Associazione antimafia “Antonino Caponnetto”
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Tel. 3470515527
Roma 12 gennaio 2018
Direzione Distrettuale Antimafia
ROMA
Alla Direzione Nazionale Antimafia
ROMA
Oggetto: ESPOSTO – DENUNZIA. – per verifica circa la sussistenza dell’ipotesi di reato di cui all’art.422 c.p e/o 575 c.p. ,art. 439 c,p conseguenza del reato di Disastro Ambientale e quant’altro
ipotizzabile dai fatti sotto esposti riguardo illeciti ed infiltrazioni criminali riferiti alla discarica di Borgo Montello –Latina. – acquisizione della Relazione Parlamentare di inchiesta sul ciclo dei
rifiuti 2017 – capitolo riservato ai fatti attinenti la discarica di Borgo Montello – seguito esposto datato 3 gennaio 2014.-
1. a) – richiesta verifica ubicazione interramenti rifiuti tossici e/o sostanze nocive ed eventualmente anche radioattivi- . Una terra distrutta, inquinata, avvelenata, costretta a risucchiare rifiuti per anni e anni dalla criminalità organizzata, con la complicità di politici,
imprenditori e parte delle istituzioni che avrebbero dovuto con trollare, monitorare, proteggere e garantire la salute pubblica;
2. b) richiesta di accertamento dell’identità e della posizione degli autotrasportatori indicati nei documenti desegretati che contengono le dichiarazioni di Carmine Schiavone riferiti alle Province di Latina, Frosinone Roma e se necessari delle altre province (Caserta,
Napoli,Foggia) ;
3. c) richiesta di acquisizione di tutte le interviste rilasciate dal citato Carmine Schiavone a giornali e televisioni nazionali e locali;
4. d) richiesta di acquisizione di tutti i documenti desegretati forniti all’epoca alle Autorità dallo Schiavone compresi gli elenchi dei mezzi di trasporto con indicato il numero di targa e relativo intestatario;
5. e) eventuali responsabilità dei componenti della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo illegale dei rifiuti che nel 1997 sentì Carmine Schiavone e che ne segretò incomprensibilmente le dichiarazioni e la relativa documentazione, cosa che ha determinato
nel tempo trascorso certamente un aggravio della problematica con ripercussioni molto gravi per la salute pubblica della popolazione coinvolta, lasciata inconsapevolmente edincredibilmente all’esposizione degli agenti nocivi e tossici ( con aumento esponenziale di casi di tumori nell’area interessata);
6. f) richiesta di accertamenti/approfondimenti tecnici che medico legali al fine di stabilire se vi sia un nesso di causalità tra i picchi anomali di patologie tumorali con la presenza in queste aree interessate con l’interramento di rifiuti tossici e cause di degrado ambientale
connesse denunziato,
.
Il sottoscritto Elvio Di Cesare, nella sua qualità di Segretario nazionale dell’Associazione per la lotta contro le illegalità e le mafie “A. Caponnetto” con sede legale alla Via Germanico n.197 Roma, facendo seguito all’esposto presentato a codesta DDA datato 3 gennaio 2014, espone quanto appresso:
La relazione conclusiva approvata di recente dal Parlamento della Commissione bilaterale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti si sofferma anche sulla Provincia di Latina ed in particolare sulla discarica di Borgo Montello. Da un’ articolo edito dal LatinaQuotidiano.it datato 20 dicembre 2017 a firma della giornalista Silvia Colasanti si legge, testuale:” Nelle 450 pagine del documento si parla di presenze criminali nella parte meridionale della regione Lazio, considerato un territorio
“particolarmente sensibile”. In questo senso la commissione ha esercitato il potere di indagine soprattutto sul caso della discarica di Borgo Montello approfondendo la storia degli sversamenti illeciti di rifiuti di origine industriale. “Vicende che trovano all’interno della relazione sul Lazio una importante ricostruzione, resa possibile dall’acquisizione di numerosi atti giudiziari e dalle
testimonianze raccolte dalla Commissione. L’esame di illeciti nel Basso Lazio da parte della Commissione lega situazioni storiche di presenza della criminalità ambientale all’attualità di una situazione nella quale potrebbe esserci l’offerta, da parte di realtà criminali, di “servizi” ambientali illeciti, operativamente contigui ai settori dell’edilizia o del movimento terra. Un contesto in cui il rischio di infiltrazioni di realtà criminali attente alle opportunità offerte dal ciclo dei rifiuti, impone la massima attenzione di tutti i soggetti pubblici. La commissione ha inoltre ascoltato con i poteri dell’autorità giudiziaria alcuni testimoni di fatti illeciti, relativi a sversamenti di rifiuti industriali nel sud del Lazio. “Con questa ampia relazione – ha commentato la presidente della Commissione Chiara Braga – intendiamo fornire al Parlamento un quadro obiettivo di una situazione complessa. L’attualità delle esigenze e dei rischi per la legalità e per l’ambiente impone ai soggetti pubblici una programmazione del ciclo dei rifiuti legittima, ambientalmente sostenibile e concretamente praticabile nell’immediato”.
