I dati dell’Osservatorio criminalità che denuncia: l’allarme è stato sottovalutato
La finanza davanti al Café de Paris (Ansa) |
L’ombra della «’ndrangheta» sui locali del centro, quella della camorra in periferia. «Soprattutto nel settore dei supermercati e dei centri commerciali», spiega Enzo Ciconte, presidente dell’Osservatorio regionale sulla Sicurezza. Il maxi-sequestro di beni di qualche giorno fa, compreso il «Café de Paris» di via Veneto, ha alzato il velo sulle continue infiltrazioni della criminalità organizzata in città, in provincia e anche nel resto della regione. «Ma troppo a lungo la ‘’ndrangheta’ è stata un fenomeno sottovalutato, considerata una mafia di serie B», aggiunge Ciconte. Le «’ndrine» romane sono 25, sparse sul territorio, su un totale di 61 cosche nel Lazio (40 in provincia di Roma) con circa 300 «capizona». «Attenzione però – sottolineano gli investigatori del Ros dei carabinieri – i clan non dominano i quartieri, ma puntano a riciclare denaro sporco con imprese di livello. Non importa se con guadagno oppure no: per loro l’importante è far sparire i proventi illeciti».
«La ’ndrangheta punta ai locali del centro. Ma non è la sola a infiltrarsi nel tessuto commerciale romano: la camorra, ad esempio, punta sulle periferie. Sui supermercati, in particolare ». Enzo Ciconte, presidente dell’Osservatorio regionale sulla Sicurezza, ne è sicuro: «Negli ultimi 10 anni si è evoluta la tendenza della criminalità organizzata ad affermarsi progressivamente sul territorio di Roma e del Lazio: ristoranti, centri commerciali. Ormai i clan sono radicati». L’indagine che ha portato al sequestro di beni per 200 milioni di euro, compreso il «Cafè de Paris» di via Veneto, ne è l’ennesima prova. Ma Ciconte va oltre: «Purtroppo a lungo la ’ndrangheta è stata considerata una mafia di serie B. È stata sottovalutata, ma oggi vediamo dove è arrivata approfittando del silenzio e dell’indifferenza». Dal dossier dell’Osservatorio emerge che la criminalità organizzata calabrese è in cima alla classifica dei clan presenti in provincia: 18 cosche, oltre alle 23 di mafia, camorra e «Sacra corona unita» pugliese. Un’altra ventina sono attive nella regione. Gli affiliati sono circa 300, ma i fiancheggiatori sarebbero già migliaia.
Un panorama inquietante. «Ma è difficile quantificare gli investimenti della malavita organizzata – sottolineano gli investigatori del Ros dei carabinieri, protagonista dell’ultimo maxi sequestro – e poi non c’è una divisione territoriale fra clan, che invece scelgono Roma perchè è più facile mimetizzarsi: il loro obiettivo è riciclare denaro sporco, non importa se con guadagni oppure no». Clan e «’ndrine», dunque, a caccia di «imprese-lavatrici » per pulire i proventi illeciti. Con Roma sullo sfondo. «La città è grande e non si ostacolano fra loro – aggiungono gli investigatori – ma è sbagliato considerare i clan come i padroni di alcuni quartieri». Per l’Osservatorio almeno 6 «’ndrine » si dividono la periferia nord, la zona del Flaminio, prima e oltre il Raccordo, mentre infiltrazioni criminali calabresi sono state accertate a San Basilio, e non sfuggono nemmeno Casilino, Borghesiana, Tor Bella Monaca e Romanina, spesso con l’aiuto di esponenti di spicco della criminalità locale, che continua ad agire all’Appio e al Tuscolano, mentre a Centocelle, come a Ciampino, è sempre la camorra, secondo le analisi dell’Osservatorio, a essersi insediata. Ostia, invece, è un centro nevralgico per le attività dei clan con un’alleanza mafia-camorra. In provincia le infiltrazioni si sono ormai trasformate in basi operative: ad Aprilia, a Pomezia, fra Nettuno e Anzio, anche a Civitavecchia. Secondo l’agenzia del Demanio un anno fa erano 99 le aziende confiscate nel Lazio per reati di mafia, e solo in provincia di Roma 245 i beni sequestrati alle cosche (361 nella regione, al sesto posto in Italia). Fra questi molti locali pubblici. E ieri Edi Sommariva, direttore generale della Fipe, che rappresenta oltre 200 mila imprese, denuncia: «Quando ci si trova davanti a cifre da capogiro, fuori dal mercato, c’è sempre qualcosa che non funziona: in questo periodo sono aumentate le cessioni di licenze che bisogna controllare insieme con i contratti di vendita». Per il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, «serve una grande vigilanza su tutto il sistema degli appalti perchè non ci siano zone grigie».
Rinaldo Frignani
(Tratto dal Corriere della Sera – Roma)