Associazione Nazionale per la lotta contro le illegalità e le mafie
“Antonino Caponnetto”
“Altro” ed “Alto”
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Roma,2.01.2017
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
c/o Tribunale di
BARI
Oggetto: Trasmissione interrogazione on. Iannuzzi ed altri n.4-12369 e relativa risposta del Ministro Galletti
Risposta scritta pubblicata Giovedì 4 agosto 2016 nell’allegato B della seduta n. 667
Per quanto di propria competenza si rimettono gli atti in oggetto indicati, e si chiede a codesta A.G. di indagare su questo unico punto indicato nella interrogazione n.4-12369:
a) ” se siano state avviate indagini a carico di amministratori e funzionari che, nel corso degli anni, avrebbero omesso di riscontrare la diffida del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi della legge 13 agosto 2010, n. 155 e successive modifiche, creando danni ingenti alla salute dei cittadini e all’ambiente” (con riferimento particolare alla zona del Venafrano IS )
Si chiede di essere avvisati nel caso di eventuale archiviazione ai sensi dell’art.408 comma 2 c.p.p.
IL SEGRETARIO NAZIONALE
Dr.Elvio Di Cesare
Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-12369
presentato da
IANNUZZI Cristian
testo di
Venerdì 4 marzo 2016, seduta n. 583
CRISTIAN IANNUZZI, BUSTO e SEGONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in provincia di Isernia, precisamente a Pozzilli, dal 1999, opera un inceneritore, gestito dalla società Hera Ambiente, nato come impianto a biomasse, autorizzato nel 2008 a bruciare da 20 mila a 100 mila tonnellate all’anno di CDR (combustibile derivato da rifiuto), senza AIA (autorizzazione integrata ambientale). Solo dopo una denuncia alla Comunità europea, l’impianto è stato obbligato ad effettuare l’AIA, autorizzazione che la società Hera Ambiente invece ottiene solo nel luglio 2015;
in Italia, il 33 per cento della popolazione è esposta a valori eccessivi di particolato grossolano, fine e ultrafine, contro una media dei paesi dell’Unione europea dell’11 per cento. L’Unione europea ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per il superamento dei limiti in dieci regioni e il Molise è tra di esse, solo per il limite del Pm10, visto che solo dal 2014 le centraline gestite dall’Arpa Molise effettuano il monitoraggio del Pm2,5, il cui valore limite annuo fissato in 25μg/m3 è vincolante dal 1o gennaio 2015, nonostante sia stato dichiarato valore obiettivo dal 2010 dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155;
all’inceneritore ufficiale di Pozzilli si aggiunge, a pochi chilometri di distanza, il cementificio di Sesto Campano che emette dai suoi camini circa 400 tonnellate di polveri, rilevanti quantità di metalli pesanti in merito quali l’associazione «Mamme per la salute e l’ambiente onlus Venafro» e l’Isde Italia, durante un convegno in occasione delle «Giornate molisane ambiente e salute», tenutesi nell’aprile 2015, si esprimevano così: «Noi troviamo una matrice ambientale dove le emissioni di diossine ci sono e sono accertate perché abbiamo valori nell’ordine non lontano dal grammo, come emissione di Colacem, e di milligrammi, come emissioni annue di Hera. Tenendo presente che la diossina può durare nell’ambiente più di dieci anni, ogni anno si accumula l’anno precedente. Quindi abbiamo una situazione di vari grammi nell’ambiente e quando la pericolosità è a miliardesimi di milligrammo abbiamo miliardi di volte, sparsi nell’ambiente, quantità pericolose che possono accumularsi, attraverso la catena alimentare, nelle piante che diventano foraggio, negli animali e poi nell’uomo»;
in Italia, e di conseguenza anche in Molise, la politica nazionale ha scelto l’incentivazione dell’incenerimento, contrariamente a quanto avviene in altri Stati europei e in contrasto con le direttive europee: infatti, tra l’altro, è stata ammessa la riclassificazione degli impianti di incenerimento per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani D10 a impianti per il recupero di energia R1;