Tra le righe si leggono i problemi che da più parti vengono da tempo denunciati: la situazione riguardante il ciclo dei rifiuti nella regione Lazio e a Roma si “associa a vicende politicoamministrative e giudiziarie che hanno portato alla luce criticità derivanti da scelte compiute –
o omesse – per diversi lustri”. Certamente, vanno riconosciuti alla Commissione Parlamentare dei meriti per il lavoro svolto, ma si
rimane non paghi di codesto lavoro, in quanto, rimangono zone d’ombra e responsabilità da chiarire, insomma, pesanti interrogativi sull’operato istituzionale del passato, che ci porta a porci una domanda: ma questa catastrofe era evitabile?, Quindi, vanno rivisitate e nuovamente analizzate, alla luce di quanto contenuto nella relazione della Commissione, a proposito della discarica di Borgo Montello, le dichiarazioni rese nel marzo del 1996 dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone nel comando Carabinieri di Latina riguardo le infiltrazioni e gli interessi economici della camorra Casalese nel Basso Lazio e nella zona di Latina. Schiavone parla di camorristi retribuiti
mensilmente dal clan tramite i capizona dell’area nord di Latina Salzillo Antonio nipote dei Bardellino e Gennaro De Angelis capozona dell’area sud del Basso Lazio “Formia, Gaeta Terracina” che, organici al gruppo criminale percepivano uno stipendio mensile di circa 3 milioni di lire. La somma totale mensile elargita dal clan dei Casalesi a questi due capizona ammontava all’incirca sui cento sessanta milioni per stipendiare i “soldati” del clan. Facendo una semplice divisione e cioè, 160 ml di lire diviso per 3 ml di lire (paga mensile di un soldato), vuol dire che nella provincia di latina operavano oltre una cinquantina di soggetti organici al clan dei Casalesi.
Domanda: chi erano questi soggetti? Sono stati mai identificati? Sono state fatte indagini in tal senso? Quali? Potrebbero essere ancora oggi operativi? – Sono risposte insieme a tutti i misteri dei traffici di rifiuti nocivi della discarica di Borgo Montello che andrebbero indagati. Come
andrebbero indagati tutti i camionisti proprietari dei camion indicati nella lunga lista fornita da Carmine Schiavone alla Commissione Parlamentare d’inchiesta dell’epoca e rimasti segretati incomprensibilmente per oltre un ventennio nelle scartoffie parlamentari. Camionisti, originari di ben sei Province: Roma, Latina, Frosinone, Caserta, Napoli, Foggia in quanto corresponsabili del
disastro ambientale e/o anche di concorso in strage e/o omicidio sia riferito agli scarichi effettuati nella discarica di Borgo Montello che in altre realtà della penisola e delle morti incolpevoli per le gravi malattie che questo immane disastro ambientale ha di conseguenza generato. Con le stesse ipotesi di reato devono essere sottoposti ed indagati quelle imprese criminali che consapevoli e complici dello scempio ambientale doloso che si andava profilando derivante dal loro insano e criminale comportamento, scaturito dal loro accordo con soggetti della criminalità organizzata o suoi adepti, al fine di trarne solo un vantaggio economico (sostanzioso risparmio economico sullo smaltimento controllato), affidavano consapevolmente a trasportatori senza scrupoli partecipi e/o
correi a questa Associazione a Delinquere, sostanze altamente tossiche di cui avevano per legge l’obbligo e la responsabilità di assicurarsi sul corretto smaltimento.
