CAMORRA, SERVIZI SEGRETI & MISTERI. Zagaria, l’affare rifiuti, le presunte trattative con gli 007 e l’audizione della Capacchione
Parallelamente al corso delle indagini è ormai…
di Giuseppe Tallino
Santi, poeti e navigatori? Non solo: anche nostalgici, esterofili e dietrologi. Oddio, si generalizza, non vogliamo scimmiottare la psiche incastonandola in semplici categorie: il mondo e l’uomo, infatti, sono stati dipinti all’insegna delle mezze tinte, delle strutture border-line. Il mondo e l’uomo sono tutt’altro che chiari.
Comunque, sfumature a parte, se ci auto-scandagliamo, senza ipocrisia, scopriamo che in ognuno di noi (di noi italiani) vive (in dimensioni diverse) una delle tipologie sopracitate: c’è chi si sente beato, chi verseggiatore… e noi, da un po’ di tempo, rischiamo di sentirci e di apparire degli ossessivi dietrologi.
Il mistero attira, è vero, però, fidatevi, non è che ci svegliamo la mattina alla ricerca della trama sottesa: sono i fatti, poco chiari, e le domande, senza risposta, che ci spingono verso macchinazioni celate.
Prendiamo questa storia delle presunte trattative tra Servizi segreti e clan dei Casalesi.
Seguendo ancora la traccia monnezza, possiamo ri-soffermaci su alcuni articoli scritti dalla giornalista Capacchione (Il Mattino) e da Il Fatto Quotidiano riguardanti uno o più tavoli a cui avrebbero partecipato l’allora primula rossa Michele Zagaria, un uomo legato ai Servizi ed un “delegato istituzionale, del commissariato straordinario di Governo o della Regione”
“Sono certo che i Servizi, dopo il 2004, riuscirono alla fine a piazzare un loro uomo all’interno del commissariato, una persona che era già stata consulente di un consorzio casertano”. Ed anche queste sono parole (trascritte sempre dalla giornalista casertana, ora senatrice Pd) dette da Facchi. Parole alle quali fanno eco quelle (datate dicembre 2013) proferite dal prefetto Giorgio Piccirillo in veste di direttore dell’agenzia di sicurezza interna.
“Furono contattati e strutturati alcuni informatori all’interno del commissariato – ha dichiarato il direttore dell’Aisi – e dei tecnici di consulenza del commissariato di allora per sviluppare un’attività informativa. Quest’attività fu sospesa nel 2004 e fu riferito allora direttamente (fonte Il Fatto Quotidiano, articolo di Palladino e Trocchia)”.
L’ultima tappa dei possibili incontri tra Servizi e Camorra potrebbe riferirsi alla dileguata pen-drive che Michele Zagaria aveva nel suo covo hi-tech di via Mascagni, a Casapesenna.
«L’ipotesi di un dialogo tra Zagaria e apparati dello Stato, – ha dichiarato il pm Ardituro (ora al Csm) a L’Espresso, – va valutata con attenzione, non è da escludere»
Oltre al cemento (business storico per il clan dei Casalesi) c’è un altro commercio che avrebbe ingolosito negli anni il boss di Casapesenna: i rifiuti.
Il 18 novembre 2014 scrivemmo un articolo nel quale chiedevamo ai parlamentari di riaccendere i riflettori sull’affare rifiuti e sui mercanteggiamenti tra pezzi dello Stato e camorra.
Su tali argomenti la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, presieduta da Alessandro Bratti, ha ascoltato a fine giugno la senatrice Rosaria Capacchione in qualità di giornalista de Il Mattino.
Potrete leggere tutta la deposizione (molto interessante) della senatrice democrat nel link in calce all’articolo. Qui, invece, vogliamo riportare solamente un importante passaggio che collega l’emergenza monnezza con le ingerenze della fazione Zagaria.
“Tra il 2006 e il 2007, – ha dichiarato la cronista, – comincia una serie di attività di acquisizione di suoli sia in provincia di Caserta sia al confine con Napoli sia a Chiaiano, per l’allargamento dell’area di stoccaggio e di smaltimento dei rifiuti, con interventi diretti di prestanome o dello stesso Pasquale Zagaria, che – lo ripeto – all’epoca era latitante. Ci furono accordi per l’acquisizione a prezzi superiori, concordati in altro luogo, e rapporti documentati con alti funzionari di FIBE. Stiamo parlando di un’epoca in cui l’emergenza non c’era ancora. L’emergenza scoppia nel 2007. Tra il 2007 e il 2008 vengono portate a compimento una serie di iniziative. I rifiuti finiscono effettivamente in queste discariche, che erano state create e ingrandite nel periodo precedente. Il trasporto dei rifiuti venne affidato, con una trattativa privata, a una serie di ditte, quasi tutte di Casapesenna, tutte direttamente riconducibili a Zagaria e poi sequestrate negli anni successivi, o a persone che nel corso degli anni erano state arrestate con Zagaria o accusate di avere rapporti con quest’ultimo. Era una piccola costellazione di autotrasportatori che ruotava intorno a Zagaria. Molte di queste ditte non avevano la certificazione antimafia, ma, nonostante questo, furono destinatarie di appalti a trattativa privata, basati sull’emergenza, attribuiti dalla prefettura di Caserta. L’assenza della certificazione antimafia fu formalmente rilevata nell’aprile del 2009, quindi a emergenza abbondantemente ricomposta e ricollocata. Non c’era nulla di segreto nei nomi di queste persone. Chiunque poteva sapere che queste persone non erano quelle più idonee. Circa un anno dopo questo fatto io me ne sono occupata col giornale. Peraltro, furono presentate delle interrogazioni parlamentari su questa vicenda, una alla Camera e una al Senato. La stessa cosa fu scritta anche da Il fatto quotidiano. Venni a sapere, da una mia fonte confidenziale, che in realtà tutto questo era stato frutto di una trattativa (utilizzo un termine un po’ abusato). Ad alcune fonti istituzionali servivano subito dei suoli, perché c’era un’emergenza da gestire, ma serviva anche che la gente non protestasse. Gli altri risposero: «Noi abbiamo questo e quello, e in cambio vogliamo movimento terra e trasporto». Di tutto il movimento terra nelle discariche, anche in quelle che erano già precedentemente utilizzate, si sono occupate ditte di persone che sono state successivamente coinvolte in indagini, sempre con Zagaria o con Iovine. Le piazzole di stoccaggio sono state realizzate tutte da imprenditori arrestati e condannati nell’ambito di indagini che riguardano sempre Iovine e Zagaria. Le proteste sono state molto limitate, perché, con la scusa del ristoro, si è tenuta buona molta gente […]”
Latitanza lunga e internazionale. Business dei rifiuti. Supposti incontri e trattative con i Servizi. Fondamentali dispositivi informatici scomparsi.
Parallelamente al corso delle indagini, al lavoro degli inquirenti teso a svelare i troppi misteri ancora irrisolti, è ormai divenuto opportuno e necessario sponsorizzare una lotta di vera democrazia e di emancipazione sociale: bisogna rendere attivo ed inalienabile il diritto alla conoscenza, “il diritto di conoscere, – spiegano i radicali, – in che modo e perché i governi a vari livelli prendano determinate decisioni che influiscono sui nostri diritti umani e libertà civili, soprattutto per quanto riguarda questioni di ‘sicurezza nazionale’.”
Questo diritto, forse, rappresenta l’unico antidoto al rischio di preoccupanti derive dietrologiche.
CLICCA QUI PER LEGGERE l’audizione di Rosaria Capacchione
PUBBLICATO IL: 11 agosto 2015 ALLE ORE 10:36