in particolare, l’articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014, altrimenti detto «Sblocca Italia», prevede che tutti gli inceneritori vengano considerati «insediamenti strategici di preminente interesse nazionale»: di conseguenza, tali impianti possono incenerire i rifiuti urbani, i rifiuti speciali non pericolosi e i rifiuti speciali pericolosi a solo rischio sanitario, prodotti non soltanto localmente, ma nell’intero territorio nazionale fino a saturazione del carico termico, facendo così decadere i vincoli di bacino; il decreto stabilisce inoltre il dimezzamento dei tempi per le procedure di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale, nonché la costruzione di nuovi impianti;
l’Italia, nel dicembre 2015, in occasione della XXI conferenza internazionale dell’Onu sui cambiamenti climatici, a Parigi, ha sottoscritto un protocollo d’intesa che impegna, in maniera vincolante, le nazioni partecipanti a riduzioni significative delle emissioni di anidride carbonica, il primo gas responsabile dell’innalzamento della temperatura terrestre;
gli inceneritori o termovalorizzatori producono anche energia, ma le sue caratteristiche peculiari restano la combustione, con conseguente rilascio in atmosfera di inquinanti sottilissimi e dannosi alla salute, e la produzione di ceneri di scarto che, rappresentano, in peso il 30 per cento del rifiuto in ingresso bruciato. Ciò significa che, comunque, al termine del processo di incenerimento, i rifiuti in entrata vengono eliminati solo per il 70 per cento del loro volume, creando quindi un ulteriore problema, quello dello smaltimento delle ceneri stesse;
si apprende dall’articolo «Pozzilli e Venafro nuova grande pattumiera dell’Abruzzo e dell’Italia», sul giornale Mediamolise del 6 febbraio 2016, che sia stata raggiunta una prima intesa per far incenerire i rifiuti abruzzesi nell’impianto Hera di Pozzilli, la cui capacità sarebbe interamente saturata solo con i rifiuti molisani e abruzzesi;
secondo l’articolo «Accordo sull’inceneritore, a Pozzilli rifiuti tracciabili», pubblicato sul quotidiano primo piano Molise, il 10 febbraio 2016 la società Hera Ambiente è autorizzata a bruciare 93.800 tonnellate di Css (combustibile solido secondario), ma avrebbe chiesto di aumentare la capacità a circa 150 mila tonnellate e di poter trattare anche un tipo di Cdr di qualità inferiore, con una procedura che ha ottenuto un primo diniego dalla regione e verso la quale l’industria ha fatto ricorso al Tar Molise. Attualmente, meno del 10 per cento del prodotto termovalorizzato a Pozzilli è il residuo dei rifiuti del Molise, il restante 91 per cento proviene dall’Abruzzo (27,88 per cento equivalente a circa 27 mila tonnellate), dal Lazio (49,11 per cento), dalla Puglia (12,22 per cento), dalla Calabria (0,81 per cento) e dalla Campania (0,06);
durante un convegno in occasione delle «Giornate molisane ambiente e salute», tenutesi nell’aprile 2015, il professor Tamino, citando dati dell’Arpa Molise, ha evidenziato come «incenerire 1 kg di rifiuti comporta l’uso di 7 kg di aria e 1 kg di suolo». Quindi, il biologo ha messo in guardia sull’ossido di azoto (soprattutto smog delle auto ma non solo), che «incide pesantemente sull’insorgere di malattie». «Il livello di diossina nel Venafrano non è elevatissimo ma segnala un pericolo» … «il problema è che la diossina si accumula». Citando dati Arpa e Asrem, l’esperto ha scandito che «Hera Ambiente emette sostanze cancerogene nei limiti di legge ma è poi l’accumulo di queste sostanze (con emissioni provenienti anche da altri fattori ovviamente,) che fa male alla salute»;
la piana di Venafro è una zona nota per le criticità ambientali sia riguardo i continui sforamenti dell’inquinante Pm 10, che sanitarie, per l’alto indice di malattie tumorali e l’accertata presenza nel circondario di diossina nel latte materno di caprini e ovini;
già nel 2012, come riportano i giornali locali, l’ex consigliere regionale molisano, Massimo Romano, diffidò Michele Iorio e la regione Molise «ad adempiere al dettato legislativo del decreto-legge 155 del 2010». Decreto che doveva prevedere la bonifica dei territori inquinati e il rispetto delle direttive europee in materia di gestione dei rifiuti, oltre al rispetto della legge regionale n. 16 del 2011 per la tutela del territorio, che, in particolare, all’articolo 12, prevede la bonifica dell’area di Venafro, indicata dal collaboratore di giustizia Schiavone come cuore degli sversamenti illegali del basso Molise;