Per quanto di competenza, giova sottolineare che, a quel che risulta, i proprietari dei camion non sono mai stati chiamati a chiarire la loro posizione per accertare:
CHI, o tramite CHI, li ha arruolati; chi li retribuiva e se veniva rilasciata fattura;
se c’erano degli intermediari che operavano come collegamento;
dove essi caricavano il materiale;
se essi erano a conoscenza del tipo di materiale che trasportavano;
cosa trasportavano e dove scaricavano nei viaggi di andata al nord e per conto di quali aziende;
dove dovevano scaricare in base ai documenti di viaggio al ritorno e se, invece, essi deviavano dal percorso e quindi dalla destinazione prefissata.
Conclusioni
Si chiede alla Procura della Repubblica in indirizzo, per quanto di propria competenza, di avviare tutti gli accertamenti volti ad evidenziare eventuali responsabilità penalmente rilevanti riguardo:
a)ricercare la sussistenza, anche tramite l’affidamento di specifiche consulenze tecniche, della sussistenza del reato di cui articoli 422 c.p., 575 c.p.,439 c.p. come conseguente del reato di disastro ambientale, disastro, pagato amaramente dalla popolazione con la morte per patologie legate all’inquinamento ambientale portato all’estrema conseguenza da soggetti criminali votati alla
distruzione del territorio al solo fine del business ma con la complicità di politici, imprenditori e parte delle istituzioni che avrebbero dovuto controllare, monitorare, proteggere e garantire la salute pubblica;
1. b) ricercare eventuali responsabilità in merito a ritardi ingiustificati nelle bonifiche non fatte che hanno determinato anche l’aggravarsi di patologie tumorali che hanno determinato ulteriori lutti tra la popolazione
Il sottoscritto, Segretario e legale rappresentante dell’Associazione Elvio Di Cesare, chiede di essere informato n. q. ai sensi dell’art.408 comma 2 c.p.p. per il procedimento di cui in epigrafe, con richiesta di ricevere copia/e dei decreti di citazione in giudizio onde poter esercitare i diritti quale persona offesa dal reato per l’eventuale costituzione di parte civile nel dibattimento. Nomina a tale scopo e per ogni altra eventuale incombenza quale proprio legale l’Avv. Prof. Alfredo
Galasso presso il cui studio in Roma, Via Germanico 197 elegge domicilio
Il segretario Nazionale
Dott. Elvio Di Cesare
Si allegano articoli di stampa
C’era una volta al Comando dei Carabinieri di Latina…
scritto daredazioneil 05/10/2015 alle ore 14:05, inAprilia,Area Centro,Area Nord,Area Sud //
Isole,Cisterna di Latina,Cronaca,Fondi,Formia,Gaeta,H24
Report,Latina,Minturno,Sabaudia,Terracina
La caserma dei carabinieri a Latina
C’era una volta al Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina… Sembra lontano secoli
eppure quanto Carmine Schiavone raccontò il 13 marzo del 1996, quasi venti anni fa, resta
più che mai attuale. Se, infatti, gli uomini e i fatti descritti in quell’occasione, quando era già
riconosciuto collaboratore di giustizia, fossero stati valutati diversamente, probabilmente la
storia di questa provincia e delle sue infiltrazioni criminali sarebbe cambiata con un anticipo
fino a dieci anni delle indagini che poi, più volte, la hanno scossa nelle fondamenta.
Ma erano altri anni si dirà, “la camorra in provincia non c’è”, raccontavano i politici di
allora, spesso gli stessi di oggi, “solo un po’ di criminalità in più durante l’estate ma il tessuto
è sano”. E invece no, da quell’interrogatorio già noto ma che riproponiamo integralmente,
emerge che la criminalità, quella vera e in tutte le sue diramazioni, c’era e i suoi protagonisti
erano già ben noti a chi sin da allora li avrebbe potuti fermare e, invece, ha permesso si
affermassero. Non evidentemente i carabinieri che trascrissero quegli interrogatori ma chi
sopra di loro lesse i verbali e, per colpa o dolo, non li valutò con la giusta attenzione.
Schiavone è morto il 22 febbraio 2015 a Viterbo ma le sue dichiarazioni sono ancora lì con
tutto il loro carico di drammaticità.
