’opera del Pnrr o che supera un milione di euro? A parte le difficoltà pratiche si inciderebbe fortemente nella discrezionalità dell’ente democraticamente legittimato, che deve rispondere della decisione alla comunità che lo ha eletto. Non a caso oggi il parere della Corte è sull’interpretazione delle norme di contabilità pubblica, che aiutano il sindaco a fare la sua scelta.
Il progetto prevede inoltre un tetto quantitativo alla colpa grave e l’obbligo di assicurazione, con la possibilità «di destinare una parte del trattamento economico accessorio spettante al dirigente o funzionario» per la stipula della polizza. Ma ciò produce un evidente fenomeno di free riding. Il funzionario negligente non sarà incentivato a migliorare la sua condotta poiché la penalizzazione sarà coperta dall’assicurazione, il cui premio peserà sul trattamento accessorio anche di chi avrà agito in modo virtuoso.
Infine, una importante questione di metodo. La Corte dei conti è un organo a rilevanza costituzionale, una magistratura speciale. Correttezza istituzionale vorrebbe che un intervento legislativo significativo fosse concertato con i suoi vertici, che magari fosse veicolato attraverso una legge delega, per consentire di definire in modo appropriato i particolari nei decreti attuativi. Nella discussione in corso sono stati presentati emendamenti che incidono pesantemente sulla struttura organizzativa della Corte, ridisegnandone il profilo con un approccio estemporaneo. Nel complesso emergono venature decisamente centralistiche, che depotenziano le articolazioni regionali della Corte (una delle innovazioni più rilevanti di questi ultimi anni), in totale distonia, peraltro, con la (opinabilissima) autonomia differenziata. Insomma, non va bene per niente e, neppure il Conte di Cavour, che era un liberale di destra, sarebbe stato contento.