ancora prima, tra il 2010 e il 2011, esplosero gli scandali Open Gates e Dark Report: la procura di Larino scoprì che, nei terreni agricoli del Cosib, venivano sversati illecitamente rifiuti tossici;
da anni, alcune mamme del comune di Venafro, riunitesi in una onlus, si battono per difendere la salute della popolazione molisana interessata da un pericoloso aumento delle malattie tumorali e penalizzata anche da un progressivo indebolimento della sanità pubblica smantellata a favore di quella privata;
dal giornale Primo piano Molise del 15 aprile 2015 si apprende che i dati forniti dalla stessa Hera Ambiente e raccolti nel piano di sorveglianza e monitoraggio esterno mostrano una significativa alterazione dell’ambiente per il constatato accumulo sul terreno di metalli particolarmente nocivi come cadmio, piombo, mercurio;
oltre alla raccolta differenziata «spinta», pratica non ancora perseguita in Italia, esistono metodi alternativi quali il trattamento bio-meccanico dei rifiuti, attraverso cui il problema della parte bio-degradabile dei rifiuti viene risolta in modo naturale. I rifiuti vengono stoccati per una settimana in un grande container nel quale viene insufflata aria calda a 50-60o C. In questo modo vengono attivati i batteri aerobici che degradano la frazione biologica ancora presente nei materiali conferiti. Una volta risolto il problema della frazione bio-degradabile, la parte solida rimanente può essere agevolmente risposta in discarica o incenerita, minimizzando la produzione di liquami, odori e inquinanti. I costi del trattamento bio-meccanico sono pari ad un quinto del costo degli inceneritori e per la realizzazione di un impianto T.B.M si impiegano 2 anni rispetto ai 5 degli inceneritori;
a Mestre è già in funzione un impianto di trattamento bio-meccanico. La parte biodegradata è utilizzata come fertilizzante e le balle di materiale secco vanno ad alimentare la centrale elettrica di Fusina;
in Germania sono stati costruiti, negli ultimi 10 anni, parallelamente agli inceneritori esistenti, ben 64 impianti di trattamento bio-meccanico per circa 6.122.000 t/anno di MPC, contro i 17.500.000 di t/anno trattate dagli inceneritori;
lo smaltimento dei rifiuti spesso è legato al traffico illecito: il maxi-processo Spartacus e le rivelazioni di Carmine Schiavone hanno dimostrato che le regioni industriali italiane quando hanno esaurito le proprie discariche, inviano i prodotti di scarto del Mezzogiorno;
nel 2001, l’Ami (Azienda municipale imolese oggi ConAmi) acquistò per 9,3 milioni di euro dalla società Scr i terreni dell’area industriale ex Pozzi di Sparanise, in provincia di Caserta, zona che l’allora consigliere provinciale Nicola Cosentino definì «altamente inquinata». Poco dopo, l’Ami diventerà parte del Gruppo Hera. Nel giugno 2008, risulta che la Scr sia stata rappresentata nel consiglio di amministrazione di Hera Comm Med da Giovanni Cosentino, fratello del sottosegretario pro tempore Nicola Cosentino, allora indagato, nonché genero del boss Diana, oltre a Enrico Reccia, un allevatore di bufale, che fino al 2002 è stato presidente del collegio sindacale della Cooperativa Europa 2002, nella quale era sindaco anche l’imprenditore Salvatore Della Corte, arrestato nel 2006 dal Ros e condannato a due anni e 4 mesi perché accusato di aiutare il clan Zagaria nei suoi affari al Nord;
attualmente, il presidente di ConAmi Stefano Manara è in totale conflitto di interesse, in quanto è, da una parte proprietario-controllore della discarica (come presidente di ConAmi) e, dall’altra, siede nel consiglio di amministrazione di Hera, società controllata che ricava profitti dalla discarica;
il 27 febbraio 2016, l’assessore all’ambiente della regione Molise, Vittorino Facciolla, uno dei principali fautori dell’accordo per i rifiuti con l’Abruzzo, è stato nominato vicepresidente della giunta regionale: sembra che egli si trovi in conflitto di interessi per aver votato favorevolmente l’adozione del V.I.A. (delibera n. 62 del 21 febbraio 2014 della giunta regionale del Molise) riguardo ad un parco eolico nel comune di Montecilfone (Cb) ed aver in precedenza fornito una consulenza sullo stesso parco quale legale del comune di Montecilfone, incassando una fattura di oltre 4.000 euro dalla ditta interessata –:
quali iniziative il Governo, intenda adottare, urgentemente, contro l’inquinamento ambientale ed a protezione della salute, in particolare alla luce dei casi che riguardano i comuni di Pozzilli, Venafro, Roccaravindola già sottoposti a notevoli e molteplici criticità al fine di evitare il rischio di diffusione/contaminazione dovuto alla capacità dei venti di trasportare a grandi distanze le sostanze le polveri sottili emesse;
se il Ministro della salute intenda promuovere nella piana di Venafro-Pozzilli una indagine epidemiologica anche per il tramite dell’Istituto superiore di sanità, al fine di verificare, soprattutto nell’area circostante l’impianto di cui in premessa, gli accumuli di sostanze e metalli nocivi come diossina, cromo, cadmio piombo e altro;
se il Governo, per quanto di propria competenza, intenda avviare azioni di monitoraggio in termini di quantità, qualità e tracciabilità dei rifiuti al fine di non disincentivare la raccolta differenziata, in modo tale che non siano vanificati i comportamenti virtuosi dei cittadini nella pratica di questa attività;
se il Governo, alla luce dell’impegno vincolante preso con l’adesione del protocollo d’intesa in occasione della Conferenza di Parigi, non ritenga opportuno assumere iniziative normative, nell’ambito dell’attuazione della strategia nazionale ambientale ed energetica, per rivedere quanto disposto dall’articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014 e per favorire una corretta gestione dei rifiuti che preveda la riduzione, il riuso, il riciclaggio e il recupero energetico dei rifiuti in altra forma che non sia la produzione di energia elettrica attraverso l’incenerimento, gestione che comporterebbe minori spese, vantaggi per l’ambiente e minori scarti da smaltire;
se siano state avviate indagini a carico di amministratori e funzionari che, nel corso degli anni, avrebbero omesso di riscontrare la diffida del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi della legge 13 agosto 2010, n. 155 e successive modifiche, creando danni ingenti alla salute dei cittadini e all’ambiente;
quali iniziative si intendano adottare per il contrasto ai conflitti di interesse ed alle ecomafie, con particolare riguardo al ciclo illegale dei rifiuti e alla consolidata presenza di infiltrazioni mafiose nelle imprese implicate nel traffico illegale dei rifiuti. (4-12369)
Atto Camera
Risposta scritta pubblicata Giovedì 4 agosto 2016
nell’allegato B della seduta n. 667
4-12369
presentata da
IANNUZZI Cristian
Risposta. – Con riferimento all’interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti dalla competente direzione generale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, si rappresenta quanto segue.
La normativa nazionale in materia di qualità dell’aria (decreto legislativo n. 155 del 2010 e successive modificazioni ed integrazioni) affida alle regioni e alla province autonome le attività di valutazione finalizzate a conoscere il contesto territoriale e quelle di pianificazione volte ad identificare gli interventi più efficaci per assicurare il rispetto degli standard di qualità dell’aria e ad assicurarne l’attuazione.
Ai predetti enti territoriali compete quindi il monitoraggio degli inquinanti atmosferici, la predisposizione dei piani o programmi per il risanamento e la tutela della qualità dell’aria, compresa l’individuazione dei soggetti deputati all’attuazione di tali Piani, nonché la trasmissione al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare delle relative informazioni per l’invio alla Commissione Europea.
A seguito dell’emanazione del decreto legislativo n. 155 del 2010, la regione Molise, per una corretta valutazione della qualità dell’aria, ha suddiviso il territorio regionale in 3 zone: «Area collinare», «Pianura (Piana di Bojano – Piana di Venafro)» e «Fascia costiera».
In base alla nuova zonizzazione del territorio regionale (DGR n. 375 del 1o agosto 2014) i comuni di Pozzilli e Venafro, in provincia di Isernia, sono stati inseriti nella zona denominata «Pianura (Piana di Bojano – Piana di Venafro)», comprendente anche il comune di Campobasso.