A PAGINA 2 “E’ IL 13 MARZO 1996” E “L’ORGANIZZAZIONE DEL CLAN IN
PROVINCIA”
A PAGINA 3 “DOPO LA ROTTURA CON I BARDELLINO” E “IL CONTROLLO NEL
SUD DELLA PROVINCIA”
A PAGINA 4 “FORMIA E IL SEVEN UP” E “L’ATTENTATO (CHE NON CI FU) A
ERNESTO BARDELLINO”
A PAGINA 5 “L’OMICIDIO PICCOLO”
A PAGINA 6 “FONDI, I TRIPODO E LA ‘NDRANGHETA” E “IL TRAFFICO DI
STUPEFACENTI E I RAPPORTI TRA TRIPODO, LA TORRE E CASALESI”
A PAGINA 7 “UNA NAVE IN OLANDA” E “TERRACINA”
A PAGINA 8 “L’AVVOCATO CIPRIANO CHIANESE” E “LO SMALTIMENTO DEI
RIFIUTI IN PROVINCIA”
A PAGINA 9 “I MALVENTI”, “ANCORA TRIPODO… E I RAPPORTI CON GLI ABATE”
E “ALTRE RIVELAZIONI”
A PAGINA 10 “I BALDASCINI”, “I SORRENTINO DI MONDRAGONE”, “MOCCIA E
MAGLIULO” E “L’AZIENDA A BORGO MONTELLO”
A PAGINA 11 “ANCORA SULL’OMICIDIO PICCOLO E LA GUERRA CON I
BARDELLINO”
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L’ESPRESSO
ATTUALITÀ>
Le mani di Gomorra sulla discarica…
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ECOMAFIA
Le mani di Gomorra sulla discarica laziale di Borgo Montello
La relazione appena approvata dalla commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti descrive uno
scenario inquietante. Veleni industriali sversati con la complicità del clan dei casalesi, della politica
e delle aziende. Ognuno con un ruolo ben definito
DI GIOVANNI TIZIAN
20 dicembre 2017
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«Sulla discarica di Borgo Montelloaleggia da anni il sospetto di un utilizzo illecito per lo
sversamento di rifiuti industriali pericolosi, sotto forma di fusti o di fanghi». Basterebbe questo
passaggio per comprendere quanto questo luogo sia da sempre stato al centro di interessi
trasversali e milionari.
«Dalle indagini e acquisizioni della Commissione risulta che nell’area di Borgo Montello sono stati
stoccati – extra ordinem e, in alcuni casi, illegalmente – rifiuti speciali pericolosi, tra la fine degli
anni ’80 e i primi anni ’90».
Di questo grande immondezaio se ne è occupata la commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo
dei rifiuti. E nella relazione sul Lazio approvata il 20 dicembre 2017 dedica un’intero capitolo alla
questione, sviscerando storie e intrecci rimasti nell’ombra per decenni. Si parla di veleni, certo. Ma
anche di presunte complicità ad altissimi livelli tra inquinatori seriali dell’ambiente, spesso legati
alle cosche, e politici.
Un segreto ben custodito per almeno 20 anni. Che ora torna a galla e che con cui qualcuno dovrà
fare i conti. In realtà nella lunga vita della discarica di Borgo Montello, in provincia di Latina, molti
aspetti restano avvolti da una nebulosa narrazione ufficiale. Narrazione che contrasta, però, con le
nuove testimonianze raccolte dalla commissione e i riscontri effettuati dalla stessa. Il lavoro di
inchiesta dei parlamentari permette di aggiungere un pezzo di verità in più alla misteriosa vicenda
della discarica del basso Lazio. Inanzitutto è utile ricordare l’architettura societaria su cui si fonda la
gestione dell’invaso.
VEDI ANCHE:
Chi lucra sulla monnezza di Roma
La commissione sul ciclo dei rifiuti svela nella sua relazione tutti problemi del Lazio e della
Capitale. Caos e disfunzioni che portano all’emergenza perenne e a una situazione che favorisce
illegalità e monopolisti
È considerata la quarta in Italia per estensione e per volume di rifiuti abbancati. Incamera rifiuti
solidi urbani dal 1971 e si estenda su un’area di circa 50 ettari. Divisi tra due società, la Ind.Eco
S.r.l., riconducibile al gruppo Green Holding di Milano e la Ecoambiente S.r.l., con quote divise tra
Latina Ambiente (gestore del servizio di raccolta del comune di Latina, partecipata al 51 per cento
dall’ente locale e al 49 per cento da società riconducibile alla famiglia Colucci) e società della
holding Cerroni.
