Il Fatto Quotidiano, Sabato 1 aprile 2017
Pubblichiamo una anticipazione da Giustizialisti, il nuovo libro di Sebastiano Ardita e Piercamillo Davigo, pubblicato da Paper First e disponibile nelle edicole e nelle librerie. Lo stralcio è tratto dal primo capitolo: “Il paradosso della custodia cautelare”
di F. Q.
Abuso di custodia cautelare?
A riprova di questa contraddizione, uno degli argomenti più utilizzati nel dibattito sulla giustizia è che ci sarebbe un eccesso, o addirittura un abuso, della custodia cautelare. Stando ai dati ufficiali i detenuti in custodia cautelare in Italia, il 30 aprile 2016, erano 18.462 su un totale di 53.725 carcerati. Ma suddividendo i detenuti non definitivi per posizione giuridica si poteva rilevare che solo 8.983 erano in attesa del giudizio di primo grado, mentre 4.733 erano in attesa del giudizio di appello, 3.452 ricorrenti in Cassazione e 1.294 con posizione mista. E dunque, come si può notare, i giudicabili veri, ossia coloro che non hanno ancora ricevuto una condanna, sono poco più del 17%; mentre tutti gli altri detenuti sono già stati condannati. In altri ordinamenti essi non verrebbero considerati in attesa di giudizio ma riconosciuti colpevoli e in attesa di appello.
Inoltre, va tenuta in considerazione la natura dei reati per i quali è disposta la custodia cautelare, che coincide con le fattispecie che destano maggiore allarme sociale. Occorre inoltre considerare che raramente un detenuto risponde di un solo reato e che ciascuno risponde in media di circa tre reati. Ciò premesso la popolazione dei detenuti non definitivi – in base ai dati comunicati dal ministero della Giustizia in altra rilevazione – risultava così suddivisa: 8.657 rispondevano di produzione e spaccio di sostanze stupefacenti; 3.564 del reato di rapina; 2.792 del reato di omicidio volontario; 1.982 del reato di estorsione; 1.824 del reato di furto; 1.107 del reato di associazione di stampo mafioso; 809 del reato di ricettazione; 709 del reato di violenza sessuale; 356 del reato di associazione per delinquere; 320 del reato di maltrattamenti in famiglia; 137 del reato di sequestro di persona; 100 del reato di atti sessuali con minori; 83 del reato di lesioni personali volontarie; 74 del reato di istigazione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione; 48 di reati contro l’amministrazione della giustizia; 33 del reato di bancarotta; 33 del reato di insolvenza fraudolenta; 32 dei reati di peculato, malversazione; 26 del reato di strage; 11 del reato di truffa.
Benché, dunque, quando si parla di abuso di custodia cautelare ci si riferisca alla possibilità che questa venga utilizzata verso i colletti bianchi, si tratta di un’affermazione imprecisa. Infatti, la custodia cautelare per questi ultimi non raggiunge neanche lo 0,3 % dell’intera popolazione detenuta.
Per molto tempo è stata in discussione – e ha rischiato di essere approvata – una proposta di legge sulla custodia cautelare che vietava di desumere la pericolosità dalle modalità del reato che si è commesso. Lo scopo di quella proposta era fare in modo che quello 0,3 per cento potesse ulteriormente assottigliarsi. Ma non sarebbero mancati gli “effetti collaterali”. Tanto per fare un esempio: in base a quella proposta normativa, se un criminale, essendo incensurato, commettesse una rapina in casa stuprando la vittima la sua pericolosità non potrebbe essere provata. Si tratta di una riforma che fortunatamente non è andata in porto. Ma c’è da scommettere che se fosse divenuta legge alla prima scarcerazione tutti coloro che l’avrebbero votata si sarebbero scagliati contro il giudice chiamato ad applicarla.