Nella provincia di Isernia la valutazione della qualità dell’aria ambiente è effettuata tramite quattro stazioni fisse di monitoraggio, di cui due posizionate nel comune di Venafro.
I dati di qualità dell’aria misurati dalle stazioni di Venafro nel 2014 evidenziano alcune criticità in merito al materiale particolato PM10 ed al biossido di azoto NO2. Nello specifico, per il PM10 si registrano 44 giorni di superamento del valore limite giornaliero (50 μg/m3, da non superare più di 35 volte per anno civile), mentre per l’NO2 è stato superato il valore limite annuale previsto per la protezione della salute umana (40 μg/m3), con un valore di 44 μg/m3.
Per fronteggiare il problema dell’inquinamento atmosferico la Regione Molise ha avviato il processo di definizione del piano di qualità dell’aria. Il «Piano regionale integrato per la qualità dell’aria Molise (P.R.I.A.Mo.)» costituisce lo strumento di pianificazione regionale per il raggiungimento, entro il più breve tempo possibile, dei valori limite nelle aree in cui il livello di uno o più inquinanti sia superiore e per il mantenimento del relativo rispetto nelle aree in cui i livelli degli inquinanti siano di sotto di tali valori limite.
Considerato che ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 il P.R.I.A.Mo. deve essere sottoposto a Valutazione ambientale strategica (VAS), al fine di valutare preventivamente la significatività dei potenziali impatti che il piano può determinare sull’ambiente, con decreto della giunta regionale n. 829 del 24 dicembre 2015 per tale piano è stato formalmente avviato il procedimento per la valutazione ambientale strategica.
Nel documento preliminare di piano sono stati individuati i principali settori responsabili dell’inquinamento atmosferico su cui intervenire e le relative linee di azione, tra cui quelle direttamente indirizzate a contrastare l’emissione di inquinanti atmosferici nonché interventi strutturali più generali che agiscono sulla qualità di processi, prodotti e comportamenti.
In particolare, per il settore delle attività produttive, che ricomprende i macrosettori «combustione industriale», «attività produttive» e «uso dei solventi», il P.R.I.A.Mo. individuerà le misure necessarie ad una riduzione delle emissioni nei settori industriali caratterizzati da un’alta potenzialità emissiva, oltre a prevedere l’adozione di misure più restrittive di quelle comunitarie. Inoltre, all’interno del P.R.I.A.Mo. sarà prevista un’adeguata disciplina contenente le procedure tecniche atte a consentire ai gestori di poter adeguare gli impianti esistenti ai nuovi limiti di emissione e alle eventuali prescrizioni consequenziali. Per tale settore sono state individuate specifiche linee di azione per aziende soggette ad Autorizzazione integrata ambientale (AIA), per quelle non soggette ad AIA, e per cave e cantieri edili.
A livello nazionale si segnala che, stante la competenza primaria delle regioni in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria, l’azione del Ministero dell’ambiente è stata mirata a garantire un costante e fondamentale supporto alle amministrazioni regionali e locali.
In primo luogo, al fine di favorire un confronto istituzionale sul tema della valutazione e gestione della qualità dell’aria, è stato istituito, presso questo dicastero un coordinamento tra i rappresentanti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero della salute, di ogni regione e provincia autonoma, dell’Unione delle province italiane (UPI) e dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), nonché delle agenzie e degli istituti tecnici con competenze in materia ambientale (Ispra, Iss, Enea, Cnr). Nel contesto di tale coordinamento sono individuati gli indirizzi comuni per la valutazione della qualità dell’aria, anche in relazione agli strumenti di pianificazione.
Inoltre, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato da tempo un’azione di indirizzo e coordinamento di tutte le amministrazioni centrali aventi competenza in settori che producono emissioni in atmosfera al fine di definire una strategia volta all’individuazione di misure condivise da attuare congiuntamente su tutto il territorio nazionale.
In particolare è stata avviata un’interlocuzione con le regioni del centro sud finalizzata a porre in essere soluzioni mirate e condivise per l’individuazione delle misure per il miglioramento della qualità dell’aria specifiche per tali territori, anche sul modello dell’accordo di programma per il bacino padano del 2013 che, come noto, ha permesso di individuare una serie di importanti interventi di risanamento della qualità dell’aria presso le regioni firmatarie.