Nella relazione si legge: «Oggi la discarica è ferma per l’esaurimento delle volumetrie (fino ad
oggi sono stati sversati negli anni più di 6 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, secondo
stime conservative). In un caso, l’area gestita dalla Ind.Eco, il sito è stato sottoposto a sequestro
preventivo da parte dell’autorità giudiziaria; l’altro gestore, Ecoambiente, ha operato e opera su
terreni confiscati dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma, nell’ambito di un
procedimento penale nei confronti dell’imprenditore De Pierro, accusato di riciclaggio. Una
situazione complessa, che si è sviluppata su un’area compromessa dal punto di vista ambientale,
come documentato dagli studi ARPA e ISPRA».
Terreni dei clan
Il primo dato inquietante è la proprietà di alcuni terreni poi diventati discarica. Appartenevano
a Michele Coppola, parente di Carmine Schiavone, il padrino perntito di Gomorra. Lo stesso che
dirà ai magistrati molte cose sulla discarica del basso Lazio e sul business della monezza. Terreni
acquistati da una delle società per l’ampliamento del sito di smaltimento rifiuti.
«Per quanto riguarda la presenza criminale nell’area, di particolare rilievo è la figura di Michele
Coppola, soggetto già indicato nel 1996 dal collaboratore di giustizia del clan dei casalesi Carmine
Schiavone come contiguo al gruppo criminale di Casal di Principe. Coppola fin dal 1988-1989 ha
vissuto a ridosso della discarica di Borgo Montello. Parte delle proprietà a lui affidate dal clan –
secondo quanto ricostruito dallo Schiavone – sono poi state vendute ad uno dei gestori della
discarica, la società Indeco. Coppola poteva disporre di diverse armi, come verificato dalla
Commissione. Nel dicembre del 1995 venne arrestato nell’ambito del procedimento penale contro il
clan Schiavone (processo “Spartacus”); sentenze successive, relative ad altri procedimenti, passate
in giudicato, hanno dimostrato la sua appartenenza al clan», si legge nella relazione, che prosegue:
«Nel corso dell’inchiesta condotta da questa Commissione sul sito di Borgo Montello sono emersi
dettagli significativi rispetto ai contatti stretti tra Coppola e lavoratori della discarica (uno dei
testimoni ha raccontato di essere andato a Casal di Principe, dove avrebbe incontrato anche
Carmine Schiavone, prima dell’inizio della sua collaborazione, quando, dunque, era pienamente
operativo all’interno del clan, in posizione apicale), alcune testimonianze de relato hanno poi
indicato punti di contatto tra Coppola ed esponenti politici e delle forze di polizia locali, che
destano preoccupazione».
Per scavare ulteriormente sulle origini di questi terreni, la Commissione ha convocato i responsabili
dell’azienda: il 9 giugno 2016 sono stati auditi Luca Giudetti, avvocato difensore di Ind.Eco S.r.l.,
l’avvocato Salvatore Pino, difensore della Green Holding S.p.A., e Paolo Titta, responsabile
dell’area legale di Green Holding. Il legale di Green Holding – gruppo che controlla oggi Ind.eco.
Srl – ha dichiarato: «Credo si tratti semplicemente di una circostanza (l’acquisto dei terreni della
famiglia Schiavone per l’ampliamento della discarica, ndr) che era già oggettivamente esistente. Se
c’è una questione da indagare, è quella di verificare come mai i terreni limitrofi alla zona destinata a
discarica fossero già di proprietà degli Schiavone, credo del cugino dello Schiavone. La società si è
limitata a dover prendere atto di questa circostanza, che se anche suona sinistra, non può certo
suonare sinistra per la società: può suonare sinistra per il momento in cui questi terreni sono stati
acquistati da questi signori, ma non per il momento in cui la società li va ad acquistare. Si tratta dei
terreni limitrofi, quindi gli unici che potessero consentire un ampliamento dell’area, o comunque un
ampliamento della zona di lavorazione».
