AMDuemila 04 Novembre 2024
Dopo l’allert lanciato a giugno da Scarpinato, anche parlamentari di Iv e Pd chiedono lo stralcio delle norme del governo sul tema
C’è grande preoccupazione tra i banchi dell’opposizione per le norme contenute nella legge sulla cybersicurezza approvata la scorsa estate, soprattutto dopo il maxi-scandalo delle spie e dei dossieraggi emerso dall’inchiesta della Dda di Milano sul gruppo di hacker della Equalize, la società di investigazione dell’ex poliziotto Carmine Gallo e del presidente di Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali. “Il combinato disposto delle norme contenute nella legge sulla cybersicurezza approvata a giugno, con quelle previste nel ddl Sicurezza, ora all’esame delle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato, crea un grave vulnus anche per i database delle Procure“, perché “sarà possibile accedervi, anche da parte di apparati governativi, senza alcun controllo“. Lancia l’allarme il capogruppo di Italia Viva al Senato, Enrico Borghi, che chiede con forza lo stralcio di una delle ‘norme incriminate’: l’articolo 31 del ddl che estenderebbe “di molto” la possibilità di accedere a banche dati di “ogni livello” in “nome della sicurezza“, senza “neanche prevedere un ruolo di controllo del Copasir“.
Si tratta dell’ennesimo sgambetto ai magistrati da parte del “Governo Meloni” secondo la vicepresidente della Commissione Giustizia di Palazzo Madama, Ilaria Cucchi (Avs) che ricorda però come già il senatore M5S, Roberto Scarpinato, tentò di rimediare alla “falla normativa” che si era creata con un emendamento al decreto cyber-sicurezza poi bocciato. E “persino alla Camera, le Commissioni competenti” si posero il problema di prevedere “delle credenziali di accesso” alle banche dati. Ma inutilmente per “mancanza di fondi“. “Il provvedimento sulla cybersicurezza è gravemente inadeguato ad assolvere l’importante finalità di dotare l’Italia di una vera protezione cibernetica”, aveva affermato al Senato Scarpinato che, con il M5S, aveva proposto un emendamento soppressivo. “Tutto il disegno di legge è concentrato esclusivamente sul potenziamento dei sistemi di difesa contro attacchi cyber esterni e nulla prevede per prevenire gli attacchi interni, cioè le intrusioni occulte e illegali nei sistemi informatici e nelle banche dati da parte di operatori infedeli per acquisire informazioni coperte da segreto”.
Questo dell’accesso “senza controllo” alle banche dati, proprio nel momento in cui si parla di “spie e di spioni” è considerato dal capogruppo Pd in Antimafia Walter Verini “un capitolo inquietante“, un “nuovo attacco all’indipendenza della magistratura“. Verini contesta che “apparati che rispondono ai governi in carica protempore, possano accedere così, per non meglio precisate ragioni di sicurezza“, anche ai database delle Procure. Ragioni di sicurezza che “quando ci sono“, osserva, andrebbero invece “concordate con le Procure e gli uffici giudiziari“. “Noi ci opporremo con forza” a questa misura assicura Verini che auspica come su “temi così delicati“, tra i “soggetti preposti, come il Csm e l’Anm, si concertino le modalità perché la sicurezza del Paese sia garantita, ma siano tutelate anche la sicurezza e l’ inviolabilità delle indagini“. Di tutt’altro avviso, invece, è la maggioranza con il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri e il deputato Enrico Costa. Gasparri sostiene che chi parla di “Procure spiate“, di fatto “disturba chi pensa e chi ha a cuore la sicurezza del Paese“. L’ex di Azione, ricordando che “gli esponenti di Pd e Avs che oggi si preoccupano dell’integrità dei dati detenuti dalle Procure” sono quelli che hanno “tuonato” contro il suo emendamento che era “finalizzato ad estendere le ispezioni ministeriali per evitare abusi di consultazione“. Anche la capogruppo M5S in Commissione Giustizia del Senato, Ada Lopreiato, ha denunciato “la pericolosità” delle norme contenute nel ddl Sicurezza, soprattutto l’articolo 31, che vede, tra l’altro, “un’assenza di controllo da parte del Copasir“. Ma è certa che la maggioranza resterà “sorda e cieca” alle “istanze di toghe e opposizione” visto che “per partito preso vota contro ogni emendamento“. Borghi però insiste e chiede lo “stralcio dell’articolo 31 perché l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di trasformare i Servizi in un campo di battaglia politica“.
Ansa
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