Il Corriere della Sera, Martedì 7 giugno 2016
Elezioni amministrative: Platì ha un sindaco dopo dieci anni
Nel centro della Locride, dominato dalle cosche, si è finalmente eletto un sindaco. Ma la Commissione Antimafia, che aveva rilevato anomalie nella sua candidatura, resta vigileDi Valeria Palumbo
Platì, centro della Locride ad alta densità mafiosa, ha un sindaco democraticamente eletto dopo dieci anni di gestione commissariale. Il nuovo primo cittadino è Rosario Sergi, che ha ottenuto 1.275 voti, con una percentuale del 63,4%. Sergi ha sconfitto Ilaria Mittiga, figlia dell’ex sindaco Francesco la cui Amministrazione era stata sciolta nel 2003 per infiltrazioni mafiose. Nel 2015 a Platì non si era potuto votare perché non erano state presentate liste.
Platì resta sotto osservazione
Tutto risolto? Non proprio: Platì resta sotto osservazione da parte della Commissione parlamentare antimafia, che ha rilevato anomalie in alcune candidature, compresa quella di Sergi. Nelle settimane precedenti alle elezioni si era ritirata dalla corsa Annarita Leonardi, del Pd, la cui candidatura a sindaco era stata presentata alla Leopolda dal premier Matteo Renzi. Leonardi aveva deciso insieme ai vertici del Pd di non partecipare perché erano venute a mancare «le condizioni politiche».
La Commissione Antimafia ha segnalato anche il neo-sindaco
Ma che cosa aveva rilevato la Commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Rosy Bindi? A Platì era stato dedicato un «focus» nella «Relazione sulla situazione dei comuni sciolti per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso o sottoposti ad accesso» approvata il 31 maggio scorso. In particolare sul neo-sindaco Rosario Sergi risulta dagli atti di indagine che abbia«rapporti di affinità con esponenti del vertice della cosca Barbaro, tanto con la frangia denominata “Castanu” che con quella denominata “Nigru”».
Antimafia: l’affinità di Sergi con Barbaro
In particolare – secondo l’Antimafia – tra i rapporti per vincolo di affinità di Sergi, rientra Francesco Barbaro, il capostipite della cosca, condannato per sequestro di persona a scopo di estorsione per l’omicidio del comandante della stazione dei carabinieri di Platì, il brigadiere Antonino Marino, ucciso a Bovalino nel 1990. E ancora, tra i rapporti per vincolo di affinità vi sono i fratelli Barbaro “Nigru”, «alcuni dei quali condannati per gravi reati e sottoposti, in passato, alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale».
La manifestazione anti-Minniti
Infine, secondo gli atti acquisiti dall’Antimafia risulta che Sergi abbia organizzato la manifestazione che si è tenuta il 29 marzo di quest’anno, alla quale hanno partecipato circa cento persone, tra le quali numerosi esponenti di famiglie di `ndrangheta operanti nel territorio. La manifestazione era stata apertamente proclamata contro l’on Marco Minniti, sottosegretario all’Interno, che aveva dichiarato: «Il livello di radicamento del terrorismo jihadista a Molenbeek (il quartiere di Bruxelles che aveva ospitato i terroristi, ndr) è come quello della ‘ndrangheta a Platì in Calabria». Apriti cielo: la furia del Paese si era scatenata, al solito, non contro i clan ma contro chi denuncia la drammatica realtà. Platì, aveva scritto il 7 aprile Paolo Ferrara, presidente del Movimento Liberi di Ricominciare, era stata «umiliata dalle spregevoli parole del suo Sottosegretario».
Sergi: la criminalità esiste anche in altre parti d’Italia
Sulla stessa linea la prima dichiarazione del neo-sindaco Rosario Sergi: «È giusto che di Platì si parli anche per altro. La criminalità esiste a Platì come in altre parti d’Italia. Che sia più o meno organizzata ce lo chiariscono le inchieste. Bisogna parlare di Platì anche per le esigenze della comunità». Certo, «la mafia non esiste», non è più di moda dirlo. Platì, poi, come il Corriere ha raccontato più volte, ha una lunghissima storia a proposito. In particolare Gian Antonio Stella ha seguito la vicenda e i tentativi di lottare contro le cosche dal 1998, in particolare del vescovo Giancarlo Bregantini. Allora, Stella parlò di 263 morti in dieci anni.
Il Corriere e Stella seguono le vicende di Platì
Dieci anni dopo, l’ 8 novembre 2007, Gian Antonio Stella registrò sul Corriere: «Sono in tanti, in Calabria, a brindare alla “promozione” di Giancarlo Bregantini, tolto alla “sua” Locri per essere destinato come arcivescovo metropolita alla diocesi più importante di Campobasso. Tanti. E levano in alto i calici: “Buon viaggio!”. Lui no, però. E intorno a lui cresce l’ angoscia di quanti, improvvisamente, si sentono orfani di chi per anni è stato il massimo punto di riferimento morale nella resistenza dei calabresi per bene contro la ‘ndrangheta… Però il colpo, per la Calabria, è durissimo. Basti leggere, al di là delle parole forse un po’ scontate e rituali di alcuni politici che certo non avrebbero potuto dire il contrario, la presa di posizione di tre intellettuali di spicco come l’ economista Domenico Cersosimo, il sociologo Piero Fantozzi e l’antropologo Vito Teti».
Stella racconta le vicende della cooperativa Valle del Bonamico
A gennaio 2016 Stella è tornato sulla vicenda del vescovo Bregantini e delle cooperative agricole che aveva cercato di promuovere per uno sviluppo non inquinato della zona. Stella aveva ripercorso tutta la vicenda e aveva concluso: «Risultato: l’ottusità burocratica arrivò al punto, agli esordi della cooperativa Valle del Bonamico, di pretendere 24 passaggi amministrativi e intralciare la concessione del certificato antimafia al vescovo trentino che aveva coinvolto, come partner dell’iniziativa, i compaesani della Cooperativa Sant’Orsola in Valsugana. E così è andata avanti per anni. Di qua intimidazioni, incendi e vandalismi da parte delle cosche. Di là indagini per scovare al contrario quale tarlo si fosse infiltrato, chissà, nelle iniziative del vescovo. Fatto sta che, anno dopo anno, queste cooperative nate per mostrare un’alternativa alla mafia si sono allargate. Con risultati alterni. Bene i piccoli frutti (duemila quintali l’anno), benino l’allevamento, male i vigneti. .. Tra gli strascichi di questa storia c’era un debito lasciato dall’avventura fallita nei vigneti. Circa 200 mila euro, quanto restava dei 350 mila presi in prestito da due fondazioni. Metà da ridare alla Cosis della Fondazione Roma, metà a Fondosviluppo di Confcooperative».
Fondosviluppo ha annullato il debito
Grazie alla mediazione di Bregantini, Fondosviluppo ha annullato il debito. Cosis, no. E la stampa locale? Ha quasi ignorato la notizia. Ha scritto Filippo Veltri su lametino.it: La cooperativa Valle del Bonamico, fondata da monsignor Giancarlo Bregantini, è stata assolta dalla Corte dei Conti. È falso che abbia provocato un danno erariale di 1.375.000 euro. Questa notizia è stata data un paio di settimane fa in una conferenza stampa a Locri ma non ha suscitato grande interesse. Anzi nessuno…Eppure quella cooperativa e quell’iniziativa di quel Vescovo, mai troppo rimpianto, ha fatto cose che meritavano qualche riflessione in più».