Più che sinistri, gli eventi sembrano legati da una catena di intrecci criminali. Con sullo sfondo la
presenza di uomini dello Stato al soldo del clan di Gomorra.
Veleni e omissioni
«Questa Squadra Mobile ha avviato specifiche attività info-investigative da cui è scaturito che in
una specifica porzione dell’area- ove insiste la discarica di Borgo Montello, che questo ufficio è in
grado di raggiungere seguendo indicazioni precise, gestita attualmente dalle società Ecoambiente
srl, per quanto attiene agli invasi denominati S0, S1,S2 e S3, ed Indeco srl, per l’area contrassegnata
dalle sigle S4, S5, S6 e B2- sono stati interrati, tra il 1987 ed il 1990, rifiuti altamente pericolosi,
tali da inquinare le falde acquifere».
I detective della Mobile, dunque, sono certi della presenza di materiale altalemente inquinante e
pericoloso. E individuano anche uno dei presunti responsabili, mai indagato. «L’interramento dei
fusti contenti rifiuti pericolosi sarebbe avvenuto utilizzando la ditta di […], specializzata nel
movimento terra. Il […] sarebbe stato ingaggiato, ricevendo per la sua opera ed il suo “silenzio” una
cifra oscillante tra 60 ed 80 milioni del vecchio conio, da tale Proietto Andrea».
La Commissione sul punto precisa: «Va aggiunto che i nomi citati non risultano iscritti nel registro
degli indagati nell’ambito del procedimento e che – a conclusione delle indagini – il giudice per le
indagini preliminari ha disposto l’archiviazione, accogliendo al richiesta della procura della
Repubblica di Latina».
Secondo la commissione «il risultato dello sforzo investigativo della squadra mobile di Latina ha
portato alla individuazione puntuale di almeno due invasi dove sono stati sversati rifiuti pericolosi. I
due punti individuati corrispondono con l’invaso denominato “B2”, inserito nella parte della
discarica attualmente gestito dalla società Indeco srl, e la zona compresa tra i siti S3 e S1, oggi
gestita dalla società Ecoambiente srl. Nel primo caso (B2) vi è una certezza per tabulas rispetto allo
sversamento di rifiuti speciali pericolosi, comprovata nel corso di un processo penale (il giudicato
sulla declaratoria di prescrizione conferma l’accertamento che aveva portato alla condanna in primo
grado dell’unico imputato); nel secondo caso (S1-S3) vi sono almeno due testimonianze dirette
concordanti e una testimonianza de relato particolarmente attendibile. Dai documenti allegati
all’informativa citata è possibile ricostruire la storia del sito denominato “B2” – gestito dalla società
Ecotecna – e della serie di autorizzazioni, concesse tra il 1990 e il 1991, in regime di emergenza
(attraverso ordinanze del presidentedella Giunta regionale), che hanno consentito lo smaltimento in
discarica di rifiuti speciali, anche pericolosi».
Monnezza e potere
Ma chi è l’Andrea Proietto che per gli investigatori avrebbe guadagnato sugli sversamenti? È stato
uno dei due soci della società Pro.Chi., azienda responsabile della gestione della discarica di Borgo
Montello dall’inizio degli anni ’80 fino al 1989.
C’è una seconda informativa della polizia di Latina che spiegherebbe i contatti di Proietto. Si parla
di appoggi istituzionali di un certo peso. I legami di tali rapporti con il potere politico vengono
rintracciati nei collaboratori di un ex senatore, Maurizio Calvi, socialista e in passato vice
presidente della commissione antimafia.
Calvi in un’intervista del 2014 descriveva Proietto con queste parole: «Lo conosco bene perché
erano profughi della Tunisia, e quindi come socialista ho sempre guardato con attenzione ai
profughi tunisini che sono entrati nel nostro terriotorio a piedi scalzi e poi sono diventati grossi
imprenditori. E poi, i tunisini erano grandi amcici del partito socialista di Craxi. Dal punto di vista
politico sono stato sempre attento al rapporto con questa comunità che ha fatto crescere l’economia
locale».