Infine, si segnala che il 30 dicembre 2015 è stato sottoscritto un importante protocollo d’Intesa tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la conferenza delle regioni e province autonome e l’Associazione nazionale dei comuni italiani per definire ed attuare misure omogenee su scala di bacino per il miglioramento e la tutela della qualità dell’aria e la riduzione di emissioni di gas climalteranti, con interventi prioritari nelle città metropolitane.
In particolare, tra le misure di urgenza, che saranno attivate dopo reiterati superamenti delle soglie giornaliere massime consentite delle concentrazioni di PM10 (di regola, 7 giorni), protocollo prevede l’abbassamento dei limiti di velocità di 20 chilometri orari nelle aree urbane estese al territorio comunale e alle eventuali arterie autostradali limitrofe, previo accordo con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; l’attivazione di sistemi di incentivo all’utilizzo del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa; la riduzione di 2 gradi delle temperature massime di riscaldamento negli edifici pubblici e privati; la limitazione dell’utilizzo della biomassa per uso civile dove siano presenti sistemi alternativi di riscaldamento.
Con riferimento alle possibili azioni volte ad incentivare la raccolta differenziata e promuovere comportamenti virtuosi in tal senso da parte dei cittadini, si segnala che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha tra le sue priorità l’emanazione del regolamento attuativo previsto dall’articolo 1, comma 667, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nel quale «sono stabiliti criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servigio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, svolto nelle forme ammesse dal diritto dell’Unione europea».
La promulgazione di questo regolamento, potrà garantire l’attuazione del principio «chi inquina paga» e di una metodologia più equa di determinazione della tariffa anche attraverso eventuali modalità di partecipazione dei diversi soggetti interessati.
Inoltre, si fa presente che l’articolo 35, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n.133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, prevede che «entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l’indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti così individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell’autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica».
In primo luogo, si segnala che la finalità del decreto in questione è quella di ridurre il conferimento dei rifiuti in discarica (calcolato ad una percentuale massima del 10 per cento) e di sfruttare al meglio la rete impiantistica nazionale già esistente, delineando una potenziale linea strategica nazionale di medio lungo termine sulla gestione dei rifiuti per gli anni avvenire, in ottemperanza all’obiettivo di ottimizzazione della rete infrastrutturale dedicata al recupero energetico su scala nazionale previsto nell’ambito del «pacchetto economia circolare», presentato il 2 dicembre 2015 e in fase di consultazione.
Con particolare riferimento alla strategia nazionale delineata dalle disposizioni dei decreti attuativi dello «sblocca Italia», si rappresenta, inoltre, che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha accolto la richiesta della conferenza Stato-regioni di istituire un comitato, presso la conferenza stessa, per la gestione integrata ed efficiente del ciclo dei rifiuti.
Tale comitato avrà funzioni istruttorie, di raccordo e di coordinamento e concorrerà ad ottimizzare l’efficacia del sistema integrato di gestione dei rifiuti e assicurerà il monitoraggio e il coordinamento a livello nazionale per l’attuazione delle politiche di gestione dei rifiuti.
Ad ogni modo si evidenzia che questo Ministero monitora costantemente l’impatto regolatorio delle normative di settore, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere e valutare possibili revisioni della disciplina.
Da ultimo, si segnala che la legge del 22 maggio 2015, n. 68 recante «Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente», ha introdotto nel libro II del codice penale titolo VI-bis, dedicato interamente ai delitti contro l’ambiente.
Il nuovo titolo del codice penale prevede 6 nuove fattispecie di reati contro l’ambiente: il delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-bis); il delitto di morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-ter), il delitto di disastro ambientale (articolo 452-quater), il delitto di traffico ed abbandono di materiale di alta radioattività (articolo 452-sexies), il delitto di impedimento del controllo (articolo 452-septies); il delitto di omessa bonifica (articolo 452-terdecies).
Della questione in esame sono stati, inoltre, interessati anche gli altri Ministeri competenti e, qualora dovessero pervenire ulteriori elementi informativi, si provvederà a rendere noti i nuovi aggiornamenti.
Per quanto di competenza, questo Ministero continuerà a tenersi informato e a svolgere un’attività di monitoraggio.
Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.”