La squadra mobile nei suoi atti investigativi descrive così la vicinanza tra Proietto e Calvi: «Da
quanto descritto sono emersi univoci elementi informativi circa contiguità, non meglio specificate,
se non per ciò che riguarda rapporti di lavoro di collaboratori del senatore Calvi (Giorgi e Fraulin)
con società riconducibili alla famiglia Proietto. E’ plausibile ritenere che i predetti collaboratori
fossero remunerati dalle società riconducibili ai Proietto. Altro particolare che rileva è il fatto che i
Proietto nel periodo in cui hanno gestito la discarica avessero chiesto, ed ottenuto un ampliamento
della stessa, da 5 a 42 ettari, da parte del presidente della regione Lazio. Il Presidente pro tempore è
stato identificato in Santarelli Giulio, anch’egli esponente del partito socialista come il senatore
Calvi».
A conferma di questa contiguità tra Proietto e i collaboratori di Calvi, la squadra mobile riporta
alcuni fatti: l’utilizzo da parte del segretario dell’ex senatore di una utenza telefonica intestata a
un’azienda di Proietto; l’indirizzo usato come segreteria politica acquistato dal figlio di Proietto;
l’automobile su cui per un periodo ha viaggiato Calvi era intestata a un’azienda sempre di Proietto.
Alle osservazioni dei detective seguno quelle della Commissione, che specifica: «Il citato Giulio
Santarelli aveva preceduto nella guida della regione Lazio Bruno Landi, politico dello stesso partito.
Fu lo stesso Landi ad autorizzare l’utilizzo dell’invaso ex 2B di Borgo Montello per accogliere i
rifiuti pericolosi; durante il suo mandato la Pro.Chi. della famiglia Proietto ha poi visto ampliare il
volume d’affari, fino alla cessione delle quote alla famiglia Maruca(sponsorizzata invece dall
Democrazia Cristiana andreottiana). Bruno Landi alla fine degli anni ’90 entrerà nel management
del gruppo Cerroni, fino ad arrivare alla nomina di amministratore delegato della Ecoambiente
S.r.l., uno dei due attuali gestori».
I testimoni segreti della commissione
Tra i primi a raccontare di sversamenti criminali all’interno della discarica c’è il collaboratore di
giustizia Carmine Schiavone: ha parlato di collegamenti tra il clan dei Casalesi e la discarica di
Latina, indicando – nel 1996 interrogato dai pm e poi, poco prima della sua morte, in interviste a
diverse testate giornalistiche – nomi e circostanze riconducibili a gravi illeciti nell’area della
discarica.
L’indagine della Commissione, però, non si è limitata a raccogliere vecchie voci di anziani padrini
scomparsi. È andata avanti, scoprendo dettagli destinati a pesare sulle scelte future che la politica
dovrà compiere sul quel sito. Nel 2008 gli investimenti della famiglia Schiavone nell’area di Borgo
Montello vengono dismessi. E l’area di diciassette ettari nella via adiacente la discarica viene ceduta
a favore della società Indeco. Tuttavia i misteri non svaniscono da quell’area.
Agli atti della commissione, infatti, ci sono quattro nuove testimonianze. Addetti ai lavori che in
alcuni casi sono stati spettatori degli sversamenti. Per proteggere la loro identità la commissione li
ha soprannominati A, B, C e D.
Il primo dei testi auditi ha spiegato che «i fusti indicati nella zona compresa tra gli invasi S1 e S3, in
realtà, erano stati sversati negli anni ’90 da autocarri di cui lui (il testimone B ndr) vedeva e firmava
le bolle di ingresso nella discarica e mi riferiva che in realtà erano contenitori di plastica di forma
cubica». Inoltre, A ha riferito che B «faceva dei viaggi fino a Treviso dove cambiavano le bolle e
tornavano con lo stesso materiale per poi sversarlo a Borgo Montello o in altri posti». Ma l’ignoto A
riferirà anche dei rapporti di B con il clan dei casalesi.
E il testimone B che cosa ha detto? Ha confermato o negato? Ha ammesso di aver conosciuto
l’uomo del clan di Gomorra, mentre sull’interramento dei fusti ha risposto che non gli risulta. Ma ciò
che ha colpito di più i commissari è che B «si è rifiutato di firmare il verbale di sommarie
informazioni, mostrando alla fine dell’interrogatorio un evidente stato di agitazione e paura».
A seguire la commissione ha convocato l’ignoto C, che ha chiesto di restare anonimo per paura di
perdere il posto di lavoro. Ecco quel che ha rivelato: «In quel periodo tutti quello che abitavano o
lavoravano in zona sapevano che i mezzi entravano in discarica e scaricavano dei fusti (bidoni da
200 litri in lamiera e altri fusti in plastica) in mezzo ai rifiuti e che questi fusti venivano mescolati e
interrati con i mezzi della discarica. Questa operazione all’interno della discarica la faceva
soprattutto in quanto aveva accesso alle ruspe e faceva lavori di spargimento di rifiuti per riempire
gli invasi S3 e S1. In pratica i fusti venivano buttati in mezzo ai rifiuti normali e con le ruspe
venivano compattati in mezzo agli altri rifiuti. Le voci dell’epoca dicevano che venivano dal nord
Italia, Grosseto, Perugia, Rieti ed erano fusti normalmente utilizzati per raccogliere rifiuti industriali
e non di certo rifiuti domestici».
L’Ignoto C ha specificato di occuparsi ancora oggi di raccolta rifiuti e di avere il patentino per rifiuti
speciali e «di essere quindi in grado di “capire la differenza tra tipi di rifiuti… Ha specificato, inoltre
che fino a quando la discarica è stata gestita da Andrea Proietto [il 1989] il flusso di rifiuti
industriali gettati negli invasi raggiungeva la quantità di 300-400 fusti al mese».
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In evidenza / Inchieste
Ecco come la camorra avvelena l’acqua e
la terra di Latina e del sudpontino
Autore Adriano Pagano · 31/12/2017 14:01
Traffici internazionali di rifiuti dal porto di Gaeta, le morti sospette di Ilaria Alpi e
don Cesare Moschin, l’interramento di rifiuti speciali pericolosi a Borgo Montello,
l’avvelenamento delle falde acquifere e del fiume Astura a Latina, gli affari d’oro
nel business della monnezza del clan dei Casalesi tra Formia, Terracina e Latina
prima coi Bardellino e poi con gli Schiavone, la politica corrotta e le istituzioni
compiacenti. La gestione dei rifiuti nel Lazio e in particolare nella Provincia di
Latina è una bomba che rischia di esplodere a causa di un passato criminale,
inquietante, ancora oscuro, dove non sono mancate – e non mancano – le
responsabilità e le coperture politiche e addirittura la collusione tra la criminalità e
le forze dell’ordine. A disegnare questo incredibile scenario è la relazione
pubblicata il 20 dicembre scorso dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulle
“attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ed esse correlati”.
In particolare nelle quasi 500 pagine della Relazione sul ciclo dei rifiuti di Roma
Capitale e fenomeni illeciti nel territorio del Lazio, ci soffermiamo sulle circa 50 che
riguardano una lunga storia criminale che riguarda la Provincia di Latina e il basso
Lazio, che raccontanto di un territorio avvelenato nel silenzio, nella minaccia e nel
favore politico e istituzionale all’espansione dei Casalesi.
A PAGINA 2 “LE MANI DELLA CAMORRA SU BORGO MONTELLO”
A PAGINA 3 “DALLA VIGNA AI RIFIUTI, DAI BARDELLINO AGLI
SCHIAVONE”
A PAGINA 4 “LA GUERRA TRA BARDELLINO E SCHIAVONE, GOMORRA
SI SPACCA A TERRACINA”
A PAGINA 5 “DAI RIFIUTI DI PENITRO AI TRAFFICI DEL GOLFO DI
GAETA: PERCHE’ FU UCCISA ILARIA ALPI?”
A PAGINA 6 “L’AVVELENAMENTO DELLE ACQUE DI FALDA DI BORGO
MONTELLO”
A PAGINA 7 “I FUSTI ‘INVISIBILI’”
A PAGINA 8 “POLITICA, FORZE DELL’ORDINE, ORGANISMI SANITARI:
CITTADINI AVVELENATI DA INQUIETANTI COLLUSIONI E GRAVI
NEGLIGENZE”
A PAGINA 9 “L’OMICIDIO DI DON CESARE BOSCHIN”
A PAGINA 10 “ORGANIZZAZIONI CRIMINALI, POLITICI CORROTTI E LA
BOMBA RIFIUTI PRONTA AD ESPLODERE. IL PRESENTE E’ PURE
PEGGIO”